Grazie ai prodigi della tecnica, Pier Luigi Cervellati, uno dei maggiori urbanisti del nostro paese, ha potuto partecipare, da uno schermo gigante, alla presentazione del libro di Maurizio Palermo, “Il ballo del mattone”. Trattenuto nella sua Bologna da motivi di salute, quando ha visto riempirsi la sala del Centro Zo, ha esclamato, con disarmante semplicità, “ma quanti siete!”.
E sono stati veramente tanti gli intervenuti alla presentazione di questo testo che ripercorre le vicende della speculazione edilizia a Catania con lo scrupolo documentaristico dello storico e il coinvolgimento di chi ne ha vissuto uno snodo fondamentale.
Parliamo della grande “occasione mancata” degli anni Novanta, quando si affacciò la possibilità di dare alla città un nuovo piano regolatore che la riqualificasse e la sottraesse agli interventi speculativi che continuavano a sfigurarla a colpi di variante.
Di quella fase Palermo, in qualità di dirigente dell’Ufficio del Piano, è stato protagonista insieme allo stesso Cervellati che era consulente e coordinatore del Piano Regolatore.
Interrogato dal moderatore, Antonio Fisichella, su “che fine hanno fatto le città italiane”, Cervellati ha attribuito a Catania la palma di antesignana di una svolta ormai generalizzata, aggiungendo con amarezza che “nelle nostre città non si pianifica più, si consuma suolo”, usando anche i finanziamenti pubblici per favorire gli interessi dei ceti benestanti, senza alcuna attenzione ai beni comuni.
L’architetto parla della sua Bologna dove esplode il turismo ma diminuiscono gli abitanti e persino gli studenti universitari, e dove “si avanza verso un precipizio senza possibilità di invertire la rotta”. Come Catania docet.
Il pessimismo sul futuro è lo stesso che permea il racconto di Palermo, che tuttavia lo conclude con uno scatto propositivo, quasi un invito a sbracciarsi e a tentare l’impresa “difficile ma non impossibile” di creare una città diversa.
Il magistrato Sebastiano Ardita non si è limitato ad offrire nomi e cognomi ad alcuni episodi citati da Palermo, come la distruzione di opere di pregio architettonico compiuta dall’imprenditore/speculatore Francesco Finocchiaro e la costruzione a tappeto di grandi centri commerciali in cui è implicata Cosa Nostra catanese e l’editore Mario Ciancio Sanfilippo.
Ardita aggiunge un altro elemento, parla dello “sbarramento” che separa le periferie dal centro storico e fa l’esempio degli Uffici Giudiziari con vista mare che stanno per essere costruiti in viale Africa, l’area ‘privilegiata’ della città, rifuggendo dalla scelta coraggiosa di realizzarli a Librino, dove avrebbero potuto rappresentare un elemento di integrazione e di rottura dell’isolamento.
Sebbene oggi la crescita economica costruita sulla rendita fondiaria e sul cemento sia entrata in crisi, la speculazione non è finita, ha cambiato volto e modalità. E’ diventata – così l’ha definita Palermo – “urbanistica contrattata”, in cui il singolo viene autorizzato a fare il suo piccolo/grande abuso oppure ottiene la complicità dell’amministrazione per appropriarsi di un bene comune, come accade nel caso dell’uso privato di spazi destinati a servizi pubblici.
Ne è esempio l’Eurospin di via Sabato Martelli Castaldi, dove doveva sorgere una scuola. I cittadini vengono esclusi da un servzio e da uno spazio che mai nessuno restituirà loro.
Alla fine la domanda che si è posta è sempre la stessa: che fare? Dinanzi ad una situazione “bloccata” dall’eterno ritorno del ciclo del cemento è realistica la possibilità di avviare un percorso diverso fondato sulle sollecitazione dei cittadini organizzati dal basso? Come ha tristemente osservato Laura Saija, professoressa associata di Tecnica e Pianificazione urbanistica nel dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura non è stato possibile negli anni settanta, quando era attiva una sinistra battagliera, accadrà oggi per iniziativa delle sole associazioni?
D’altra parte Palermo ricorda che Catania “è una città con molte risorse ed energie”, in cui sono tante le associazioni che si impegnano sul territorio ottenendo piccoli risultati. Potremmo aggiungere, non tanto piccoli, se prendiamo in considerazione la proposta del Parco Monte Po – Acquicella, portata avanti dai cittadini e già finanziata con i fondi del PNRR.
Bisognerebbe dare più voce a queste realtà e metterle in rete. Alla rete che dovesse formarsi ha già dato la sua adesione Cervellati, che vorrebbe spendere i suoi anni restanti per “un futuro possibile che non pensavo potesse arrivare”.
Tra i presenti in sala tanti i protagonisti che, a suo tempo, hanno condiviso e supportato l’idea di città prospettata da Cervellati, mancavano però i giovani a cui passare il testimone. Saja farà leggere il “Ballo del mattone” ai suoi studenti, ma un numero molto più alto di ragazzi dovrebbe essere coinvolto.
Affinchè possa cambiare la mentalità e l’urbanistica possa essere considerata non una cosa complicata che non interessa nessuno ma un modo per governare e tutelare la “nostra” città, per poterci vivere bene. Un cambiamento culturale di cui questo libro è una “primizia”.