Una scelta “eticamente censurabile e politicamente subalterna” di cui il nostro governo dovrebbe rendere conto all’opinione pubblica.
Così don Pino Ruggieri, professore emerito di teologia, già rettore della chiesa di San Nicola e oggi di San Vito, definisce il voto contrario dell’Italia al progetto di Risoluzione presentato pochi giorni fa all’Assemblea generale delle Nazioni Unite per mettere al bando le armi nucleari.
Della questione e del voto italiano, significativo per capire i reali indirizzi della nostra politica estera, si è parlato ben poco. Eppure la questione non è di poco conto
Gli effetti catastrofici dell’uso delle armi nucleari sono infatti “ben chiari e documentati”, ma esse sono le uniche armi di distruzione di massa non vietate dal diritto internazionale, mentre le armi chimiche e biologiche, le mine antiuomo e le bombe a grappolo sono proibite da Convenzioni internazionali.
Per le armi nucleari esiste dal 1970 il Trattato di non Proliferazione (TNP), in base al quale le potenze che avevano allora un arsenale nucleare (Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia e Cina) avrebbero dovuto progressivamente ridurre i propri armamenti di questo tipo.
Oggi abbiamo nuovi Stati nucleari, Israele, India. Pakistan e Corea del Nord, che non hanno nemmeno aderito al TNP.
Il Trattato di non proliferazione è comunque oggi del tutto inefficace e molti degli Stati che sono in possesso dell’arma nucleare stanno investendo pesantemente nella modernizzazione dei propri arsenali.
Con il peggioramento della situazione internazionale, siamo tornati vicini al rischio di guerra nucleare.
Lo segnala anche “The doomsday Clock”, cioè “L’Orologio dell’Apocalisse”, creato dai membri del Bulletin of the Atomic Scientists (Bas), che segna tre minuti a mezzanotte, ora simbolo dell’autodistruzione dell’umanità.
La Risoluzione approvata all’ONU prevede che si svolgano due Conferenze, nei mesi di marzo e di giugno-luglio, per negoziare uno “strumento giuridicamente vincolante” che vieti le armi nucleari in vista di una loro eliminazione totale. Sono invitati a partecipare tutti gli Stati membri, insieme alle organizzazioni internazionali e a membri della società civile.
Come era prevedibile le nazioni nucleari hanno espresso voto contrario e così hanno fatto molti dei loro alleati, compresa l’Italia e gli altri Paesi europei che ospitano armi nucleari sul loro territorio a seguito di un accordo NATO.
Il rinnovato arsenale nucleare in Italia, con chiavi di attivazione delle testate che restano però in USA, viene presentato come un grosso vantaggio per la nostra sicurezza. Dimenticando, o fingendo di dimenticare, che la presenza di testate nucleari sul nostro territorio rende l’Italia un obiettivo primario nel caso di un peggioramento dei rapporti con la Russia, che deve distruggere innanzi tutto le armi più vicine al suo territorio. Come era ben noto ai tempi della guerra fredda.
Non bisogna infatti dimenticare che il 93% delle circa 16.000 armi nucleari attualmente presenti nel mondo sono negli arsenali di appena due nazioni, gli Stati Uniti e la Russia
La votazione all’ONU è la conseguenza di una mobilitazione di lunga data, di cui sono state protagoniste le associazioni pacifiste coordinate dall’ICAN (Campagna Internazionale per l’abolizione delle armi nucleari).
“Un prezioso lavoro di mobilitazione che ha avuto lo straordinario merito di aver rilanciato il disarmo nucleare a livello di movimento popolare e non solo più come tema di discussione tra pochi addetti ai lavori”, secondo Lisa Clark dei Beati Costruttori di Pace organismo membro di Rete Disarmo.
Perchè si realizzi un vero disarmo sarebbe necessario – prosegue Clark – che il Trattato per la messa al bando delle armi nucleari avesse l’assenso delle potenze nucleari, un’ipotesi per adesso lontana. Ecco perchè sarebbe necessario “trasformare questo lavoro in un enorme movimento che entri dentro i meccanismi governativi delle potenze nucleari, facendo loro capire che quelle armi nei loro arsenali non sono il simbolo della loro potenza, ma solo la medaglia della vergogna che contraddistingue gli stati canaglia”.
Per quanto il progetto di Risoluzione Onu (noto come L.41) “possa apparire velleitario e ‘impossibile’ sul piano della real-politik – afferma ancora don Pino Ruggieri – esso testimonia, nel fine che si propone, un altrettanto forte desiderio da parte dei popoli della terra”.
Leggi il testo del progetto
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