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Stretto di Messina, un Ponte di bugie

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Il ponte sullo Stretto non servirebbe allo sviluppo economico del Sud, non garantirebbe un più efficiente sistema dei trasporti, non ha alle spalle un progetto approfondito e affidabile, non verrebbe realizzato con fondi privati.
Chi dice il contrario fa affermazioni false, come false sono le promesse fatte a suo tempo sul costo dell’opera, sulla durata dei lavori, sulle ricadute occupazionali.
Di tutti questi aspetti Argo si è occupato per anni con vari approfondimenti che oggi proveremo a sintetizzare.
Sebbene, allo stato attuale, in seguito a decisioni prese dal governo Monti, il progetto del Ponte sia stato cancellato, capita talora, come è accaduto ieri al gazebo di piazza Stesicoro a Catania, che i suoi nostalgici si facciano sentire rinnovando prospettive e promesse infondate.
Continuano a prospettare illusorie promesse di posti di lavoro, come ha fatto di recente anche Renzi e non citano il fatto paradossale che la società che doveva realizzarlo, in liquidazione, ci costa ancora milioni di euro e chiede indennizzi.
L’Unione Europea ha, invece, di fatto bocciato il progetto, escludendo il ponte dalle opere pubbliche da finanziare e cancellandolo dalla lista dei dieci corridoi delle Reti transeuropee (TEN-T) di trasporto.
Non approfondiremo oggi il tema del rischio sismico, segnalato dal noto geologo Angelo Tozzi, e delle interferenze mafiose, segnalate dalla stessa Direzione investigativa antimafia. Ci soffermeremo su altre questioni, documentate e consolidate.

Problemi tecnici

Sul progetto del Ponte si sono espressi tecnici di chiara fama, per bocciarlo
Materiali_ponteRemo Calzona, ad esempio, ingegnere strutturista così affermato da essere stato nominato presidente del “Comitato tecnico-scientifico per la verifica della fattibilità del Ponte sullo Stretto”, prima dall’Anas e poi dal governo.
Le sue osservazioni sul progetto riguardano innanzitutto la scelta della campata unica e il sistema di cavi portanti.
Secondo Calzona le tecnologie disponibili non permettono di supportare questa soluzione progettuale estremamente pesante, che finisce per dover soprattutto sorreggere se stessa.
A suo parere, un manufatto così sarà realizzabile solo quando sarà disponibile un acciaio molto più leggero e molto più resistente di quelli attualmente in commercio.
Esclude l’utilizzo del ponte quale collegamento ferroviario, sebbene questo servizio sia parte integrante della valutazione economica, soprattutto a causa delle traslazioni laterali dovute all’azione del vento, che rendono comunque problematico l’utilizzo sicuro del ponte.
Il tecnico si sofferma anche su alcune problematiche, inspiegabilmente sottovalutate o sottaciute negli elaborati di progetto, relative alla situazione geomorfologica dell’area.
Di approssimazione nei calcoli presenti nel progetto ha parlato un altro ingegnere stutturista di chiara fama Antonio Maria Michetti, i cui dubbi non furono sciolti nemmeno nel corso del pubblico contraddittorio con alcuni colleghi progettisti della struttura.
Il giudizio espresso sul progetto di massima da Franco Di Majo, già docente di Costruzioni Ferroviarie al Politecnico di Torino ed esperto di fama internazionale, è drastico. Nell’articolo “Il ponte sullo Stretto di Messina: i pericoli di una scelta affrettata”, leggiamo “Il Progetto di Massima, così come è stato depositato, è praticamente inservibile. Decine di migliaia di pagine di tabulati, grafici, calcoli, dei quali peraltro vengono date spiegazioni molto sommarie, creano soltanto disorientamento e non permettono di valutare correttamente la validità delle soluzioni proposte”
Quando il progetto viene trasmesso al Consiglio Superiore dei LLPP (aprile 1997) per il relativo parere, tutte le commissioni evidenziano il fatto che esistono ancora molte incertezze in merito alle soluzioni tecniche innovative, proposte senza adeguati studi di supporto.
Le osservazioni più rilevanti riguardano la deformabilità trasversale e longitudinale dell’impalcato e la riparabilità delle strutture, per le quali si dovrebbero prevedere particolari strategie di manutenzione straordinaria o di sostituzione parziale o totale di elementi strutturali, quale ad esempio i cavi portanti. Una sostituzione che è impossibile anche immaginare e che è stata ufficialmente esclusa dalle basi di progetto.
Quanto alle deformazioni orizzontali e verticali dell’impalcato, e alla sua rotazione trasversale, viene previsto un programma di limitazioni al traffico circolante, compresa l’eventualità – non eccezionale – di totale blocco dell’intero sistema in caso di vento forte o di distribuzione asimmetrica dei carichi.
Dopo l’analisi di questi e di altri aspetti tecnici, su cui non ci soffermiamo, il parere conclusivo del Consiglio Superiore dei LLPP è tuttavia positivo [(!)]. Una risposta in evidente contrasto con quanto osservato via via.

