L’assenza, a Catania, di un nuovo Piano Regolatore Generale ha determinato in tutte le zone della Città interventi disorganici, frutto di varianti e/o dell’utilizzo di finanziamenti esterni. Da troppi anni a fronte di un dibattito che, come nel gioco dell’oca, è più volte iniziato per ritornare sempre al punto di partenza (ricordiamo che è stato affrontato da due Giunte comunali guidate da Bianco, due guidate da Scapagnini e, oggi, dalla Giunta Stancanelli), i poteri forti, privati e pubblici, sono quasi sempre riusciti ad imporre i loro progetti, o, come credono molti, le loro esigenze speculative.
In pochi casi gruppi di cittadini organizzati hanno cercato di evidenziare esigenze e necessità proprie dei loro quartieri. Così è avvenuto nell’Antico Corso, grazie all’ononimo Comitato Popolare e al Centro popolare occupato Experia. Sì, quello recentemente sottoposto, su istanza del Sovrintendente ai beni culturali di Catania G. Campo, ad un violento sgombero, ma che continua a proporre iniziative all’interno del quartiere e del quale gli abitanti chiedono l’immediata riapertura.
In questo caso, inoltre, i protagonisti non si sono limitati a dire dei no ma, anche attraverso contatti con le Amministrazioni locali (molto complicati vista la scarsa disponibilità degli interlocutori), si sono fatti carico di individuare proposte e programmi concreti.
Senza andare eccessivamente indietro nel tempo, gli interventi sviluppatisi dagli anni cinquanta agli anni settanta hanno determinato una continua espulsione di famiglie di residenti storici dall’Antico Corso. Quando iniziò un intervento organico dell’Università (sono presenti, ricordiamo, il polo dei ‘benedettini’ e Giurisprudenza) nel quartiere si pensò, positivamente, che questa potesse essere l’occasione per il recupero del patrimonio monumentale presente e, più in generale, del complessivo tessuto abitativo. In sostanza, si diffuse la concreta speranza di un generale miglioramento della qualità della vita.
“Il fatto sconcertante – sostiene il Comitato Antico Corso – è che l’Università ha iniziato a demolire questo patrimonio della Città, costituito da importanti resti di edifici settecenteschi, da antichi muri di fortificazione spagnola, che servivano da collegamento tra i Bastioni degli infetti e la porta del Re ( non più esistente), stravolgendo l’equilibrio morfologico di quello che restava della collina di Montevergine, sede della antica Acropoli catanese. Tutto questo scempio, per realizzare altre aule universitarie, penalizzando ancora di più il quartiere che rischia, il definitivo collasso urbano per sopportare quest’altro carico di strutture” . Università ancora protagonista, sempre ‘in negativo’, anche nella gestione dei fondi relativi al progetto Urban, fondi che sarebbero dovuti essere utilizzati per migliorare la qualità della vita, sia dal punto di vista urbanistico che sociale, nei quartieri “disagiati”. In quest’ultimo caso tutto ciò si è tradotto in una espropriazione indebita dell’Ateneo a discapito dello spazio unitario del Reclusorio della Purità.
Altrettanto grave e discutibile il ruolo della Sovrintendenza che non è intervenuta e non interviene a tutela dei beni architettonici e archeologici presenti (ricordiamo la Torre del Vescovo, la Torre Aragonese, le Mura Normanne, il Bastione degli Infetti, il Reclusorio della Purità, il Reclusorio del S. Bambino).
Completa il quadro, infine, la “disattenzione” dell’Amministrazione Comunale che non garantisce neanche un efficiente servizio di pulizia delle strade, né disinfestazioni periodiche per ridimensionare la presenza dei ratti.
La significativa presenza di strutture pubbliche (oltre quelle universitarie, Ospedali, Scuole Superiori, Uffici, AMT) rischia di trasformare l’intera area, anche a causa delle carenze del trasporto pubblico, in un mega parcheggio privato. Come scrivono i componenti del Comitato: “Un quartiere dove migliaia di cittadini passano veloci durante il giorno, interessati a scaricare persone e a cercare un marciapiede per posteggiare la loro automobile insomma, un quartiere abbandonato ad un destino ormai senza ritorno”. In questo quadro, le speculazioni aumentano, le attività commerciali, a partire dagli affitti, si indirizzano sempre più verso la soddisfazione di “bisogni scolastico-universitari”, accentuando l’esodo dall’Antico Corso dei residenti storici.
Che fare? Secondo i membri del Comitato occorre innanzitutto istituire un “tavolo programmatico” tra Residenti e Istituzioni per individuare obiettivi e percorsi condivisi, evitando che i primi, gli abitanti, continuino a subire passivamente scelte altrui. Queste le priorità indicate:
a) Ridefinizione del progetto della Purità;
b) Impegno dell’Università per una politica di investimenti indirizzata a risolvere il problema abitativo degli studenti, ad esempio, utilizzando, in accordo con gli altri Enti, contenitori come il Santa Marta e contribuendo, così, a bloccare gli attuali processi di speculazione rispetto agli affitti;
c) Definizione di un percorso storico-archeologico e dei relativi spazi a verde attrezzato;
d) Riqualificazione del Reclusorio del S. Bambino, per trasformarlo in un Centro Polivalente in grado di ospitare un asilo nido, un consultorio familiare, un centro di assistenza per i giovani del quartiere;
e) Recupero delle aree attualmente utilizzate come autorimesse pubbliche dell’AMT e della Provincia, trasformandole da problema (inquinamento) a risorsa per il quartiere;
f) Elaborazione di un piano di recupero per l’edilizia residenziale, che tenga conto del tessuto abitativo tradizionale e individui la localizzazione di servizi e strutture (parcheggi, aree a verde, isole pedonali) capaci di migliorare la qualità della vita.
Per iniziare a discutere ‘fattivamente’, ci sembra che ci sia materiale decisamente più che sufficiente.
Tratto da: “Voi politici dormite, noi cittadini progettiamo”, a cura del Comitato popolare “Antico Corso”, in Ucuntu, n. 61.
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