In questo mese di gennaio Giambattista Scidà, già presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, avrebbe compiuto 85 anni. Lo vogliamo ricordare pubblicando ampi stralci di una intervista esclusiva, rilasciata nel gennaio di 15 anni fa, per una ricerca del Censis su “Cultura dello sviluppo e cultura della legalità nel mezzogiorno”.
Chi lo ha conosciuto potrà riconoscere nell’intervista il suo linguaggio forbito e intraducibile. Abbiamo diviso le risposte per temi : la scarsa presenza dello Stato e del mercato; la violenza e la soppressione della opposizione da parte della criminalità organizzata, il consociativismo e l’assenza di una opposizione politica, l’ accettazione della dipendenza illegale di buona parte della società civile, sebbene alcuni non possano fare a meno di opporsi per “l’obbligo del mestiere di uomini anche senza speranza”.
“La criminalità organizzata non è nella società, ma è della società. Non si spiegherebbe senza i concreti contesti che ne hanno reso possibile la genesi, che le conferiscono senso e che le consentono il permanere nel tempo.
Che cos’è la criminalità organizzata di Catania se non un’attività di produzione di violenza che i criminali mettono a disposizione di imprenditori, di uomini politici, che può essere usata, come l’affare Fava dimostrò, per spegnere le voci critiche dell’opposizione pericolose, non dell’opposizione di profeti disarmati che possono sopravvivere e sopravvivono, ma di un profeta armato com’era Fava, e armato del giornale, di questo potentissimo strumento…”
Sistema politico
“La situazione potrebbe essere migliorata se lo Stato intervenisse con decisione, ma lo Stato è in mano a cerchie che si sono costituite grazie ad un consenso la cui formazione a sua volta è pilotata da quelle stesse forze contro le quali lo Stato dovrebbe intervenire.
Questo è il paradosso doloroso della storia dell’isola. Questo aiuta ad intendere l’intristimento di speranza e l’entità della delusione riferibili alle opposizioni. Perché questo gioco poteva essere spezzato o dalle opposizioni o dalla giustizia repressiva. Le opposizioni non si sono prestate a questa funzione mentre in realtà hanno prodotto un sotterraneo consenso.
Quanto alla giustizia, Falcone può fare quello che un Falcone si voleva che facesse solo nei confronti della violenza organizzata, se non contrastato dalle forze politiche. E’ necessario per chi vuole agire alla maniera di Falcone di intervenire in questo connubio spezzandolo. Si tratta cioè di indurre la politica all’adulterio rispetto al suo partner che è l’insieme della malavita organizzata.
Catania e la negazione della mafia
“C’è una provincia tra le siciliane – non c’è bisogno di dire quale – in cui si negò che la criminalità organizzata esistesse, che ci fosse mafia.
In queste aree gli altri mezzi di informazione, tutti i periodici italiani, assai vilmente si sono disinteressati, e i media locali hanno contribuito al costituirsi di situazioni devianti con il favore di un silenzio ancora più produttivo di apporti positivi…
Ricorderò soltanto questo: c’era Santapaola a Catania, ma di Santapaola e di ciò che egli rappresentava nessuno parlò, nessuno scrisse. Solo dopo la uccisione di Dalla Chiesa e la incriminazione di Santapaola un giornale scrisse che era un capo rispettato, un boss potente, uno a cui si doveva se non c’erano stati sequestri di persona nell’isola.
Certo quel che la società civile potrebbe fare se fosse capace è di importanza primaria: un voler conoscere, un volersi informare, un tallonare gli attuanti nella situazione. Io abito in un palazzo nel quale vive gente altissimamente qualificata dal punto di vista culturale e sono note le mie posizioni rispetto alla criminalità in genere e l’insistenza del mio chiedere il riarmo della città, cioè il controllo del territorio che non c’è nemmeno oggi come dovrebbe esserci e le indagini e che non ha mai avuto un cenno di compromissione al riguardo, nel senso concreto. Ma ho visto insorgere parecchi quando è stato commesso un furto. Allora sì.
Si è chiesto come mai la polizia non faccia questo e non faccia quell’altro. Ma per decenni, per un paio di decenni, si è lasciato che la polizia non esistesse. Questa è l’etica del cittadino, l’aura che ne avvolge l’azione, l’ispirazione più profonda “bada a te stesso, bada ai figli, non commettere sciocchezze. Chi te lo fa fare”.
Prospettive
“Mi dispiace dover dire che non saprei essere in nessun modo ottimista. Che anzi molto mi par peggiorare la situazione il fatto che l’opposizione sia venuta meno.
Il male profondo della città e della circoscrizione stava in questo: che al posto di una signora, l“opposizione”, personaggio più importante in una democrazia, che aveva sì casa con tanto di targa sull’uscio, c’è un uomo, cioè il consenso.
La spesa pubblica non ha come canale unico di uscita l’opera pubblica nel senso stretto, l’appalto. Si spende per tutto e si spende anche quando non si spende; quando si fa esercizio di potere per determinare il destino di entità di appartenenza privato.
Conclusione
“Se mi domandasse una conclusione io la estrarrei da un libro che non appartiene all’area della ricerca scientifica. E’ un’opera letteraria che pare un romanzo ma è un messaggio. E’ la storia di un’epidemia assassina che s’avventa, ad un certo punto, sopra una città felice, e la sconvolge e semina la morte. Alcuni uomini si prodigano in favore degli appestati contro il flagello che ad un certo punto cessa.
Ma uno di essi scrivendo dice di essere ben consapevole del fatto che la peste non si vince mai, anche quando può sembrare che la si sia sconfitta. Ma il senso della vita umana, per cui bisogna viverla degnamente pretende del dirle di no, del dirle di no operosamente. E la nostra è una situazione simile.
Noi viviamo in un’isola pestifera con questo: che da noi la peste non illude neanche con l’apparenza di essere cessata. Continua e continua ad essere percepita. Resta l’obbligo del mestiere di uomini anche senza speranza.
E questo spiega il fatto che taluni permangano nei loro posti difficili, onerosi, tutt’altro che gratificanti, anche se consapevoli dell’incertezza che segna il destino dei loro sforzi”.
Ancora oggi la mafia che non spara è più pericolosa di quella che spara e si espone alla repressione dello Stato. Vedi il caso del dossier in Commissione Parlamentare Antimafia “porto delle nebbie”, le cui denuncie solo dopo quattordici anni nel 2014 sono state confermate ed in parte represse con gli arresti di trasportatori e con i sequestri dei loro beni.
“la peste non si vince mai, anche quando può sembrare che la si sia sconfitta. Ma il senso della vita umana, per cui bisogna viverla degnamente pretende del dirle di no, del dirle di no operosamente”. Parole da sotttoscrivere. Un esame di coscienza ci attende…