Su chi ricadrebbero i costi.

Una serie di artifici contabili sono stati realizzati per tenere il progetto fuori dal bilancio dello Stato, ma in realtà sarà la collettività a pagare.

L’incarico per la costruzione e gestione del progetto è stato assegnato alla Società Stretto di Messina spa, il cui azionista di maggioranza è l’Anas (81,8), mentre il resto delle quote sono detenute da RFI (Rete ferroviaria italiana), dalla regioni Calabria (che ne è uscita nel dicembre 2009) e Sicilia. Il finanziamento di 2,5 miliardi è di Fintecna, di proprietà del Ministero del Tesoro. Tutti soggetti pubblici.
I restanti 3,5 miliardi occorrenti, secondo il progetto, per completare l’opera si prevedeva che venissero reperiti sul mercato e quindi forniti da privati.
Secondo la stessa relazione che accompagna il progetto, però, la costruzione del Ponte potrà essere remunerativa per un privato solo se il PIL cresce del 3,5 % l’anno. Una ipotesi assolutamente improbabile già allora e assurda ai nostri giorni. I privati quindi non si sono fatti avanti, tanto meno si troverebbero adesso, nonostante lo Stato si sia impegnato a coprire la differenza tra gli introiti previsti e il reale ritorno di cassa dei pedaggi, in caso di incassi inferiori alle aspettative.
Non è credibile, inoltre, il periodo previsto di durata dei cantieri, 5 anni. L’opera che più somiglia al Ponte, lo Store-Baelt in Danimarca, con una lunghezza complessiva (impalcato e raccordi ferroviari ed autostradali) pari alla metà del ponte è stato costruito in 10 anni dalle migliori imprese di ingegneria mondiale. Come è pensabile che un’opera doppia sia realizzata nella metà del tempo?
Non è credibile, su questa base, neanche la stima del costo economico del progetto: i 6 miliardi previsti saranno largamente insufficienti. Significherebbe indebitare le prossime generazioni per un’opera che non serve e che, soprattutto, non serve ai siciliani ed ai calabresi.

Le proiezioni sui flussi di traffico

Le previsioni sulla quantità di mezzi (auto, tir, treni, …) che utilizzeranno il ponte e pagheranno il relativo pedaggio sono errate ed infondate.
Sono da escludere dal calcolo il traffico merci di lunga distanza, che si svolge prevalentemente via nave, e il traffico passeggeri di lunga distanza, che viaggia in gran parte in aereo. Restano da analizzare il traffico merci a breve distanza, che è di entità trascurabile perchè Sicilia e Calabria producono gli stessi tipi di beni, e il transito locale delle persone, quello numericamente più consistente.

