Troppo piccola per contenere migliaia e migliaia di ragazze e ragazzi, delle scuole catanesi di ogni ordine e grado, che hanno risposto all’appello di “Fridays For Future”, dando vita, anche ai piedi dell’Etna, a una ‘incredibile’ manifestazione, come non si vedeva da tempo.
Accanto a loro tante/i docenti dietro gli striscioni delle singole scuole, a chiudere il corteo le bandiere dei COBAS e della CGIL, che, insieme ad altre associazioni sindacali, avevano proclamato, per il 27, lo sciopero.
Un’unica preoccupazione e una medesima consapevolezza sembrava accomunare tutti i partecipanti: non si può perdere altro tempo, bisogna cambiare, ora, le scelte economiche e sociali che hanno determinato l’attuale crisi ambientale. E infatti, in tanti striscioni e cartelli era riproposto lo slogan “Cambiamo il sistema, non il clima”.
Un sentire comune, evidentemente più o meno profondo e motivato, perchè non per tutti forse è chiaro che, con le nostre scelte quotidiane, finanziamo un sistema economico fondato sullo sfruttamento ad libitum delle risorse mondiali, in primis di America Latina ed Africa.
Si è iniziato comunque un percorso, tanto è vero che, qualche giorno addietro, venerdì 24 settembre, duecento insegnanti e diversi ragazzi si erano confrontati, a Catania all’interno di un corso di aggiornamento promosso dal CESP/Cobas, interrogandosi su ciò che la scuola può/deve fare per intervenire su questi temi nei quotidiani percorsi curricolari. Ragionando, in particolare, sull’attuale situazione nella quale all’uomo e alla sua attività sono attribuite le cause principali dei cambiamenti territoriali, strutturali e climatici.
In un contesto nel quale la natura, in tutte le sue manifestazioni, è diventata “oggetto” di scambio e l’ambiente è concepito come risorsa infinita e gratuita. In un orizzonte caratterizzato dal continuo aumento della produzione e dei consumi. Ancora poco consapevoli, tutti noi, di contribuire, con i nostri liberi “stili di vita” energetici, alle ingiustizie sociali che il sistema energetico fossile alimenta.
Ecco perchè modificare gli stili di vita, a partire dalla quotidianità scolastica (liberarsi della plastica, ricordarsi che l’acqua è un bene comune, differenziare…), rappresenta, se realmente condiviso e praticato, un primo coerente passo in avanti.
Un passo non facile, considerato che ognuno dovrebbe essere disposto a rinunciare ad abitudini, mode, comodità, agi, convenienze, vantaggi.
Ci sono poi dei comportamenti collettivi e delle scelte amministrative e politiche davanti alle quali dovremmo essere più vigili e pronti ad intervenire.
Davanti al problema dello smaltimento dei rifiuti, per esempio.
I ragazzi che sono andati in delegazione dal sindaco avrebbero forse dovuto e potuto chiedere conto e ragione del fatto che a Catania non si riesca a fare una raccolta differenziata degna di questo nome anche se i cittadini, quindi i loro genitori, sono costretti a pagare (almeno quelli che lo fanno) tariffe esorbitanti, come se la si facesse davvero.
E che dire delle scelte urbanistiche che continuano a privilegiare cemetificazione e consumo di suolo?
Perchè non andare in delegazione anche dal Provveditore agli studi e chiedere perché il Ministro, oltre che giustificare l’assenza ‘per corteo’, non emani una circolare che vieti l’istallazione nelle scuole di macchinette per vendere bottigliette di plastica da mezzo litro d’acqua e renda obbligatorio fornirsi di borracce da riempire a scuola con l’acqua del rubinetto adeguatamente controllata?
Non basta, infatti, come ha fatto il ministro dell’Istruzione, Fioramonti, apprezzare pubblicamente e dichiarare di condividere le ragioni della manifestazione. Chi governa non deve “dare permessi” a chi manifesta, deve modificare politiche e priorità, altrimenti ogni condivisione pubblicamente ‘sbandierata’ rappresenterà l’ennesima presa in giro.
Finora la politica si è mostrata incapace, a livello globale, di individuare e praticare strade alternative, “chiudi una miniera di carbone e potrai attenuare il riscaldamento globale per un giorno; interrompi i rapporti che costituiscono la miniera di carbone e portai fermarlo una volta per tutte”.
Ecco perchè, adesso, dopo una bellissima manifestazione, inizia la parte più difficile. Chi si è mobilitato dovrà mantenere alta la tensione per venire effettivamente ascoltato e, al contempo, dovrà impegnarsi in prima persona per modificare gli stili di vita, e di consumo.
Altrimenti questo movimento corre il rischio di suscitare solo clamore e scuotere – più o meno sentimentalmente – l’opinione pubblica.
Io abito accanto alla Diaz di via Basile : esattamente di fronte ci sono molti cassonetti dei rifiuti (tre dei quali perennemente aperti per i rifiuti non recuperabili)e la scuola non fa la differenziata…o comunque non la fa di certo l’impresa di pulizie
A buttare i rifiuti diligentemente differenziati siamo in pochissimi, per lo più anziani e scoraggiati.
Inoltre, come se non bastasse, dietro i cassonetti ci sono una decina di contenitori di plastica sempre pieni di cibo per gatti maleodorante e pieno di insetti e blatte !
L’ho segnalato con foto continuamente e…inutilmente : penso che sia un bellissimo spettacolo molto istruttivo per gli scolari!
Peggio ancora accanto al Centro Astalli in via Tezzano dove c’è una discarica perenne di mobili,vestiti smessi e sdruciti “buttati” per i migranti e rifiuti edili : qua il bell’esempio è per gli immigrati a cui poi con odio tutti rimproverano di essere incivili! L’addetto alla pulizia stradale che incontro ogni mattina si è rifiutato di eliminare il pane bagnato lasciato per i piccioni perchè “la signora che glielo lascia non vuole”…
Elvira Iovino