Da aprile sono diventate legge le “Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché [le] misure per il contrasto dell’immigrazione illegale” contenute nel decreto Minniti.
Ci soffermiamo oggi sul primo aspetto della legge, l’obiettivo di rendere più rapida la gestione delle richieste di protezione internazionale, con particolare riferimento all’esame dei ricorsi avverso le decisioni delle Commissioni Territoriali.
Tre erano i gradi di giudizio previsti in precedenza per i richiedenti asilo che decidevano di opporsi alla decisione della Commissione Territoriale: il primo ricorso al tribunale ordinario, un successivo eventuale ricorso in Corte d’appello e, un terzo grado di giudizio da presentare alla Corte di Cassazione.
La legge Minniti-Orlando abolisce il secondo grado di giudizio: niente appello dunque se il giudice di primo grado respinge il ricorso. I ricorrenti più audaci potranno direttamente saltare alla Corte di Cassazione …ma, si badi bene, non tutti gli avvocati possono presentare un ricorso in Cassazione, Corte che peraltro difficilmente si pronuncia sul merito della storia personale del ricorrente, quanto su aspetti più tecnici dell’iter procedurale.
Sempre allo scopo di velocizzare, il giudice non dovrà sentire il migrante e interloquire con lui, gli basterà acquisire ed utilizzare la videoregistrazione della audizione in Commissione Territoriale.
Solo se la visione del video non dovesse appagare la sete di giustizia dei giudici più scrupolosi o nell’ipotesi in cui il video non fosse disponibile, allora giudice e ricorrente potranno parlarsi. Altra chance per il ricorrente di parlare con il giudice: richiederlo espressamente con istanza motivata.
Sempre nell’ottica di velocizzare, i termini per presentare questo tipo di ricorsi non verranno più sospesi nel mese di agosto, come è avvenuto fino ad oggi. Difficoltà anche per gli avvocati: in alcuni casi specifici il gratuito patrocinio non sarà riconosciuto, ma questo si scoprirà solo alla fine del processo.
L’iter per ottenere la protezione internazionale (unica procedura che permette di regolarizzarsi in Italia) viene quindi accorciato tagliando dei pezzi, come se quei pezzi non fossero importanti per la valutazione complessiva.
A valutare i ricorsi sarà un giudice monocratico di una delle 26 sezioni, specializzate in materia di immigrazione e protezione internazionale, appositamente istituite. In prima battuta, comunque, la valutazione sul diritto alla protezione resta ad un organo amministrativo, la Commissione.
Discorso diverso è quello relativo ai minori, e contiamo di tornarci.
Molte le critiche a questa legge da parte di varie associazioni impegnate nel sostegno ai migranti.
Velocizzare i procedimenti non dovrebbe comportare la lesione dei diritti dei richiedenti asilo che ormai non avranno le stesse garanzie degli altri cittadini e non potranno esporre con chiarezza al giudice le ragioni che li hanno costretti a venire in Italia. Guardare una videoregistrazione non è la stessa cosa che porre precise domande e avere le relative risposte.
Per adesso, comunque, di effetti acceleranti non se ne vedono, non solo a Catania, ma un po’ in tutta Italia. Solo alcuni tribunali iniziano a dotarsi dell’aparecchiatura per vedere i video, ma prima serve che le Commissioni si dotino della tecnologia per fare questi video e per trascrivere in contemporanea su pc.
Una cosa che, probabilmente, nessuna Commissione sta ancora facendo. Probabilmente si aspetterà l’esito di un concorso indetto dal Ministero dell’Interno per l’assunzione di nuovi 250 funzionari che lavoreranno nelle Commissioni.
Impossibile, quindi, per adesso rispettare i tempi stretti previsti dalla nuova legge, 30 giorni per il ricorso avverso le decisioni della Commissione Territoriale, 60 giorni per arrivare al decreto del giudice, quattro mesi per la durata massima di tutto il procedimento.
In mancanza di videoregistrazioni, i tempi di fissazione delle udienze per sentire i ricorrenti restano fermi ad un anno circa dal deposito del ricorso.
Bisogna infatti tenere conto del numero altissimo di fascicoli continuamente assegnati ad ogni giudice e della necessità di chiudere i procedimenti pendenti che risalgono agli anni precedenti.
Se, per un ricorso fatto nel maggio 2017, l’udienza di comparizione è fissata nel dicembre 2018, cosa faranno i richiedenti asilo che non hanno trovato posto nelle strutture di accoglienza? Abbandonati a se stessi, rimarranno sulla strada. Nessun programma è stato predisposto per gestirli, neanche temporaneo. Soltanto una legge che “velocizza”, sulla carta. Almeno fino ad ora.
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