I passeggeri del traffico locale, tuttavia, non troveranno conveniente usare il ponte: dovrebbero prima attraversare la città e percorrere circa 50 kilometri fra raccordi e tratti di autostrada, per salire e scendere dal ponte. Impiegherebbero più di un’ora e dovrebbero pagare un pedaggio non certo a buon mercato. Paradossalmente con il traghetto si impiega molto meno, e soprattutto il costo è molto più basso. Inoltre sarebbero costretti ad usare l’auto ogni giorno, mentre il 75 % degli spostamenti avviene oggi senza macchina.
Quanto ai numeri, sul ponte si prevede che debbano passare 100.000 persone al giorno. Ma perché ne dovrebbero passare 100.000 se oggi solo 15.000 passeggeri attraversano lo Stretto? Secondo i dati della Capitaneria di Porto, negli ultimi anni, gli attraversamenti si sono ridotti, di camion, passeggeri, auto, treni passeggeri e treni merci.
Se le previsioni sono sbagliate per eccesso, non sarà possibile recuperare i costi con i pedaggi e quindi i costi di costruzione non recuperabili e non recuperati ricadranno sulle società affidatarie dell’opera, ANAS e Ferrovie dello Stato, “private” per burla.

I soldi del ponte per la messa in sicurezza del territorio

Con questo slogan nel maggio del 2011 si svolse una manifestazione che, più che una protesta “contro” il ponte, voleva portare avanti una proposta “per” un uso delle risorse che rispondesse ai problemi del territorio. E’ questa infatti la vera emergenza, come dimostrano i disastri provocati dalle alluvioni.
Il denaro pubblico dovrebbe essere utilizzato per mettere in sicurezza degli edifici pubblici, per risolvere il problema abitativo di coloro che ancora vivono nelle baracche, per adeguare e ammodernare le infrastrutture esistenti, a cominciare dal potenziamento delle ferrovie siciliane.
La messa in sicurezza del territorio, oltre a salvaguardare le nostre vite, darebbe anche una risposta concreta al problema della mancanza di lavoro, molto più di quanto previsto dai promotori del Ponte, che prevedono (ottimisticamente) di impiegare circa 4500 unità lavorative (non i 100.000, millantati da Renzi). Ben poca cosa rispetto al numero di operai a cui si potrebbe dare lavoro investendo nella riqualificazione del territorio, urbano e rurale.

7 Comments

  1. Gentile Argo, dopo aver letto il vostro articolo sul ponte sullo Stretto sento l’esigenza di fare alcune precisazioni: il progetto definitivo del ponte sullo Stretto risale al 2010, mentre voi avete fatto analisi e valutazioni critiche sul progetto preliminare, prendendo come riferimento lo stesso Remo Calzona, querelato dalla Stretto di Messina nel 2008 (prima della consegna del progetto definitivo) e condannato per diffamazione nel 2011. Insomma, il copia e incolla da voi realizzato è di buon livello, peccato che prenda in considerazione il progetto preliminare avente limiti superati dal progetto definitivo. i porti di Catania e Augusta hanno potenzialità enormi, sfruttabili solo con il ponte sullo Stretto ed una linea ferrata adeguata. Si ponte, viva l’informazione corretta.

  2. ma davvero qualcuno pensa che, se avessimo il ponte, in Sicilia le comunicazioni migliorerebbero? strade e ferrovie dell’isola diventerebbero forse più curate, efficienti e funzionali? Lasciate il ponte nel mondo dei sogni e dateci quello che ci serve oggi, nella quotidianità. Non voi di Argo, evidentemente, ma chi ci governa

  3. Notizie superate dalla storia e personaggi condannati per diffamazione.Il ponte è altro. E’ speranza di progresso e di sviluppo, contro il nulla che gli si oppone. E’ unica possibilità di far arrivare la tav in Sicilia, e di non rimanere esclusi dall’opera di velocizzazione ferroviaria in corso in tutta Europa e nell’intero universo mondo. E’ possibilità, reale e concreta, di intercettar nei porti e avviare su ferro la merce del raddoppiato Suez che adesso ci passa sotto il naso con uno sberleffo. E’ risparmio di un paio d’ore nella traversata e grande agevolazione per il turismo ed esso stesso una eccezionale attrazione turistica. E’ un brand, al pari di torre eiffel (valutato in 500 MILIARDI) e statua della libertà e colosseo, da sfruttare e monetizzare. E’ la creazione di migliaia di posti di lavoro per diversi anni, con la immensa capacità, dovendosi raccordare ad autostrade e ferrovie esistenti, di far da volano e da traino e da apripista al rifacimento della intera rete viaria isolana. Quanto alle critiche sugli aspetti prettamente tecnici, già confutate in ogni modo e in ogni luogo, il fatto che non esistano validazioni e sperimentazioni contrarie e prove sismologiche e gallerie del vento e calcoli e soluzioni evvia ecceterando, che dimostrino scientificamente, e non arbitrariamente, che il progetto DEFINITIVO è poggiato su dati errati, mostra e dimostra che una tale avversione possa essere frutto soltanto di ingenuità tafazzica, avversione politica, fanatismo ambientalista o interessata malafede. E se a pensar male si fa peccato, ma…
    Auguri, Sicilia.
    Antudo! Riso ai cuori, alta la fronte,
    alla Sicilia, ai Siciliani, al Ponte!

