Sembrava un’operazione piuttosto velleitaria quella che, un paio di mesi fa, ha raccolto alcuni membri della società civile, intellettuali del mondo accademico e delle professioni, attorno ad una nuova sigla, Catania Può.
A muoverli la volontà di non arrendersi davanti al degrado della città, di spendersi per un suo rilancio economico, sociale e culturale, e affrontare in modo dignitoso la prossima scadenza elettorale, provando a contrastare l’occupazione dei posti di governo cittadino da parte di chi è interessato solo alla salvaguardia di un sistema di potere e di interessi.
Una prospettiva prevalentemente elettorale? Forse. Con una inversione di metodo, partire non dal nome di un candidato, ma da un progetto di rinnovamento, che non c’è ancora e va costruito dal basso. Comunque l’avvicinarsi delle elezioni amministrative è servito da stimolo, ha indotto a reagire, ad uscire dal chiuso dei contesti accademici e professionali per cercare una risposta responsabile alla crisi drammatica della città.
Quella che ci era parsa, in occasione della presentazione del Forum civico Catania Può, in via Siena, una missione impossibile dai contorni imprecisati è maturata attraverso incontri, riflessioni, ulteriori contatti, fino alla conferenza stampa di sabato 11, quando quattro giovani rappresentanti di partiti dell’area progressista hanno presentato l’avvio di un percorso unitario innovativo.
Graziano Bonaccorsi del M5S, Salvo Spagano del PD, Pier Paolo Montalto di Sinistra Italiana, Mauro Mangano di Europa Verde, insieme a Giulia De Iorio e Attilio Scuderi del Forum civico Catania Può non hanno fatto, ai giornalisti e ai cittadini presenti, un discorsetto di propaganda elettorale. Hanno fatto una lezione di metodo, parlando di un lavoro da fare insieme, tra loro e con tutti i cittadini disponibili, a partire da alcuni tavoli tematici sui problemi più scottanti della città, urbanistica, trasporti, diritti sociali, lavoro, rifiuti, povertà educativa… Tavoli attorno ai quali confrontarsi per dare adeguati contenuti ad un progetto di rinascita della città.
Soltanto dopo aver costruito un programma – hanno dichiarato – si procederà ad individuare la persona più adatta a svolgere il ruolo di primo cittadino, ma già, dal lavoro comune, sarà nata ‘la squadra’, un gruppo di consiglieri che possa eventualmente sostenere il sindaco nell’azione di governo della città o almeno costituire, insieme a lui, una reale forza di opposizione.
Scadenze: il primo marzo per la chiusura dei tavoli, il 15 marzo per la definizione del programma e poi la scelta del candidato sindaco. Sono pochi venti giorni per discutere dei problemi più gravi della città, veramente pochi.
C’è solo una condizione che può consentire di vincere questa scommessa: la possibilità di utilizzare il patrimonio di analisi, esperienze, competenze già acquisite all’interno delle tante associazioni che da anni lavorano sul territorio. E ci pare sia questa l’intuizione forte dei promotori di questo percorso, riconoscere e valorizzare questa ricchezza rimasta fino ad oggi nell’ombra.
Se è impensabile affrontare temi ciclopici in pochi giorni e costruire un programma dal nulla, diventa possibile farlo se si utilizzano risorse già esistenti, costruite con l’impegno di quanti si sono spesi per contrastare le disuguaglianze, promuovere legalità e cultura, difendere l’ambiente, nelle aree del centro e nelle periferie.
Non a caso i tavoli di lavoro si svolgeranno in diverse sedi sparse per tutta la città, in centro e in periferia, presso le associazioni, le cooperative, i sindacati. Una scelta più che altro simbolica perché i tempi per dialogare con i residenti dei quartieri, ascoltarne le richieste e le lagnanze non ci sono. Ma il simbolo è chiaro, riportare la politica nel territorio, tra i cittadini, superando la distanza tra governanti e governati.
La politica, in questa coalizione di forze progressiste, ha il volto di persone giovani, estranee all’estabilishment, che dichiarano di voler costruire un progetto unitario che vada “oltre le sigle dei partiti”, perché “la coalizione è più importante del nome del candidato”. Un capovolgimemto (anche questo) della logica frazionista da tempo dominante nella nostra città. E non solo.
Non sappiamo se questo impegno nel lavoro di squadra resisterà nel tempo, potrebbe anche accadere che nei partiti con un’organizzazione più centralizzata, come il PD, vengano posti, dall’alto, veti o condizioni che possono rompere l’intesa. Non ce lo auguriamo perché la situazione è drammatica e non si vedono, all’orizzonte, alternative credibili.
C’è un altro interrogativo che resta aperto. Riguarda le realtà cittadine di sinistra più radicale che hanno sempre rivendicato orgogliosamente la propria diversità e la propria indisponibilità a costruire accordi e coalizioni con chi ritengono non sia stato coerente nella lotta contro il blocco di potere dominante, o addirittura ne abbia parzialmente condiviso le scelte. Fino ad ora non sono uscite allo scoperto né si sono aggregate a questo percorso unitario, vedremo quando sceglieranno collocazione e priorità.
Quanto al progetto di Catania Può, nessuno si nasconde che si tratta comunque di un percoso arduo e problematico, che deve ancora attraversare i passaggi più insidiosi, innanzi tutto quello della scelta del candidato sindaco. Ma è – al momento – l’unica prospettiva concreta che abbiamo, e non possiamo che augurarci che si riesca ad andare fino in fondo.
comunque in quel gruppetto c’è anche qualche over…..