Una bella esperienza di contatto con la natura raccontata dalla nostra amica Laura Sciacca, docente e scrittrice.
“Qui mi sento a casa!” esclamiamo sorridenti io e un pugno di nuovi amici, mentre con le mani sporche di terra, ammiriamo i frutti ancora acerbi della nostra fatica da novelli contadini.
Circondati da fiori selvatici, apine ronzanti, cani accoglienti e un padrone di casa giovane, ma dalla saggezza antica e gentile di chi la terra la ama nel profondo, seminiamo ortaggi scambiandoci consigli su quando e quanto innaffiare, strappiamo le erbacce con l’aiuto dei bambini e speriamo di raccogliere qualche bella zucchina dei prossimi mesi, ma soprattutto, sfuggiamo alla morsa tentacolare della città e ci sentiamo profondamente rigenerati.
Dove avviene questa rivoluzione silenziosa?
A pochi kilometri dal centro di Catania, a San Giorgio sorge Orto Bio Catania, una realtà nata da alcuni anni e in continua espansione grazie al passaparola. E’ un terreno di diversi ettari, in parte adibito a uliveto, agrumeto e delizioso sfondo per passeggiate rigeneranti, in parte suddiviso in lotti di 80 mq che il proprietario Dario Sagone affitta di stagione in stagione a chi vuole cimentarsi nella coltivazione biologica.
Ognuno può decidere cosa piantare e personalizzare il proprio lotto come desidera e ogni pezzettino di terreno rispecchia la personalità dell’affittuario: alcuni sono ordinatissimi, dai filari nettamente marcati, altri un mix incoerente dove le melanzane svettano tra la menta e non si distinguono le lattughe dalle erbacce, in altri ancora i bambini si sono sbizzarriti nel montare strani spaventapasseri con parrucche da clown e zampettano tra le verdure calpestandone la metà!
Ogni lotto è quindi davvero un po’ una casa per ciascuno di noi, una casa dove si sorride molto e ognuno prova a dare il meglio di sé con grande entusiasmo per raggiungere il fatidico obiettivo di arrivare al raccolto. Una visione totalmente opposta a quella corrente, che ci spinge ad accostarci alla terra in maniera violenta, come un supermercato a cielo aperto al quale attingere in maniera dissennata fino ad esaurimento scorte.
La comunanza di valori, il rispetto per il Creato, l’elogio della lentezza, della parsimonia e della fatica che sta dietro ogni pianta di pomodoro tenuta in piedi da tralicci traballanti, fanno di Orto bio non solo un semplice orto urbano, ma una vera e propria comunità, animata da senso di responsabilità verso il futuro.
Ciò ci porta anche ad avere una maggiore coscienza alimentare: se coltiviamo almeno una parte del cibo che mangiamo, cibo vero, non trattato, oltre a ricavarne maggiore soddisfazione per il palato, impariamo ad apprezzare il cibo stesso che non è più un prodotto da scartare, è un dono della terra.
Cibo autoctono, della nostra splendida Sicilia, grazie al cielo ancora capace di dare, nonostante l’uso dissennato che ne hanno fatto governanti e governati. Da qui saremo meno portati a sprecare il cibo e incamerare la grande energia vitale insita in esso.
Infine questa esperienza ci porta ad avere fede, devozione grandissima verso la Vita, un qualcosa capace di continuare dopo di noi e che non si protegge tramite mascherine o guanti, si protegge col rispetto e la solidarietà.
In un momento storico in cui si polemizza sempre e troppo, in cui ci si sente sbandati, tante sono le notizie sconfortanti e pesanti da ascoltare, il richiamo della terra madre, sorella, amica si fa sentire ancor più forte e pressante.
Chiacchiere da hippies nostalgici e ormai scaduti? Al contrario, parole concrete e forti, frutto di un sentimento atavico che ci lega alle nostre radici, nonostante facciamo il possibile per allontanarci da esse. E soffrire.
La stragrande maggioranza dei mali dell’umanità moderna deriva proprio da questo assurdo allontanamento dalla natura e dal cercare altrove la felicità. Quanta sofferenza provano i bambini messi davanti a uno schermo tante, tantissime ore al giorno quando invece dovrebbero essere lasciati liberi di correre all’aperto e sporcarsi come hanno sempre fatto i cuccioli di ogni latitudine da secoli? Tanta, troppa.
Chiusi in case simili a scatolette, pronte a trasformarsi in piccoli inferni domestici, ci perdiamo la possibilità di respirare liberi ed “essere parte della Terra che abitiamo”, citando Wendel Berry, contadino ed ecologista statunitense, autore del celebre “Manifesto del contadino impazzito”, correva l’anno 1969.
Dario e i contadini urbani aspettano anche te!