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Agrigento, dove il passato e il presente si fronteggiano

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valle dei templi, tempio di Giunone in notturna

L’archeologa e saggista Francesca Valbruzzi ci propone oggi un diaologo con le autrici di un libro, “La Valle dei templi” (Carocci, 2022), che nasce dalla decennale esperienza di lavoro nel Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi.

Valentina Cammineci, Maria Concetta Parello, Maria Serena Rizzo, archeologhe nei ruoli della regione Siciliana, firmano le parti del libro che corrispondono alla propria specializzazione, al lavoro di indagine svolto sul campo e alle attività realizzate insieme alla comunità locale.

Ne viene fuori un’opera polifonica che supera i confini della semplice guida al sito archeologico e riesce a comporre un avvincente romanzo investigativo sul come e perché nasce, si sviluppa e decade una città antica che rimane mirabile nei millenni.

Il volume rientra nella collana I luoghi dell’archeologia, diretta da Andrea Augenti, Daniele Manacorda e Giuliano Volpe, che si rivolge ad un pubblico ampio, non solo accademico, per ridare senso e valore ai luoghi archeologici nel mondo contemporaneo.

Francesca Valbruzzi

Cito da una delle parti del libro a firma di Maria Concetta Parello che ci restituisce l’emozione del lavoro dell’archeologo nel ritrovare e interpretare i segni del passato:

“Quando i Cartaginesi entrano in città (406 a. C.) per saccheggiare case e templi, trovano nelle abitazioni vuote tutto ciò che gli Akragantini non poterono portare via con loro, lasciando a noi la grande opportunità di poter raccontare piccole storie di vita quotidiana di una città che nel momento della sua distruzione si trovava all’apice della grandezza.”

Come si dipana il filo della memoria di una città “capitale” della grecità occidentale intrecciando i testi con i contesti antichi?

Maria Concetta Parello


Akragas fu certamente una città “capitale” della grecità occidentale se fu scelta come “città martire” dai Cartaginesi nella loro guerra di riscossa della fine del V sec. a. C. Come ci dicono le fonti, i Greci della Sikelìa furono presi veramente dal terrore alla notizia della presa di Akragas, considerata un punto di riferimento per l’intera comunità siceliota.

Lo scavo nell’area residenziale a Nord della cosiddetta Via Sacra, davvero fortunato direi, ci ha restituito le immagini vivide di un racconto storiografico che, al netto dei topoi di una fonte lontana dal tempo degli eventi, è risultato molto aderente al dato archeologico.

Nella casa VII B abbiamo trovato un magazzino, pieno zeppo di oggetti di ogni tipo che la famiglia aveva stipato lì nella speranza di sottrarli al nemico, dato alle fiamme, direi quasi in maniera simbolica. Come se il nemico, entrato in un città già abbandonata dai suoi abitati, in fuga verso luoghi più sicuri, avesse saccheggiato e incendiato non tutto quello che via via incontrava, ma alcuni luoghi che dovevano risultare funzionali a precise scelte strategiche.

Testi e contesti dunque si intrecciano nel passato ma ci riportano ad immagini di assoluta attualità. La casa data alle fiamme dopo l’abbandono e la fuga dei suoi abitanti non può non riportare alle immagini dei gazawi in fuga dalle loro case e all’amara considerazione che raramente la storia è maestra di vita.

Francesca Valbruzzi

Valentina Caminneci nell’incipit del libro affronta il tema complesso dell’eternità di Akragas che “si fonda nei secoli essenzialmente sui resti imponenti della Valle dei Templi, assunta a paradigma del passato, testimone di una grandezza che ancora stupisce e incanta, seppure con una percezione parziale e, per certi versi, un po’ stereotipata della città antica.”

Agrigento costituisce senza dubbio un caso esemplare del rapporto tra antico e moderno in termini di “valorizzazione” del patrimonio archeologico. Come si restituisce “valore storico” al mito di questa città eterna perché venga attualizzato e fatto proprio dalla contemporaneità?

