Ginestra, roverella, pino domestico, bagolaro, olivastro e molte altre specie vegetali trovano ancora spazio in un’area di Catania non distante dal centro.
Si tratta di un bosco spontaneo misto, cresciuto sulla superficie della colata lavica che nel 1669 lambì la città e miracolosamente conservato intatto fino ai nostri giorni.
Non è tutto. In questo tratto di terreno è presente anche una grotta, la “Grotta Lucenti”, oggetto di visite frequenti da parte degli speleologi ma, a tutt’oggi, ancora largamente inesplorata. Si tratta di una cava, probabilmente risalente al ‘700, dalla quale si estraeva la terra rossa che serviva per l’edilizia, chiamata in dialetto agghiara.
Ancora. Gli ampi terrazzamenti ottenuti utilizzando i muretti a secco, la presenza di canali d’irrigazione e di edifici rurali, costituiscono una testimonianza delle opere ed attività dell’uomo in territorio catanese. Opere di pregio, tanto più che l’arte dei muretti a secco, ampiamente presenti nel terreno in questione, è stata inserita nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO.
C’è dell’altro. Le piante non sono le uniche ad abitare l’area: vi trascorrono una vita pacifica animali quali la donnola e il coniglio selvatico, oltre varie specie di serpenti e di volatili. Tutte presenze di cui sono testimoni gli abitanti della zona.
Anche a livello geologico quest’area riveste interesse poiché, oltre alla presenza della già citata colata lavica del ‘600, custodisce sabbie ed argille che risalgono fino ad 80.000 anni fa, cioè al Pleistocene superiore.
Inoltre, il terreno ancora integro favorisce la dispersione delle acque meteoriche contribuendo a ridurre in maniera sostanziale il rischio idrogeologico.
Questo terreno delle meraviglie viene individuato col nome prosaico ed incongruo di Centro Direzionale Cibali perché, durante gli anni Ottanta, i cavalieri del lavoro Graci, Costanzo e Finocchiaro, acquistandolo, costituirono un Consorzio con l’idea di costruire nell’area edifici aventi funzioni pubbliche quali questure, caserme ed ospedali.
Fu presentato quindi al Comune un piano di lottizzazione che tuttavia non ottenne parere favorevole da parte della Commissione Edilizia Comunale. Il Consorzio presentò ricorso al Tar che lo accolse favorevolmente. Nel frattempo però molte cose erano cambiate.
Era tramontata l’era dei Cavalieri e si era approdati a quella dei Commissari straordinari che ne cominciarono a gestire le imprese, e con esse il Consorzio. Parallelamente era mutato il punto di vista sull’area, alla quale vennero finalmente riconosciuti i valori paesaggistici, ambientali e socio-culturali che fino ad allora non erano stati presi in considerazione.
Il Consorzio, nel 2016, decise di avviare una pubblica consultazione che si esprimesse sull’utilizzo delle aree di sua proprietà. Le proposte avanzate furono numerose: dal parco minerario, agli orti di Cibali, dal social housing, ad insediamenti polifunzionali con forte presenza di attività commerciali.
Oggi del Centro Direzionale di Cibali non si parla più.
La concessione del Comune per realizzare un supermercato Eurospin ai confini di quest’area ha riacceso in parte su di essa i riflettori, suscitando reazioni allarmate da parte dei residenti più prossimi, degli appassionati dell’Etna e delle nostre lave, oltre che dei piccoli commercianti della zona.
Preoccupa la facilità con cui la Pubblica Amministrazione concede permessi per la costruzione di strutture commerciali in aree destinate a servizi pubblici, dimostrando così di ignorare gli interessi della collettività e di sostenere di fatto le speculazioni dei privati.
Decisioni non comprensibili, quelle dell’Ufficio Urbanistica, considerato che – come Argo ha già scritto – una sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa aveva convalidato un precedente diniego e respinto il ricorso dei privati.
Se aggiungiamo a queste preoccupazioni, lo stato miserevole in cui versa l’esiguo verde pubblico cittadino e la scarsa attenzione per i beni comuni propria dei catanesi, dobbiamo probabilmente rallegrarci del fatto che ci siano ancora in città spazi verdi, per quanto piccoli ed assediati dal cemento, che vivono la loro vita senza bisogno dei nostri interventi di cosiddetta ‘valorizzazione’.
Potere economico prepotente contro il buon senso. ..sconfitta annunciata!!!
Un Tuttocittà del 2004 a pag.17, tavola 9, riporta un Parco Monte Po, fra i fiumi Acquicella e Acquasanta . Dovrebbe contenere lo stadio per la corsa delle bighe raffigurato dallo Spannocchi. So che è stata scavata una delle grandi stalle a ovest. Può darsi che la nuova stazione di Bicocca “morda” parte del Parco. Non ho notizie . Appartiene al Comune ? E’ coltivata a orti. Ad est la via Fossa della Creta. Se fossimo fortunati sotto la creta potremmo trovare la fossa del grande stadio ,copiato, nel V sec. , da quello di Bisanzio.