Martedì 13 ottobre è stato il primo giorno di scuola, nella nuova sede di viale Vittorio Veneto, per gli studenti dell’Istituto Statale d’Arte di Catania. Si tratta, però, di una sistemazione provvisoria che, per due anni – e per un affitto di 60.000 mila euro al mese – garantirà comunque a circa settecento ragazzi di poter frequentare regolarmente l’Istituto. Non si può però dire ‘tutto è bene quel che finisce bene’. Al contrario, l’intera vicenda mette in luce, come meglio non si potrebbe, il pessimo funzionamento delle Istituzioni locali. Proviamo a ricostruirla. Da anni sul Collegio dei Gesuiti di via Crociferi (storica e prestigiosa sede dell’Istituto d’Arte) gravava un’ ingiunzione di sfratto, intimata dalla regione Sicilia alla Provincia di Catania, cui è seguita una dichiarazione di totale inagibilità dello stabile. A proposito, potrebbero dire – Comune e Provincia – quante scuole a Catania dispongono di locali dotati del certificato di agibilità? Ma torniamo alla nostra vicenda. In una tale situazione ci si aspetta che per tempo le Istituzioni preposte individuino soluzioni alternative credibili. Così non è, Comune e Provincia non dialogano fra loro e, alla fine, l’unica proposta in campo è quella di utilizzare l’ex scuola Brancati di Librino (per renderla usufruibile vengono stanziati 300.000 euro) che, però, non può contenere studenti e laboratori (lo spazio complessivamente disponibile è solo un terzo rispetto a quello che servirebbe per la normale attività scolastica). La Provincia, caricandosi di ulteriori costi, si impegna, inoltre, a garantire agli studenti un servizio di bus navetta per il quotidiano trasporto dal centro città alla nuova sede e ritorno. In sostanza, una pseudo soluzione, che, come ben comprendono docenti, allievi e genitori, porterebbe, lentamente e inevitabilmente, al ridimensionamento (se non alla chiusura) della scuola. Ed è solo grazie alla resistenza ostinata di chi, come scrivono alcuni componenti del Comitato Pro-Istituto d’Arte, si oppone al “cinico disprezzo usato nei confronti del sacrosanto diritto allo studio dei nostri 700 ragazzi” che alla fine si concretizza una soluzione accettabile, per la quale la Provincia si è impegnata, comunque, a versare la somma più alta pagata per un affitto. Vista la provvisorietà della soluzione, riteniamo che il Comitato Pro-Istituto d’Arte avrà ‘da fare’ anche in futuro. Un’ultima considerazione, molti hanno sottolineato come la presenza di un’altra scuola superiore avrebbe avuto un positivo impatto su questa parte della Città, dove già gli Istituti comprensivi svolgono una funzione fondamentale. Se vogliamo evitare che tutto ciò resti una mera petizione di principio, ci aspettiamo che, finita questa emergenza, si apra una seria riflessione, capace di coinvolgere istituzioni e società civile, per proporre un progetto culturale e sociale in grado di migliorare realmente la qualità della vita a Librino.
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A proposito dell’ISA di Catania vorrei sollevare un problema di carattere generale, un vecchio problema del quale, chi sa perchè non si parla più (per rassegnazione? Perchè demodé? Perché troppo scontato o sottinteso?). Il problema è questo: quanto costano alle amministrazioni cittadine o provinciali i locali presi in affitto per le scuole catanesi? Credo che non sia difficile fare i conti e credo che sia utile fornire, ancora una volta, all’opinione pubblica i risultati di una tale inchiesta.Mi sembrerebbe giusto, in questa epoca di “mattone selvaggio” e in concomitanza con il poco limpido affaire-ISA, rilanciare parole d’ordine legate alla necessità del rilancio della edilizia scolastica e che denuncino lo spreco di denaro pubblico utilizzato per affitti “bestiali” Cesare cavadi