Valentina Cammineci

In una città come Agrigento passato e presente si fronteggiano, non solo topograficamente, in un confronto spesso stridente. Costruire valori intorno al patrimonio è il fecondo investimento a lungo termine, che stringe in un vincolo strettissimo l’antico e la contemporaneità, gettando solide fondamenta per il futuro.

Stabilire una relazione diretta tra la comunità e il patrimonio archeologico, incoraggiando i processi partecipativi attraverso efficaci interventi formativi e un’offerta culturale di livello, assicura la circolarità virtuosa della conoscenza e ne garantisce il radicamento nella società. Educare al patrimonio significa trasferire i saperi della storia, favorendo la crescita della sfera emotiva della personalità e la formazione di cittadini attivi, consapevoli delle proprie radici identitarie e corresponsabili nelle scelte di salvaguardia della memoria.

Solo così il mito può tornare a incarnarsi nella storia: il passato è il nostro presente, lavoriamo perché diventi il nostro futuro.

Francesca Valbruzzi

“A guardarla con gli occhi di oggi, la vicenda della Valle dei Templi e della battaglia per la sua tutela appare come la storia di un successo dello Stato e delle sue Istituzioni nella difesa della legalità”: così chiude il libro Maria Serena Rizzo.

Questa ultima vittoria compiuta in terra akragantina sui novelli “Barbari”, il movimento, a tratti violento, degli abusivi sostenuto da una parte dei politici locali, è costata grandi fatiche istituzionali e rischi personali ai leali funzionari e Soprintendenti di Agrigento.

Come si protegge oggi il mirabile patrimonio culturale dell’Umanità nella Valle ad opera del Parco paesaggistico ed archeologico?

Maria Serena Rizzo


Un aiuto importante in questo senso viene dalla possibilità, che il Parco ha, grazie alla Legge Regionale 20/2000 che lo ha istituito, di gestire in modo autonomo i proventi derivanti dalla vendita dei biglietti e dalle concessioni, grazie ai quali ha potuto disporre di somme significative da investire per adempiere ai suoi compiti istituzionali, elencati all’articolo 1 della legge: “l’identificazione, la conservazione, gli studi e la ricerca, nonché la valorizzazione dei beni archeologici a fini scientifici e culturali; la tutela e la salvaguardia degli interessi storico-archeologici e paesaggistico-ambientali; la valorizzazione dei beni archeologici, ambientali e paesaggistici a fini didattico-ricreativi; la promozione di politiche d’informazione e sensibilizzazione al fine di suscitare ed accrescere, fin dall’età scolastica, la sensibilità del pubblico alla tutela del patrimonio e dell’ambiente; la promozione di tutte le iniziative e gli interventi adeguati allo sviluppo delle risorse del territorio a fini turistici e più in generale per assicurarne la fruizione ed il godimento sociale”.

Ciò ha permesso di destinare risorse anche a quelle che ritengo siano state le azioni con più ricadute positive sulla protezione dei beni archeologici e paesaggistici del Parco: la comunicazione, la divulgazione, la didattica del patrimonio, tutte quelle attività che, negli ultimi anni, hanno favorito la consapevolezza, da parte della comunità, di essere gli eredi privilegiati di un patrimonio straordinario che ciascuno è chiamato a tutelare e tramandare.

Questo è forse il risultato che, in una città che considerava i templi un ostacolo allo sviluppo e aveva nella richiesta di una riduzione dei vincoli uno dei temi tradizionali della politica locale, possiamo rivendicare con più orgoglio e che consente di guardare al futuro con un po’ di ottimismo.

a proposito di ‘Incontri con gli autori’, leggi anche Salvatore Settis, guardare al passato per progettare il futuro

dialogo con Carlo Pavolini, Beni culturali, tra sfruttamento ‘mercantile’ e necessità di un nuovo approccio

dialogo con Margherita Corrado, Interrogare la sfinge, il silenzio del Ministro sulla mancata tutela dei Beni culturali

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