  4. Ringraziamo Gianfranco per le osservazioni fatte che ci danno l’occasione di rettificare qualche notazione ed aggiungere alcune considerazioni omesse per non rendere troppo lungo e pesante l’articolo.
    E’ vero il costo del Ponte aggiornato al progetto definitivo non è 6,3 miliardi di euro, è ulteriormente lievitato a 8,5 milardi, oltre il doppio della offerta di 3,8 con cui la Impregilo si aggiudicò l’appalto.
    Il professor Calzona, autore fra l’altro del libro “La ricerca non ha fine. Il ponte sullo Stretto di Messina.” Ediz. italiana e inglese – Editore DEI, è stato condannato per diffamazione su querela della “Stretto di Messina” per aver affermato che la stessa aveva nasosto (cancellato) in uno degli elaborati di progetto la linea di faglia sotto la pila calabra del ponte.
    Calzona in realtà sembra aver utilizzato un elaborato grafico del ponte interpretandolo in modo erroneo.
    Ma la condanna non invalida le considerazioni critiche ed i contenuti delle circa quattrocento pagine del libro.
    E la pila calabra (come tutto il ponte) è effettivamente prevista dove diversi sistemi di faglie profonde convergono e interferiscono in una delle zone geodinamicamente attive d’Italia.
    http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/09/30/ponte-sullo-stretto-il-sismologo-uno-dei-punti-piu-cruciali-e-ci-potrebbero-essere-faglie-che-non-conosciamo/3063618/
    C’è poi una fonte che vogliamo citare: un convegno del 2010 organizzato presso l’Ordine degli Ingegneri di Catania
    Principali protagonisti della giornata due ospiti stranieri : il danese Klaus H. Ostenfeld, Presidente Onorario della COWI, l’azienda che ha progettato il Ponte sullo Stretto, e il Cinese Man-Chung Tang, Presidente della T.Y. Lin International, un’azienda con sede a San Francisco, prestigiosissima società di consulenza che fornisce servizi completi di ingegneria, tecnica e architettura per la progettazione dei ponti più complessi, difficili e con strutture speciali.
    Dopo le relazioni retoriche della mattina, in presenza delle Autorità, nel pomeriggio si è entrati nel dettaglio di alcuni problemi tecnici rispondendo con franchezza alle domande degli ingegneri in sala.
    Erano ancora aperti e non risolti problemi molto importanti. Ne citiamo alcuni a memoria
    1 – stailità laterale e percorribilità in caso di vento
    2 – il problema della corrosione degli impalcati esposti alla salsedine. Il ponte è progettato per una vita utile di 200 anni, ma va tenuto efficiente con la manutenzione. E’ possibile ispezionare e riverniciare le parti esterne, ma le strette parti derminali interne dei cassoni non permettono l’accesso e l’esecuzione di saldature.
    3 – Il problema posto dalla impossibilità di sostituire i cavi portanti, anche essi esposti alla corrosione da agenti atmosferici, da salsedine e da sollecitazione a fatica negli appoggi sulle pile. Nei ponti strallati si usano cavi multipli in modo da permetterne la sostituzione parziale progressiva a ponte scarico. In questo caso non è posssibile. Una delle ipotesi valutate pre vedeva la incamiciatura con una guaina e la pressurizzazione interna con azoto . . . su 3 km, ma in ogni caso non veniva risolto il problema della sollecitazione a fatica sulle pile causata dal ciclo delle dilatazioni termiche
    4 – la tensione degli elementi strutturali terminali dell’impalcato nel collegamento con le opere a terra. Sino ad allora tutte le prove condotte erano fallite arrivando alla rottura degli elementi testati
    5 – il funzionamento delle apparecchiature dei giunti di dilatazione stradali e ferroviarie sulle pile
    Il lettore afferma che i problemi sono tutti risolti. Ci permetta un po’ lo scetticismo di san Tommaso – ci indichi da quali fonti ricava questa certezza e dove possiamo trovare le informazion tecniche di dettaglio.

