Un rumore pari a 100.000 volte quello del motore di un jet, un inquinamento acustico con gravi effetti negativi sulla fauna marina. Viene prodotto dall’airgun, il metodo più utilizzato nella ricerca di idrocarburi nei fondali marini di tutta Italia, Canale di Sicilia compreso.
Un rapido rilascio di aria compressa produce una bolla che si propaga nell’acqua generando onde a bassa frequenza con impatti di tipo fisiologico, comportamentale, percettivo. Nei casi di esplosioni a breve distanza i danni fisici possono essere permanenti, coinvolgendo anche organi diversi da quelli uditivi e portando in alcuni casi al decesso dell’esemplare colpito.
Ecco perchè Legambiente ha lanciato una petizione in cui si chiede al Governo di vietare l’utilizzo di questo metodo che non porta vantaggi alla collettività nè in termini economici, nè di conoscenza scientifica e ambientale.
“Con il fallimento del referendum contro le trivellazioni si è persa una buona occasione per tutelare la biodiversità dei mari” scrive Legambiente. E non solo.
“Nel solo mese di giugno sono stati rilasciati 11 decreti per il nulla osta ambientale che riguardano tredici aree marine tra Adriatico, Ionio e Canale di Sicilia che potranno essere sottoposte ad attività di prospezione e ricerca attraverso airgun. Ad oggi sono 52 le istanze di permesso di ricerca e le istanze di prospezione presentate dalle diverse compagnie petrolifere nei mari italiani, per un totale di oltre 122mila chilometri quadrati, corrispondenti all’estensione di tutta l’Inghilterra.”
Sebbene al momento non esistano misure specifiche sul’airgun a livello europeo e nazionale, sono sempre più frequenti gli studi, i rapporti e i regolamenti internazionali che ne descrivono gli impatti e ne chiedono regolamentazione e riduzione.
Non mancano gli esempi di spiaggiamento di cetacei per i quali sono state accertate connessioni con ricerche petrolifere attraverso airgun condotte nell’area. Gli effetti negativi di questo sistema sono visibili anche sulle attività di pesca: uno studio del Norvegian Institute of Marine Research ha registrato una netta diminuzione del pescato intorno ad una sorgente sonora che utilizza airgun, con evidenti impatti economici nelle realtà territoriali interessate.
Il tema dell’airgun è stato al centro del dibattito parlamentare durante l’iter di approvazione della legge n.68 del 19 maggio 2015 che inserisce i reati ambientali nel codice penale. In quell’occasione “i rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari si sono schierati contro l’airgun”.
Per questo -conclude Legambiente- chiediamo con forza al governo “di dare attuazione agli impegni presi in sede di dibattito parlamentare e ai diversi ordini del giorno approvati in materia al Senato e alla Camera, a cui fino ad oggi non è stato dato seguito”.
Leggi e firma la petizione
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