Sembra solo una differenza terminologica, ma non lo è. Sulle navi entrate in porto a Catania non ci sono migranti ma naufraghi. “C’è un fatto che interrompe l’intenzione di migrare: il naufragio ed il soccorso fatto da alcuni volenterosi in assenza di istituzioni pubbliche”. Lo spiega all’agenzia Adnkronos Gregorio Di Falco, capitano di fregata, che ben conosce le leggi del mare.
E, secondo il diritto internazionale, i naufraghi vanno soccorsi e “a loro si applica il passaggio inoffensivo e quindi l’ingresso nelle acque territoriali”. (Di Falco)
Salvare la vita in mare costituisce, infatti, un preciso obbligo degli Stati e prevale su tutte le norme e gli accordi bilaterali, anche quelli finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare. E, alle norme del diritto internazionale, accettate e riconosciute dalla Comunità internazionale degli Stati nel suo insieme, non è permessa alcuna deroga.
Anche il Protocollo addizionale alla Convenzione delle Nazioni unite, firmata a Palermo nel 2000, contro la Criminalità organizzata transnazionale, per combattere il traffico illecito di migranti per via terrestre, aerea e marittima, prevede la superiorità gerarchica delle norme di diritto internazionale relative ai diritti dell’Uomo e della Convenzione di Ginevra.
Coerentemente a queste premesse, l’associazione per gli studi giuridichi sull’immigrazione (ASGI) denuncia “l’illegittimo tentativo di fare sbarcare esclusivamente alcuni dei naufraghi e respingere indistintamente tutti gli altri al di fuori delle acque territoriali nazionali”. Esso si configura, oggettivamente, come una forma di respingimento collettivo, vietato dall’art. 4, protocollo 4 della CEDU. E per questo comportamento l’Italia è già stata condannata in passato (sentenza Hirsi Jamaa c. Italia del 2012)
La condotta governativa – leggiamo ancora nel Comunicato ASGI – si pone, altresì, in contrasto con i principi sanciti nella Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 e, in primo luogo, del principio di non refoulement (art. 33).
“In questa condizione pare impossibile immaginare che il comandante della nave debba obbedire all’ordine impartito dalle autorità amministrative italiane, poiché se portasse fuori dai confini italiani i naufraghi potrebbe configurarsi a suo carico, e a carico dell’armatore, una responsabilità per avere prodotto, in esecuzione di un ordine manifestamente illegittimo, una grave violazione dei diritti umani”.
Queste le considerazioni di carattere giuridico, ma basterebbe anche solo il buon senso, e (perché no…) un po’ di senso del ridicolo per far apparire insensata la decisione di non far sbarcare – perché non sono donne o bambini – delle persone sopravvissute ad un naufragio. Sicuramente godranno di ottima salute (sic!), e si può millantare persino di aver agito con umanità rispettando il decreto del 4 novembre scorso che assicura “le operazioni di soccorso ed assistenza nei confronti delle persone che versino in condizioni emergenziali ed in precarie condizioni di salute”.
La questione delle migrazioni è una cosa seria, un problema strutturale del nostro tempo, di certo in crescita anche per effetto delle conseguenze del cambiamento climatico e della desertificazione che ne consegue. Va affrontato con una visione di insieme e non con azioni improvvisate o con misure repressive che usino i migranti come mezzo di propaganda elettorale.
Nessun governo fino ad ora ha avviato un ripensamento in vista di una strategia complessiva. Sarebbe il caso di cominciare.
Intanto, dall’arrivo delle navi, al porto di Catania si sono radunati centinaia di Catanesi che hanno dato vita ad un presidio permanente, ancora in corso. Oggi alla 16 è prevista una assemblea presso il molo 10 centrale, di fronte la nave Geo Barents.
Nel frattempo un delegato del pool difensivo della Humanity 1, l’avvocato Campochiaro, è salito a bordo e ha raccolto le richieste di tutti i migranti che intendono accedere alla Protezione internazionale, inviandole subito alla Questura. I migranti hanno quindi già lo status di richiedenti Protezione internazionale. E’ stato già inoltrato anche un ricorso di urgenza al Tribunale di Catania ed un ricorso al Tar del Lazio contro il provvedimento, considerato illegittimo, dei Ministri.
Alcune note di riflessione in aggiunta:
1. la distinzione tra “fragili e non fragili” sembra che in questo caso sia stata fatta da ispettori (medici) ministeriali, che sembra abbiano usato un criterio abbastanza esteso, ma non tale (suppongo) da includere anche tutte le fragilità psicologiche di chi è passato dai lager libici. In passato il controllo sanitario è stato fatto sempre dalle organizzazioni della banchina (CRI, Medici Senza Frontiere, Emergency) con la presenza di medici dell’ASP; al solo scopo di individuare coloro che avevano da subito necessità di cure sanitarie.
2. la riforma di Dublino 3 temo che non si avrà mai perché tutti i leader europei sanno che una ipotesi di accoglienza a livello europeo avrebbe come effetto immediato un incremento esponenziale dei tentativi di arrivo in Europa. Vedi quello che è accaduto all’indomani della dichiarazione di disponibilità all’accoglienza da parte della Germania, anche se limitatamente ai Siriani.
3. Il vero obiettivo è rendere oltremodo rischioso (ai limiti dell’impossibile) la realizzazione del progetto migratorio in modo tale che si riduca il numero di coloro che arrivano in Europa, insensibili a quanti muoiono in mare. Obiettivo perseguito da un lato attraverso la fine del progetto Mare Nostrum e gli accordi con la Guardia costiera libica (per limitare le partenze); dall’altro attraverso gli accordi con la Turchia, la Grecia e l’Italia, per creare ulteriori luoghi di sbarramento;
4. Relativamente al ruolo dell’Italia è chiaro che si è inteso creare una forma di sbarramento, finanziando tutte le strutture di accoglienza (con fondi quasi esclusivamente europei, che hanno dato lavoro soprattutto alle aziende italiane che hanno gestito questi fondi) al solo fine di evitare il prosieguo del viaggio. E quando Renzi rivendicava con orgoglio il ruolo dell’Italia nelle operazioni di salvataggio e di accoglienza, sapeva benissimo che la stragrande maggioranza di coloro che erano accolti in Italia continuavano il loro progetto migratorio nei paesi del centro-nord dell’Europa. Tant’è che sono dello stesso periodo i blocchi ai confini dell’Italia.
5. E adesso le conseguenze per l’Italia sono quelle di un eccesso di manodopera a buon mercato sia per attività illecite (come quella dello spaccio) sia per lavori di sfruttamento ai limiti della schiavitù (attività prevalentemente nelle campagne).