‘Hanno ammazzato il compagno La Torre, tutti al Politeama’, un passa parola che in un istante portò nel centro di Palermo centinaia di cittadini, in un’epoca nella quale non c’erano cellulari né computer.
Era il 30 aprile del 1982, Pio La Torre venne ucciso, in un agguato, insieme con Rosario Di Salvo.
Ai funerali, oltre a Enrico Berlinguer e ai maggiori dirigenti del Partito Comunista Italiano, fu presente l’allora Presidente della Repubblica, Sandro Pertini.
Migliaia furono i partecipanti, provenienti da tutta la Sicilia, che, peraltro, contestarono e fischiarono l’intervento dell’allora presidente della Regione, Mario D’Acquisto, esponente della corrente andreottiana della D.C.
Lo stesso che, pochi mesi dopo, ‘rimproverò’ il generale dalla Chiesa per aver affermato in un’intervista: “Oggi mi colpisce il policentrismo della Mafia, anche in Sicilia, e questa è davvero una svolta storica. È finita la Mafia geograficamente definita della Sicilia occidentale. Oggi la Mafia è forte anche a Catania, anzi da Catania viene alla conquista di Palermo. Con il consenso della Mafia palermitana, le quattro maggiori imprese edili catanesi oggi lavorano a Palermo. Lei crede che potrebbero farlo se dietro non ci fosse una nuova mappa del potere mafioso?”
La Torre era tornato da circa otto mesi nella “sua” Sicilia, assumendo l’incarico di segretario regionale del P.C.I. In una fase storico-politica , come si legge nella relazione di minoranza della Commissione Antimafia, del 1976, nella quale “il sistema di potere mafioso è entrato ormai irrimediabilmente in crisi anche a Palermo. Ne sono una testimonianza gli ultimi sviluppi della lotta politica all’interno della DC palermitana”.
Lotta all’interno della Democrazia Cristiana, ma anche rottura della “non belligeranza” fra la mafia e la stessa D.C.
Come scrive Salvatore Distefano, “Cominciò così la strage degli uomini della DC che avevano bisogno di una ‘lezione’: caddero in quel contesto Michele Reina (9 marzo’79), segretario regionale della DC, e Piersanti Mattarella (6 gennaio ’80), presidente della Regione.
La morte di Mattarella, diventato da ultimo il volto pulito della DC, aprì la strada ad una drastica involuzione: nel partito democristiano presero il sopravvento andreottiani e fanfaniani, capaci di operare quella controsvolta che bloccherà qualsiasi forma di rinnovamento del partito democristiano”.
Ancora, “tra l’estate dell’Ottanta (omicidio del giudice Gaetano Costa, 6 agosto ’80)) e l’apertura del maxiprocesso (febbraio 1986), l’attacco di Cosa Nostra alle istituzioni e alla forze antimafiose sarà violentissimo, ma proprio per questo nascerà una nuova coscienza e una nuova consapevolezza dell’entità dello scontro, che vedrà in prima fila soprattutto i giovani.
Nacque, così, quella che è stata definita la ‘primavera’ di Palermo”, nella quale apparve un’altra Sicilia: quella di una forza civile di massa, che per affermarsi e svilupparsi deve sostenere le istituzioni statali che si battono contro il potere mafioso”.
In questo quadro, l’arrivo di La Torre determinò il ritorno del P.C.I. siciliano a una coerente politica di opposizione. Come sottolinea Distefano, “ il segretario regionale del PCI stava organizzando, insieme con altre forze politiche e diversi gruppi di base, un grande movimento di massa contro l’installazione dei missili americani a Comiso ed era riuscito a fare varare dal Parlamento una famosa legge idonea a rendere finalmente perseguibile come specifico reato l’associazione mafiosa e a colpire al cuore, nelle strutture finanziarie e nei patrimoni gli interessi dell’economia mafiosa”.
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Ricorda Distefano, “Pio La Torre trascorse, dunque, in Sicilia otto mesi e capì che la società era profondamente mutata rispetto a quella nella quale era cresciuto e aveva cominciato a lottare; quella fatta di muratori, braccianti, nuclei di operai, ai quali si contrapponevano proprietari fondiari, mafia agraria e poteri repressivi dello Stato.
E diversa anche dagli anni ’60, gli anni del fallimento dell’industrializzazione e dei guasti profondi, politici e morali, del centro-sinistra, trascorsi a contrastare le divisioni del movimento operaio, l’indebolimento della sinistra di classe, l’avvento nelle città sempre più grandi di una nuova mafia urbana e feroce e in piena espansione.
Ma la Sicilia degli anni Ottanta è anche la Sicilia di Comiso, che nell’agosto del 1981 era stata indicata come base degli euromissili e che immediatamente diventò il punto di riferimento di un nuovo movimento per la pace, nel quale, pur con difficoltà, si univano culture e pratiche politiche diverse, anche se per molti aspetti provenivano da basi comuni.
La prima grande manifestazione, l’11 ottobre del 1981, fece capire che si stava creando un movimento di massa organizzato con caratteri simili e al tempo stesso diversi da quelli del secondo dopoguerra (partigiani della pace).
La Torre fu tra coloro che capirono la novità e gettò un ponte tra passato e presente; comprese, peraltro, che con la stessa forza bisognava combattere la mafia, sempre più complesso criminale, economico, finanziario e politico, che rischiava di insidiare seriamente non solo la vita democratica dell’isola, ma la stessa democrazia italiana.
E col sacrificio della sua vita ha mostrato a tutti noi quanto fosse importante l’impegno in questa direzione”.