Studiava pittura, Sofonisba Anguissola, come del resto le altre sorelle. Ma solo a lei toccò in sorte, per carattere, talento, o pura fortuna, di perseverare in quest’arte fino a conquistarsi una celebrità che dalla sua città, Cremona, si estese presto in tutta Italia e poi oltre i confini del paese.
Destino quanto mai raro il suo visto che questa donna dipinse il primo ritratto nel 1551 e morì, ultra novantenne, nel 1625.
Sofonisba nel suo primo dipinto ritrae la sorella Elena, quindicenne e talentuosa pittrice che, presi i voti, stava per rinchiudersi tra le mura di un convento. Sorte decisamente più comune a quel tempo, anche in considerazione del fatto che i nobili genitori, Amilcare e Bianca, avevano generato ben sei femmine e un solo maschio.
Le ragazze Anguissola vengono comunque educate secondo i dettami imposti dall’epoca e dallo stato sociale, studiano pittura, letteratura, musica. Ma Lucia muore, Elena diventa monaca, Minerva si dedicherà ad insegnare il latino. Solo Sofonisba, dopo 3 anni passati a studiare pittura a Cremona specializzandosi nel ritratto, intraprenderà la carriera di pittrice.
La ritroviamo a Mantova alla corte dei Gonzaga, poi a Milano, ed in seguito a Madrid, alla corte di Filippo II ed Isabella di Valois.
È una grande artista, Sofonisba, ma pur sempre donna, e la fama, l’ammirazione ed anche la stima di cui gode non le permetteranno, nonostante tutto, di dimenticare la sua condizione di subalternità. È entrata alla Corte di Spagna con la qualifica di dama di compagnia e non di pittrice, e nonostante sia là per dipingere non firmerà mai i suoi numerosi ritratti dei Reali.
In seguito le accadrà di poter firmare, ma questa donna così ammirata, non potrà fare a meno di aggiungere al suo nome, per modestia, per paura, la qualifica di “figlia di Amilcare” o di “Virgo”.
E del resto riceverà sì doni, stoffe, gioielli, persino rendite generose, ma quando si tratterà di ricevere compensi in denaro per i suoi lavori, saranno il padre o il fratello, gli uomini della famiglia, ad intascarli.
Così procede questa vita singolare, tra le lodi del Vasari, di Michelangelo, ed una voglia di emancipazione che Sofonisba arriva a sfiorare ma mai a conquistare del tutto, tanto è vero che, pur circondata com’è dagli apprezzamenti di artisti e potenti, l’imperatore di Spagna cercherà persino d’imporle marito. Resisterà a lungo, l’artista, convolando a nozze solo in età matura nel 1573, e non si sa con certezza se per sua libera scelta.
Comunque sia andata, ecco che Sofonisba è in Sicilia, sposata a Fabrizio Moncada, signore di Paternò e fratello del Vicerè. E nella nostra isola vivrà, tra Paternò e Palermo, per i successivi 5 anni, fino alla morte del marito avvenuta per annegamento. Morte tragica, anche perché il suo corpo non verrà mai ritrovato.
Sofonisba dipingerà in sua memoria una pala d’altare, tutt’ora a Paternò, che raffigura la Vergine dell’Itria seduta su una bara portata a spalla dai monaci francescani e scortata dagli angeli. E così che quest’artista in carriera, questa moglie devota, esprimerà il cordoglio per la morte del coniuge,
Si risposerà poi di lì a poco con un Capitano di Marina genovese, stavolta testardamente sfidando l’opposizione dei familiari, e vivrà i successivi trent’anni a Genova.
Ma gli ultimi dieci anni di una vita straordinaria vedranno Sofonisba nuovamente a Palermo.
Un anno prima della sua morte, curva e quasi cieca, riceverà la visita di un giovane pittore olandese, è Van Dyck, che viene a rendere omaggio alla pittrice ritraendola.
Questa figura singolare continua ad affascinarci per la sua vita, sempre tesa tra conquiste inconcepibili e sottomissioni all’inevitabile realtà dei tempi.
Sofonisba ha potuto dipingere, ma senza mai poter scordare il suo essere prima di tutto una donna che dipendeva dalla sua arte, ma più ancora dagli uomini della sua famiglia. Sapeva che l’ammirazione guadagnata non le sarebbe bastata per essere considerata alla pari di un uomo, che poteva girare di città in città e di corte in corte, ma non scegliere l’uomo da sposare.
I suoi ritratti, tipici del manierismo spagnolo del tempo, la rivelano abile nell’uso del colore, capace di riprodurre con maestria i merletti, i broccati ed i gioielli che adornano i Reali, ritratti in pose che ne sottolineano il rango. Eppure la sua pittura è capace anche d’indagini psicologiche attente e tenere.
Lo vediamo nei dipinti di bambini e soprattutto dei suoi familiari, ritratti spesso nella loro quotidianità. Nell’interesse per il riso, il pianto, per le emozioni più varie che traspaiono nei suoi ritratti migliori, Sofonisba è pittrice e donna, senza dissidi e senza ipocrisie, senza ribellioni, né sottomissioni, finalmente lei, finalmente libera.