6, 7 e 12 maggio, dopo lo sciopero “plebiscitario” del 5, non si è fermata la protesta del mondo della scuola. Nelle tre date indicate, infatti, si sarebbero dovuti svolgere (rispettivamente nella scuola primaria, classi II e V e in quella secondaria di secondo grado, classi II) i test Invalsi.
Quelle prove, cioè, che attraverso un questionario a risposta multipla dovrebbero certificare competenze e conoscenze in italiano e matematica. In modo furbo, e sicuramente con una logica antisindacale (ma su questo deciderà la magistratura), l’Invalsi aveva fatto slittare le prove del 5, temendo che lo sciopero ne avrebbe vanificato la somministrazione.
Lo spostamento della data si è rilevato, però, un rimedio peggiore del male. In un numero impressionante di classi della scuola primaria, particolarmente in Sicilia, i genitori hanno deciso di non mandare i figli a scuola; nelle scuole superiori lo sciopero dei docenti e degli studenti ha prodotto il medesimo risultato.
Un fallimento eclatante dei ‘quiz’ che dovrebbe fare riflettere.
Viene contestata l’idea dell’addestramento alla performance, la rinuncia alla formazione di uno spirito critico, la semplificazione del giudizio, vale a dire di un’attività complessa, ridicolizzata dalla logica delle crocette.
Lo hanno denunciato anche molti intellettuali (da Luperini a Canfora, Da Settis a Israel).
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Soprattutto, nel clima di opposizione al disegno di legge Renzi-Giannini, è emerso che, nonostante le martellanti campagne mediatiche sui docenti fannulloni, genitori e studenti hanno fiducia nei loro docenti, ne riconoscono l’autorevolezza e comprendono quanto sia difficile lavorare nelle condizioni date.
Capiscono che le soluzioni ai tanti, troppi, problemi della scuola non possono venire riducendo la democrazia nelle aule, dando enormi poteri al preside-podestà, subordinando la scuola alle logiche aziendali.
Il confronto dovrebbe spostarsi sui contenuti dello studio, gli stili di apprendimento, l’organizzazione del lavoro didattico, la formazione dei docenti. Ma di tutto questo, avendo vinto la “logica dei tagli”, non si parla.
Il fallimento dell’Invalsi, vera architrave ideologica della scuola-azienda, ha dato nuovo slancio alla mobilitazione in difesa della scuola pubblica statale.
E mentre un numero ridotto di parlamentari alla Camera (pessimo segnale, rispetto a un progetto definito “epocale”) procede all’approvazione degli articoli del DdL, nel Paese proseguono le proteste.
Domani, martedì 19, alle 19,30 a Catania davanti alla Villa Bellini, fiaccolata, Venerdì 22 alle 11,00 presso l’Istituto Archimede (sempre a Catania) riunione provinciale di tutti gli eletti nelle RSU delle scuole di ogni ordine e grado.
Ma, soprattutto, i Cobas Scuola hanno proclamato lo sciopero degli scrutini, che avverrà, probabilmente, quando il disegno di legge sarà in votazione al Senato, dove i numeri sono meno favorevoli al governo.
Ce ne vogliono anni, perchè il buon senso cominci a circolare! e la strada è ancora lunga e piena di ostacoli! Speriamo e continuiamo a protestare