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Inceneritori, non mandiamo in cenere il nostro futuro

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locandina della camoagna Futuro in cenere

Vi è capitato di incontrare qualcuno che, davanti ai mucchi di spazzatura ancora abbondantemente presenti nelle nostre strade, invoca gli inceneritori o si ‘rassegna’ alla loro necessità purchè la città venga liberata da questo scempio? A noi è capitato ed è stata la conferma di quanto le fake news siano un mezzo potente per plasmare l’opinione pubblica, generare convinzioni errate e coltivare speranze illusorie, nascondendo interessi economici e complicità politiche.

Un inceneritore, anche collocato a poca distanza, non cambia il sistema di raccolta, la sua organizzazione, il personale impiegato, il costo dello smaltimento dei rifiuti. Il fatto che, dopo la raccolta, la spazzatura venga bruciata o portata in discarica non elimina la presenza dei rifiuti sulle strade, fino a quando la raccolta non sarà adeguatamente organizzata e noi non avremo imparato a differenziare, conferire correttamente i rifiuti e soprattutto a ridurli.

Avere un inceneritore alla fine del percorso, farà solo crescere i costi dello smaltimento e l’inquinamento. L’incenerimento non è la soluzione semplice e magica del problema dei rifiuti. L’immondizia andrà comunque raccolta e trasportata fino alla struttura, con costi ed inquinamento generato dal trasporto, non dissimili da quelli del trasporto in discarica. E poi l’impianto di incenerimento per bruciare la spazzatura, satura d’acqua, ha bisogno di molto olio combustibile che deve essere prodotto e a sua volta trasportato, generando nuovo inquinamento e nuove spese.

E non stiamo ancora toccando il tasto dalle emissioni della combustione di cui parleremo. Grandi quantità di gas serra come la CO2 immesse nell’atmosfera in tempi di riscaldamento climatico e sostanze dannose per la nostra salute, che la tecnologia può ridurre ma non eliminare. Perchè è certo che gli inceneritori green non esistono, sono un’altra fake news.

Per fare informazione corretta, scientifica, e contrastare il progetto dei due inceneritori previsti nel nuovo Piano rifiuti della Regione Siciliana, a Catania e a Palermo, è nata la campagna ‘Futuro in cenere’ organizzata da Rifiuti Zero Sicilia con il supporto di Zero Waste Italy che ha già coinvolto e intende ancora coinvolgere in modo attivo le associazioni sensibili alla questione ambientale e consapevoli dei danni economici, sanitari, ambientali che questa scelta comporta.

Inaugurata all’Ostello degli Elefanti in occasione della giornata mondiale contro l’incenerimento, che cade il 14 ottobre, la campagna prevede altri appuntamenti, già per l’undici novembre a Giarre e per il 23 novembre a Palermo.

Che quella a favore degli inceneritori sia una battaglia di retroguardia, ormai superata a livello europeo, lo dimostra il fatto che l’Europa non finanzia più queste strutture, per le quali non è stato previsto neanche un euro nella valanga di soldi arrivata con il PNRR. E lo dimostra la retromarcia della Danimarca che sull’incenerimento aveva scommesso.

Il famoso impianto con pista da sci di Copenaghen, moderno e dotato di tecnologie all’avanguardia, ha stoppato l’importazione di rifiuti a cui era stato costretto per ‘alimentarsi’ e sta riducendo la propria capacità di incenerimento, mentre nella piccola isola di Bornholm, e in altre aree del paese, impianti che dovevano essere rimodernati vengono dismessi.

E’ entrato in crisi un sistema con elevati investimenti iniziali e costi di gestione molto sostenuti che costringono a produrre più rifiuti o ad importarne per alimentare l’impianto ed evitare il fallimento. L’Europa ha, inoltre, inserito gli inceneritori tra gli impianti le cui emissioni climalteranti entreranno nel mercato dei gas serra creato per rispettare i vincoli ambientali del protocollo di Kyoto e saranno presto soggetti a tassazione ETS (Emissions Trading System), un ulteriore costo di questo sistema che verrebbe a gravare su noi contribuenti.

L’idea di trarre profitto immediato dalla gestione di questi impianti sopravvive, tuttavia, in aziende locali che, sin dai tempi di Cuffaro, fanno pressione sulla Regione perché scelga l’incenerimento e avvii questo percorso. Il governo Schifani ha deciso di assecondare questi interessi privati, ragion per cui, come ha affermato da Manuela Leone, referente per la Sicilia di Zero Waste Italy e animatrice di ‘Futuro in cenere’, “Se oggi l’affare rifiuti è nelle mani dei ‘re delle discariche’, si stanno creando le condizioni perché passi nelle mani degli ‘imperatori dell’incenerimento’.”

Puntare sull’incenerimento significa invertire la gerarchia che le diretttive europee hanno disegnato per la gestione di rifiuti: al primo posto la riduzione, al secondo il riutilizzo e solo dopo il riciclo, con lo smaltimento all’ultimo posto nella piramide.

