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Minori stranieri, un esodo che passa dal carcere libico

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minori stranieri non accompagnati“Quando sono partito dal Gambia non l’ho detto a nessuno. Sono arrivato in Italia dopo 8 mesi e solo da qui ho chiamato mia madre che era molto addolorata perché non aveva avuto mie notizie per tutto questo tempo”. Alla domanda “Perché non l’hai chiamata durante il viaggio?” Ahmed risponde: “Perché avevo paura che mi convincesse a tornare indietro”.
“Sono il più grande dei miei fratelli e mio padre ha mandato me in Italia dall’Egitto per poter mantenere tutta la famiglia. Ho necessità di lavorare subito, non posso perdere tempo a studiare e imparare un mestiere”.
Voglio restare in Italia e sono disposto a fare qualsiasi lavoro”.
Gambia, Mali, Sierra Leone, Nigeria, Egitto sono alcuni dei Paesi di provenienza dei minori stranieri non accompagnati che arrivano in Sicilia.
Ragazzi di 15-16 anni (a volte anche più piccoli) che partono dai loro Paesi per sfuggire alla povertà (certa e assoluta) con il sogno-progetto di trovare lavoro in Europa e poter mantenere anche i familiari che lì sono rimasti.
Storie diverse e soprattutto Paesi di provenienza diversi: c’è chi scappa da un Paese dilaniato dalle lotte interne per la sopraffazione del gruppo antagonista, chi dalla povertà certa per avere perduto, a causa della morte dell’unico genitore che provvedeva al mantenimento, quel poco che permetteva di sopravvivere, chi è destinato al trasferimento per poter e dover mantenere chi è rimasto.
Questi ultimi sono scelti e destinati dai genitori che spesso si indebitano per garantire loro l’intero tragitto senza essere costretti a fermarsi nei Paesi che si attraversano per lavorare e procurarsi altro denaro.
Chi invece non ha alcun sostegno familiare intraprende un viaggio che può durare anche 8-24 mesi, perché occorre attraversare diversi Paesi, in ognuno dei quali trovare anche un modo per lavorare e pagarsi un’altra tappa del viaggio.
E così che dal Gambia si va in Mali, Burkina Fasu, Niger e Libia. In ognuno di questi Paesi si cerca un lavoro, anche per pochi mesi, anche per un anno. Quando le condizioni lo permettono, lasciano il Paese dove si trovano e vanno al successivo. Finché non arrivano in Libia.

I lavori che vengono svolti generalmente sono presso un lavaggio auto, al mercato, per strada a vendere oggetti, in un ristorante o presso famiglie, guadagnando quanto basta per mangiare, dormire e pagarsi la prossima tappa.
Tutti arrivano in Libia – unico Paese da cui partono i barconi – e ognuno di loro è già consapevole dei rischi a cui andrà incontro.
La cosa peggiore? essere messi in prigione. Purtroppo è anche la più frequente. Basta essere trovati per strada senza poter giustificare la propria presenza in quello Stato e si viene sbattuti in carcere – senza un giudice e/o un avvocato – per un tempo che può arrivare fino a 6 mesi. A meno che non si abbia disponibilità di tanto denaro da essere scarcerati. Per mangiare si riceve solo un po’ di pane e, se ci si lamenta, si viene frustati e presi a calci. Alcuni, ma pochi, riescono a fuggire, rischiando la vita. Altri raccontano di essere stati condotti nelle case delle guardie carcerarie per svolgere lavori senza alcuna retribuzione.
All’arrivo in Italia circa un terzo di coloro che sbarcano fanno perdere le loro tracce, per cercare di raggiungere altre nazioni dove trovare condizioni di vita migliori che in Italia. E’ recente la notizia (LiveSicilia) di giovani adolescenti prigionieri in un sottotetto in attesa di essere caricati su un mezzo che li trasferisca in altri Paesi. Le indagini in corso non ci consentono di sapere ma è presumibile che lo stato di costrizione fosse determinato anche dall’attesa del corrispettivo economico necessario al trasferimento da parte delle famiglie di origine o dei familiari ai quali vanno a ricongiungersi.
Un altro terzo dei minori che sbarcano viene trasferito in comunità per minori al di fuori delle province della Sicilia sudorientale ed i rimanenti – come Argo ha già scritto – sono ospitati (spesso non proprio per un breve periodo) in strutture temporanee e poi in comunità per minori o strutture per richiedenti asilo.

2 Comments

  1. Con quale coraggio noi europei con panettoni e spumante festeggiamo il nuovo anno che vede nuovi arrivi di disperati ?
    Con quale coraggio la attuale casta di politicanti europei e americani omette di promuovere in Africa il lavoro necessario a fare risorgere le ricchezze umane ed economiche che abbiamo depredato nei secoli di becero colonialismo e di disumana schiavitù di nostri consimili ?

  2. “Con quale coraggio noi europei con panettoni e spumante festeggiamo il nuovo anno che vede nuovi arrivi di disperati ?”
    Abbiamo lavorato duro, abbiamo fatto mille sacrifici e ci dobbiamo sopportare la retorica e stronzate di certi politici e commentatori…ecco perche’ dobbiamo festeggiare con lo spumante e panettone. Se il commentatore di qui sopra non si sente di festeggiare per via delle ingiustizie del mondo che lo faccia …..da solo magari in stanza illuminata solo da una candela e con un pezzo di pane e acqua.
    Auguri.

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