Del recupero del palazzo di cemento a Librino si sono riempiti la bocca amministratori della Giunta presente e passata. Ci hanno detto: i soldi ci sono, lo sgombero è avvenuto, niente più droga e spaccio, armi e spazzatura.
Quando finalmente i lavori sono iniziati, si è avvicinata la possibilità di soddisfare le esigenze abitative di 96 famiglie, assegnatari già individuati sulla base del posto che occupano in graduatoria e ansiosi di sistemarsi nella nuova casa per risolvere il proprio problema abitativo.
E’ rimasto irrisolto il nodo degli spazi che, all’interno del palazzo, dovrebbero essere adibiti ad uffici comunali e a sede di associazioni. I relativi lavori, infatti, non sono stati neanche finanziati perchè i soldi, stanziati dal Governo Monti nel Piano Città (2012), non bastavano per completare la riqualificazione di tutta la struttura.
Con la decisione di privilegiare gli appartamenti destinati alle famiglie, il piano terra, il piano rialzato e il primo piano, destinati ad associazioni ed uffici, sono stati chiusi con pannelli, in attesa di trovare le somme necessarie per la ristrutturazione.
E’ evidente che questi spazi rischiano, nel frattempo, di essere utilizzati in un modo ‘improprio’.
Il cantiere, con la presenza diurna degli operai (anche se pochi, come osservano i residenti della zona e come viene confermato dalla lentezza con cui si sono fatti i lavori) e la vigilanza notturna, ha costituito fino ad ora un deterrente. Ora però la ditta (Coco Salvatore) ha denunciato di essere rimasta senza soldi, il Comune ha già pagato quanto doveva, e si rischia lo stallo.
Una situazione che ha le sue radici in un appalto vinto con un ribasso d’asta del 55%, un ribasso che è apparso eccessivo dall’inizio e ha fatto temere una qualità scadente o l’utilizzo di lavoro nero
Piattaforma per Librino e Sunia, nelle persone di Sara Fagone e Giusi Milazzo, dopo aver seguito con preoccupazione l’evolversi della vicenda, hanno sollecitato più volte l’Amministrazione e hanno concordato con l’assessore ai Lavori Pubblici, Trantino, per lo scorso 11 maggio, un sopralluogo a cui hanno partecipato anche tecnici comunali, rappresentanti di sindacati, consiglieri dell’opposizione, residenti.
Si è constatato che i lavori sono quasi ultimati, anche se mancano ancora ascensore e impianto antincendio, e che gli appartamenti sono belli, ariosi, panoramici.
Un segno importante, quest’ultimo, per un palazzo che è stato per anni emblema del degrado. Questa riqualificazione – scrivono Milazzo e Fagone – ha infatti “un grande valore simbolico per chi vive a Librino e per chi da anni si batte affinché il quartiere perda una nomea falsa e ingiusta”.
Quando si parla di Librino, in effetti, si dimentica che la maggior parte delle famiglie che lo abitano sono persone perbene, per le quali l’appartenenza a questa zona della città determina una sorta di stigma ingiustificato.
E’ stato il procuratore Zuccaro, ospite di un assemblea tenuta proprio a Librino , a parlare di un ‘patto sociale’ disatteso tra il territorio e le Istituzioni, a puntare il dito contro le “responsabilità degli amministratori che non hanno saputo o voluto rispondere ai bisogni dei più deboli, impegnati come erano a privilegiare le istanze dei più forti e a perseguire il proprio tornaconto personale”.
A parlare di una emarginazione delle periferie che non è un destino, ma è il “frutto delle scelte dello Stato e degli Enti locali, di chi si è fatto sordo alle giuste richieste dei cittadini che non hanno abbastanza forza da far sentire la propria voce”.
La ristrutturazione del palazzo di cemento è solo un piccolissimo tassello di questa situazione, ma di certo il suo mancato completamento costituirebbe “un vero peccato e uno spreco inaccettabile”, come scrivono ancora Fagone e Milazzo.
Ecco perchè Sunia e Piattaforma per Librino, nel riconfermare l’impegno ad attuare un “vero e proprio pressing affinché ciascuno si assuma le proprie responsabilità”, prospettano la convocazione, in tempi brevissimi, di un incontro pubblico per definire le iniziative da intraprendere.
Se si dovesse allentare l’attenzione su questa vicenda, dal momento in cui l’impresa non assicurasse più la vigilanza anche notturna, si rischierebbe “di aprire le porte di nuovo alla malavita e all’occupazione abusiva”.
Una preoccupazione fortemente sentita dalle famiglie assegnatarie, che temono di veder ricadere sulle proprie spalle il ruolo di vigilanza sulla struttura.
La preoccupazione delle famiglie assegnatarie, con la notizia della quale concludete questo importante articolo, SIA ANCHE preoccupazione nostra e di tutta la città! Perciò, per favore, continuate ad informarci su quest’argomento, affinché dallo “stallo” nel tempo odierno non si passi direttamente alla “continuità” con la situazione ed il degrado pregressi, che sono stati UN INSULTO al DIRITTO alla VITA CIVILE di tutta CATANIA. L’occasione per la svolta, verso la CIVILTA’ è giunta -è OGGI!- e perciò NON PERDIAMOLA; ma, per questo, ci vogliono gli OCCHI APERTI di tutta la nostra città.E grazie al procuratore, dott. Zuccaro, per le sue parole, già per le due righe soltanto che riportate nel testo, le quali sono una diagnosi, da non ignorare, sui mali che, almeno dagli anni ’60-’70 del secolo scorso, affliggono Catania; parole, quelle del procuratore, che sono anche una proposta, a tutta la CATANIA che ha l’ambizione di essere civile, o aspira ad esserlo, affinché TUTTI INSIEME ci si decida ad assumerci la responsabilità dell’attenzione comune al BENE comune, preferendola al miserabile, vergognoso, ed infame “privilegio” che ne consegue a chi sceglie di essere suddito-“amico” del cosiddetto “potente”.
Ci sono ancora due grattacieli in viale Biagio pecorino che erano stati ultimati e poi abbandonati e saccheggiati. Si portino a conoscenza dell’amministrazione