La riduzione dei rifiuti presuppone anche un cambiamento a monte, a livello di progettazione e produzione degli oggetti, che vanno pensati e realizzati in modo da renderli sempre più riciclabili e compostabili. E’ una consapevolezza che va crescendo, insieme a quella che privilegia il riuso rispetto al riciclo che – come spesso dimentichiamo – richiede energia, con costi economici e ambientali. Che senso ha, spiega Danilo Pulvirenti, chimico e già presidente di Rifiuti Zero Sicilia, realizzare una bottiglia da un’altra bottiglia, sapendo che dobbiamo consumare energia per questa operazione? Basterebbe riutilizzare la stessa bottiglia, come ormai ci si orienta a fare in Europa con il vuoto a rendere e il deposito cauzionale per gli imballaggi.

Per produrre meno rifiuti e avere in giro meno spazzatura serve innanzi tutto un cambiamento del modo di pensare, una rivoluzione culturale. Un cambiamento che richiede tempo ma per il quale bisogna lavorare, mettendo in discussione il sistema economico in cui siamo inseriti, come ha sottolineato Stephanie Brancaforte, presidente nazionale di Rinascimento Green.

E’ esattamente l’inverso del modo di pensare che ruota attorno all’incenerimento, per il quale non serve ridurre i rifiuti, perché l’impianto una volta entrato in esercizio, deve essere alimentato con un certo numero di tonnellate da incenerire. E, per il suo funzionamento, bisogna che la quantità di rifiuti prodotta non diminuisca.

Quanto alle discariche saranno sì ridotte dall’eventuale costruzione degli inceneritori, ma non abolite. Non soltanto perché non tutto si può incenerire ma anche perché l’incenerimento produce comunque un residuo, per giunta pericoloso, da mandare in discarica.

Ci sono poi le emissioni dannose degli inceneritori, anche quelli di ultima generazione, diossine, metalli pesanti e polveri sottili che sono state ritrovate nelle aree circostanti gli impianti, dove col tempo si accumulano. Una questione non da poco, visto che – ad esempio – l’inceneritore previsto a Catania dovrebbe sorgere nella zona industriale, ad appena sei chilometri da piazza Duomo. Ma anche – lo ha ricordato Vita Raiti, presidente del WWWF Sicilia nord orientale – a poca distanza da un sito delicato come l’Oasi del Simeto, nato per la protezione della fauna e in particolare degli uccelli migratori.

E comunque l’inceneritore ad emissioni zero non esiste, anche questa è una fake news. Ci sono sempre le emissioni climalteranti di CO2 di cui ha parlato Luigi Pasotti del SIAS (Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano), che da oltre 20 anni si occupa del monitoraggio meteorologico e climatico della Sicilia.

E poi i costi, da quelli di costruzione (il triplo del costo di un impianto di compostaggio), a quelli del trasporto del materiale da incenerire, ma anche dell’olio combustibile che deve alimentare l’impianto, della manutenzione e delle riparazioni perché un impianto così complesso richiede competenze elevate e contempla possibilità di guasti non infrequenti. Anche la gestione dei suoi scarti ha un costo che, incredibilmente, non è previsto nel Piano dei rifiuti approvato dalla Regione.

“Ecco perché questa campagna non vuole solo parlare di danni alla salute ma anche di questioni economiche” dice Manuela Leone spiegando l’importanza dell’economia circolare basata sul recupero di materia e sull’incremento della raccolta non solo di carta e plastica ma anche di tessili, Rae, e di tutto ciò che è una risorsa da non sprecare, da inserire in un circuito virtuoso.

Un percorso, del tutto alternativo all’incenerimento, che molti comuni hanno già intrapreso e da cui stanno traendo vantaggi anche economici. E sono anche comuni siciliani a partire da Messina che ha guadagnato dalla raccolta del vetro 5 volte quello che ha guadagnato Catania. Oppure Enna, dove con un’impiantistica pubblica in grado di recuperare risorse si è potuto ‘fare economia’ e sgravare i cittadini di un milione di euro per tutto l’Ato, centomila per ogni comune.

Un percorso iniziato da diversi anni con vari progetti realizzati da Rifiuti Zero Sicilia e raccontati, nel pomeriggio del 14, da Claudia Pulvirenti: sul compostaggio domestico a Santa Venerina, sul compostaggio di comunità a Ferla ed Augusta, sulla raccolta differenziata a Montelepre, sulla riduzione degli imballaggi a San Giovanni La Punta, con punte di eccellenza divenute modello a livello nazionale,

Non è vero infatti che la Sicilia non vuole cambiare, c’è una Sicilia che è già cambiata. E tutti noi possiamo collaborare a questo cambiamento, ognuno con i suoi talenti.

2 Comments

  1. Più di dieci anni fa nell’ unico supermercato sotto casa mia esisteva un punto di ricarica per i detersivi liquidi che permetteva di riutilizzare più volte il flacone. Oggi che di supermercati vicino casa ce ne sono quattro nessuno di questi offre questo servizio. Chissà perché! Forse è difficile mantenere comportamenti virtuosi.!!

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