26 febbraio, Castello Ursino – Catania. Centinaia di cittadine e cittadini partecipano alla manifestazione promossa dalla rete Restiamo umani/Incontriamoci, che ha aderito all’appello lanciato da Peacelink contro la guerra in Ucraina. “Contro l’escalation militare è importante mobilitarsi perché l’Italia e l’ONU svolgano un ruolo di distensione”, perché “la guerra, anche locale, è disastrosa per le vite umane e per le risorse del pianeta compromettendo in modo irreversibile la futura sopravvivenza”.
Domani, 27 febbraio, alle 10,30, conferenza stampa al porto di Catania, promossa dal Comitato No Muos/No Sigonella, con l’adesione di forze sociali e politiche catanesi, per “fermare bombe, cannoni e carri armati e protestare contro la militarizzazione della Sicilia e del Mediterraneo”. Perché i porti siano chiusi alla guerra (il riferimento è alle esercitazioni NATO “Dynamic Manta”, navi e sommergibili a propulsione nucleare, nelle acque antistanti ai porti di Augusta e di Catania) e aperti all’accoglienza dei migranti.
Se, però, è unanime, e fondamentale, la condanna della guerra, è altrettanto importante interrogarsi sulle cause di ciò che sta avvenendo. In questa prospettiva, proponiamo la lettura parziale di due interventi, uno di Domenico Gallo (magistrato, ex senatore), l’altro di Sergio Romano (ex ambasciatore presso la NATO e a Mosca).
Scrive Gallo: “Noi siamo convinti che la guerra sia un male in sé stessa e che nessuna ragione politica può rendere questo male conveniente o giustificabile. Tanto più nel teatro dell’Ucraina dove l’esasperazione e la strumentalizzazione politica di opposti nazionalismi ha provocato già un conflitto doloroso che si è trascinato per otto anni senza soluzione. Ogni giorno, ogni ora di guerra comportano sofferenze indicibili e rendono sempre più difficile la convivenza futura fra le popolazioni coinvolte nel conflitto. Per questo da ogni angolo d’Europa, da ogni quartiere, da ogni città, si deve levare concorde una sola voce: cessate il fuoco! […..]
Deve essere ben chiaro che l’intervento militare della Russia contro l’Ucraina, non costituisce un’azione legittima di difesa delle due Repubbliche del Donbass, ai sensi dell’art. 51 della Carta dell’ONU, come preteso da Putin, ma costituisce una violazione del divieto dell’uso della forza contro l’integrità territoriale e l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, interdetta dall’art. 2, comma 4, della Carta dell’ONU. Quali che siano le controversie fra gli Stati e quali che siano le ragioni dell’uno o dell’altro, queste non possono essere risolte affidandosi al giudizio delle armi. L’azione della Russia costituisce un’ingiustificabile violazione del diritto internazionale, simile all’aggressione perpetrata dagli Stati Uniti contro l’Irak il 20 marzo 2003, diretta ad abbattere il regime politico di quel paese e sostituirlo con un altro governo. […..]
Però dobbiamo interrogarci come è stato possibile che il clima di distensione, di smilitarizzazione e di pacificazione in Europa, introdotto da Gorbaciov con l’abbattimento del muro di Berlino, il ritiro delle truppe dell’Unione sovietica dall’Europa orientale e lo scioglimento del patto di Varsavia, sia stato rovesciato nel suo contrario, con l’identificazione della Russia come nuovo nemico da sostituire alla dissolta Unione Sovietica. La fine della guerra fredda è stata interpretata come una vittoria che avrebbe consentito ai vincitori di umiliare perennemente i vinti, come fecero insensatamente le Potenze dell’Intesa nei confronti della Germania uscita sconfitta dalla prima guerra mondiale.
Gli Stati Uniti hanno coinvolto l’Europa attraverso la camicia di forza della NATO, in una insensata politica di scontro con la Russia, che ha sostituito la cooperazione all’emarginazione, il dialogo all’intimidazione, col risultato di provocare una pericolosa rinascita dell’orgoglio nazionale russo. Se il Vangelo qualifica come beati i costruttori di pace, noi siamo dannati per aver lasciato liberi i costruttori di guerra di capovolgere l’orizzonte di pace balenato nell’indimenticabile 89.
