“I missili di Comiso hanno già sparato, Pio La Torre è stato assassinato”, si gridava nei grandi cortei pacifisti di quasi quaranta anni fa.
Per ricordare il dirigente comunista, ucciso il 30 aprile del 1982, l’associazione Memoria e Futuro ha dedicato la propria rubrica “Trenta minuti con…” ad un dialogo tra Luca Gulisano e il figlio di Pio, Luigi La Torre, attivista, cooperante internazione, già membro della presidenza di Libera.
Se spesso le commemorazioni di chi è stato ucciso dalla mafia acquistano un carattere ‘cerimoniale’, incentrato soprattutto sul momento della morte, per Pio La Torre è quasi inevitabile che si imponga al ricordo soprattutto la sua vita, una vita di combattente per i diritti: dalle battaglie per il riscatto dei contadini, negli anni del secondo dopoguerra, fino alle manifestazioni contro l’installazione dei missili a Comiso dei primi anni Ottanta, il punto culminante di un movimento pacifista internazionale che esprimeva la consapevolezza del rischio rappresentato dalle armi nucleari.
E Pio aveva lavorato a lungo, aveva tessuto relazioni e si era speso per dare a questo movimento una impronta europea.
Ma La Torre è soprattutto il nome con cui è conosciuta la legge n.646, approvata il 13 settembre del 1982, sei mesi dopo la sua morte, un “unicum a livello mondiale” dice Luigi La Torre, un modello nel contrasto alla criminalità organizzata.
Con questa legge, infatti, è stato istituito il reato di associazione di tipo mafioso, così definito “quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva”.
E lo fanno “per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri.” (art 1, comma1).
Veniva così chiaramente individuato – sottolinea Luigi La Torre – il legame tra mafia e politica, tra mafia e pubblica amministrazione.
La legge introduceva, inoltre, la possibilità di effettuare i controlli patrimoniali per identificare e colpire l’illecito arricchimento dei mafiosi e prevedeva il sequestro e la confisca dei beni provenienti dall’esercizio di quel reato.
Una legge modernissima e ancora estremamente attuale. E se, come ha ricordato Luigi, tutte le leggi hanno bisogno di aggiornamenti, quello che oggi bisognerebbe fare è rafforzare gli strumenti che la legge indica, alcuni dei quali erano già stati suggeriti dallo stesso La Torre nella relazione di minoranza della Commissione nazionale di inchiesta sulla mafia approvata nel febbraio 1976, che della legge 646/1982 fu la ‘madre’.
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Non poteva mancare, nell’intervista, una domanda sul tema del 41 bis e dell’ergastolo ostativo, oggi al centro di un acceso dibattito.
La risposta di Luigi La Torre si basa su una premessa: “Lo Stato è più forte della mafia, quando ha voluto lo ha dimostrato”. Può quindi essere anche generoso, e “non dobbiamo temere” di lasciare al magistrato la responsabilità di prendere la decisione giusta. Il Parlamento, che deve ancora legiferare, dovrà fornire al magistrato la “strumentazione” che gli permetta di prendere la decisione migliore. “E’ importante che siano giusti gli strumenti, come accade per il falegname, il chirurgo, l’idraulico. O come avviene per la corruzione che va contrastata con adeguati strumenti di controllo e di monitoraggio”.
Alla domanda su quale fosse il rapporto di Pio con il partito comunista, Luigi non può che ricordare che “il partito e il sindacato (la CGIL) sono stati le sue grandi scuole. E se anche non sono mancati i momenti di crisi, come quando si sentì lasciato solo in occasione del suo arresto dopo una manifestazione per la terra, quella restava comunque la sua famiglia”.
Quanto alla famiglia d’origine, non poteva non essere determinante. Una famiglia di contadini poveri, una madre analfabeta ma in grado di capire che solo lo studio poteva permettere ai figli un futuro diverso, come quello realizzato da Pio, destinato altrimenti ad essere anche lui un contadino povero.
Tanto che Luigi ricorda come lezione più importante lasciatagli dal padre la massima secondo cui “se il destino che ti è stato assegnato non ti piace, puoi cambiarlo”.
Leggi il testo integrale della relazione di minoranza della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia (1976)
Leggi l’abstract della relazione di minoranza
Leggi il testo della legge 646/1982 (Rognoni-La Torre)
La vita e la militanza di Pio La Torre sul sito di wikimafia