Di recente le Soprintendenze siciliane sono entrate nella cronaca per le conferme e le nuove nomine dei loro dirigenti.
A noi, interessati alla difesa dei beni comuni, tanto più se attinenti al nostro patrimonio artistico, archeologico e paesaggistico, la questione è parsa importante e abbiamo voluto capirne qualcosa di più. Lo abbiamo fatto nel modo più semplice e accessibile ai comuni mortali, vale a dire spulciando su internet.
Trovare che i dirigenti in questione avessero a carico dei procedimenti giudiziari avrebbe potuto non stupirci, vista la delicatezza dei ruoli ricoperti, ma la natura degli avvisi di garanzia o anche delle sentenze passate in giudicato, non ci ha rassicurato facendo passare in secondo piano una domanda non meno importante, quella relativa alle competenze di questi soprintendenti.
Gli interrogativi sulle competenze si accompagnano a quelli sulle capacità della nostra amministrazione regionale (governatore, assessori e dirigenti) di valorizzare le risorse interne e collocare le persone al posto giusto, là dove possono dare di più e contribuire efficacemente alla tutela dei nostri beni.
Non a caso ci è parso poco convincente che una brava archeologa, già soprintendente ad Agrigento, come Caterina Greco sia stata messa a dirigere il centro regionale per il catalogo, una posizione che non richiede specifiche competenze scientifiche.
Qualche interrogativo potrebbe riguardare proprio Catania, provincia ampia e difficile, con grosse questioni di ordine paesaggistico, ma anche archeologico, affidata ad una nuova soprintendente, Maria Grazia Patanè, che ha al suo attivo solo la direzione della Biblioteca Regionale Universitaria.
Inquietanti i riscontri di tipo penale nella storia di alcuni soprintendenti appena nominati o riconfermati.
Tra le nuove nomine anche quella di Vincenzo Caruso, architetto agrigentino, chiamato a dirigere la soprintendenza di Caltanissetta.
Troviamo sul web che su di lui, “indagato dalla Procura della Repubblica di Agrigento, con l’accusa di lottizzazione abusiva, abuso edilizio, falsa perizia” per la la realizzazione di un complesso residenziale denominato “Borgo della Scala dei Turchi”, grava un rinvio a giudizio.
Il complesso di villette con piscina, posto a ridosso della scogliera, secondo la Procura sarebbe stato ideato e sviluppato in una situazione di totale illegalità per molteplici difformità rispetto alle autorizzazioni, violazioni di norme e vincoli.
Tanto più che, dal 1991, una legge vieta – a tutela del sito di “particolare pregio” – di realizzare qualsiasi opera edilizia.
La Procura ravvisa la collusione tra amministratori e tecnici di Realmonte, dirigenti della Soprintendenza di Agrigento, tra cui Caruso, e privati lottizzatori.
Tra i confermati l’architetto Calogero Rizzuto, che mantiene il ruolo di soprintendente a Ragusa.
Era stato in precedenza soprintendente a Siracusa, chiamato a sostituire la intransigente archeologa Beatrice Basile. A favore di Basile, considerata da molti “l’ultimo baluardo contro la speculazione edilizia a tutela e salvaguardia del patrimonio archeologico-paesaggistico”, si era mossa l’opinione pubblica con un appello al presidente Crocetta e la creazione di una “scorta civica” a sostegno.
Rizzuto ha al suo attivo un procedimento penale, concluso con un’assoluzione, per il ruolo svolto -quando era funzionario alla soprintendenza di Ragusa – nel permesso di ristrutturazione di una casa a mare, nel litorale di Ispica, di proprietà della moglie dell’ex governatore Raffaele Lombardo.
L’accusa era di abusivismo edilizio, essendo la costruzione collocata a meno di 120 metri dalla battigia, (limite previsto dalla legge) e l’assoluzione è intervenuta perchè la struttura era preesistente all’introduzione dei vincoli paesaggistici.
Resta aperto l’interrogativo su cosa si volesse realizzare con i lavori iniziati per ‘ristrutturare’ il suddetto edificio.
A Messina è stato riconfermato l’architetto Orazio Micali, condannato in primo grado e successivamente assolto per abuso d’atti d’ufficio e falso ideologico in atti pubblici.
Quasi da telenovela la vicenda di Micali. Nominato soprintendente a Siracusa nel 2012, al tempo del governatore Lombardo, viene rimosso dall’incarico per ‘rimodulazione’ dell’assetto del dipartimento Beni culturali, e successivamente reintegrato in seguito ad una sentenza del Tribunale del Lavoro. Proprio il giorno successivo alla riassegnazione, gli viene revocato l’incarico per “intervenuta condanna penale” e conseguente inconferibilità di incarichi dirigenziali (2014).
Nell’anno successivo, in seguito alla assoluzione da parte della Corte di appello di Messina, gli viene conferito l’incarico di dirigente responsabile del Servizio “S33 – Museo regionale di Catania”
Dal mese di maggio di quest’anno Micali è divenuto soprintendente a Messina, dove si è presentato come difensore dei beni comuni, e lì viene confermato.
Nulla da eccepire a livello formale, ma restano le tracce di forti prese di posizione contro di lui da parte di varie associazioni che ne avevano chiesto la rimozione per mancati interventi di tutela, concessione di controverse autorizzazioni e “apertura verso portatori di interessi privati”, mancata accettazione di richiesta di accesso agli atti, oltre che per ritardi nell’iter di approvazione del Piano paesaggistico e di istituzione del Parco archeologico.
N.B. gli articoli linkati in questo post sono solo una piccola parte di quelli, rintracciabili sul web, relativi alle questioni in oggetto, .
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