A questo ci ha portato la pretesa di trasformare l’Ucraina nella lancia della NATO nel costato della Russia. Lo scoppio del conflitto segna in modo drammatico il fallimento della NATO come sistema che dovrebbe garantire la sicurezza in Europa. Mettere il coltello alla gola di una grande potenza non è il modo migliore per assicurarsi la convivenza pacifica”.
Sottolinea Romano: “credo che se avessimo in qualche modo aiutato Putin, per esempio senza insistere per l’allargamento della Nato fino ai confini della Russia e lasciare che l’Ucraina chiedesse di far parte della Nato, mettendola, per così dire, in una lunga sala d’aspetto piuttosto che lasciarla sperare, beh tutto sarebbe stato probabilmente diverso e meno imbrogliato. Ripeto oggi quanto ho avuto modo di affermare in tempi non sospetti: la collocazione che intravedevo come desiderabile per l’Ucraina era quella della neutralità, il Paese doveva diventare neutrale. È stato completamente irragionevole prospettare la possibilità dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Perché la Nato è un’organizzazione politico-militare congegnata per fare la guerra. Farla quando in gioco sono gli interessi del dominus dell’Alleanza atlantica: gli Stati Uniti. Ora, se Washington punta all’ingresso dell’Ucraina nella Nato vuol dire che la guerra può essere portata alle frontiere della Russia. Questa è comunque la percezione di Mosca di cui non si può non tener conto. Ritengo che si tratti di una preoccupazione in qualche modo fondata e non l’’ossessione’ di Putin. […..]
Noi abbiamo commesso un errore, un grave errore. Abbiamo ingrandito e allargato l’Unione Europea al di là dei suoi confini naturali. E per di più questi paesi [il riferimento è a Polonia, Repubblica Ceka, Slovacchia, Ungheria n.d.r.) che devono essere garantiti nel loro bisogno di sicurezza, non guardano tanto a ciò che l’Unione europea può fare per loro ma guardano soprattutto agli Stati Uniti. Vogliono l’Unione europea per ciò che può dare in termini di denaro, di scambi commerciali, ma la sicurezza secondo loro, gliela danno solo gli Stati Uniti. L’Unione europea non esiste perché quando si tratta di assumere decisioni politicamente rilevanti, si spacca: con i paesi dell’Est da una parte, che spingono sempre per un confronto duro con la Russia, e i sei paesi originari dell’Ue. […..]
La soluzione della crisi esisterebbe: una Ucraina neutrale nello spirito dei suggerimenti del vecchio Bush. Ma è considerevolmente cresciuto il numero di coloro che da una crisi credono di trarre qualche vantaggio; e ci siamo pericolosamente avvicinati al punto in cui ciascuno dei due contendenti crede che spetti all’altro fare un passo indietro. Paradossalmente queste crisi potrebbero rivelarsi più gravi di quelle che scoppiavano durante la Guerra fredda. Vi era allora in ciascuno dei due campi la convinzione che l’avversario avrebbe fatto uso del suo arsenale nucleare. Non possiamo essere sicuri che i giocatori d’oggi siano altrettanto prudenti”.
ringraziando per la qualità dell’articolo, desidero fare una precisazione ed esprimere una opinione in merito:
la precisazione riguarda la composizione del comitato organizzativo della conferenza stampa di domenica scorsa, al porto di catania, che comprendeva, oltre a quelli citati, anche COBAS, LHIVE, Partito per la Rifondazione Comunista, Rete Antirazzista catanese e Sinistra Anti capitalista, così come da volantino di presentazione.
la opinione, invece, è a proposito della abitudine ormai diffusa di adire a manifestazioni importanti di carattere generale, come quella per la Pace, o per l’Acqua o …, senza insegne politiche evidenti; mi pare una abitudine contraria alla chiarezza politica, e subordinata alla convenienza personale e politica dei partecipanti, invece che al fine per cui si manifesta. concludo la mia opinione dicendo che sarebbe più incisiva e pregnante una manifestazione propositiva con tutte le bandiere accomunate per un fine di alto interesse comune.