  5. Il lettore afferma, ma lo scrittore prenda nota che esiste un progetto DEFINITIVO, validato da uno sdilluvio di soggetti terzi di levatura mondiale e addirittura appaltato. Calzona confuse linee di faglia con linee statistiche, e questo, che procurò la condanna, se non fosse stato considerato dolo dalla magistratura, avrebbe potuto definirsi solo inadeguatezza e imperizia e incompetenza. Tutti i ponti sospesi dell’universo mondo, poi, hanno gli stessi problemi di cavi e corrosione e vento evvia ecceterando, con la sostanziale differenza che a tutti, tranne che al nostro, è consentito di svettare liberi e belli da decenni e decenni e decenni. E si santommasizzi pur come a ognuno meglio aggrada, considerando epperò la risposta ufficiale alle critiche costruttive e a quelle farlocche fornite dalla altissima professionalità e specializzazione dei soggetti interessati e coinvolti. Questa. Un maxi-documento contro le bugie sul ponte. http://www.ilcalcestruzzo.it/index.php?option=com_content&task=view&id=27740&Itemid=13

  6. Un ponte sullo stretto potrebbe funzionare : 1° se non esistessero i moderni e superveloci traghetti e mercantili; 2° se non esistessero gli alti costi di costruzione e di manutenzione del ponte e di adeguamento delle linee ferrate dal sud fino al nord Italia; 3° se madre natura affrancasse dai sismi la Sicilia e la Calabria.
    Finora purtroppo, i progetti ed i relativi apparati di un simile ponte, si sono rivelati una miniera per pochi ed una inutile e smisurata spesa per gli Italiani tutti.

  7. Caro Comitato Cittadino, ai tuoi “se”, un altrettanto controcantico trino:
    1° i moderni e superveloci traghetti e mercantili esistono in tutto l’universo mondo, epperò tutto quello stesso universo mondo, ove possibile, costruisce ponti a tinchitè, e questo la dice lunga sulla velocità e convenienza dei due sistemi di collegamento;
    2° i costi per la realizzazione del ponte non si discostano da quelli del mose, o della variante di valico che consente di risparmiare la bellezza di una decina di minuti, o dei valichi dei Giovi o dei trafori o delle autostrade ridondanti o dello sdilluvio di grandi opere che al nord si costruiscono comunque e a prescindere, mentre l’adeguamento delle linee ferrate, al sud in gran parte a binario unico, sarà comunque necessario per il raddoppio di quel binario, con l’inciso patriottico che se l’Italia può, anche noi può;
    3° madre natura non ha fatto particolarità e favoritismi, elargendo sismicità a piene mani, ma questo non ha impedito a zone altamente sismiche, quali ad esempio California e Giappone, di costruire ponti sospesi che rimangono in piedi da decenni nonostante siano stati realizzati con le tecnologie dei tempi. E anche qui sbummica spontaneo l’inciso che evidenzia la antisismicità del ponte nostro e che rileva, cinico e orrido ma realista, che in caso di sisma superiore al 7° grado, il ponte sarebbe una delle pochissime costruzioni a rimanere in piedi.
    Quanto al commento finale e fuori trino, che parla di miniera per pochi e inutile e smisurata spesa per tutti, spesa quantificabile, tra progetto e gestione società, in circa 600 milioni e che induce al sorriso se rapportata al costo plurimilionario di molti progetti provvisori e al costo miliardario per la loro realizzazione, c’è da rilevare che se mafia e politica e corruzione e malaffare avessero, negli anni, dovuto sopravvivere con i “quattro soldi” del ponte, si sarebbero estinti già da tempo.
    Salutamu e baciamo le mani.

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