Oggi è un giorno speciale per tutti i bambini del mondo, che 25 anni fa sono diventati per la prima volta titolari di alcuni diritti, quelli sanciti nella Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo (ICRC) firmata a New York il 20 novembre 1989.
Grande festa per l’occasione anche a Catania, stamattina alle 9,30 rappresentanti dell’UNICEF, del Comune di Catania e delle scuole di ogni grado si incontrano al Palazzo degli Elefanti per parlare del tema e dello stato di attuazione della ICRC in Italia. Nel frattempo un corteo di studenti, genitori e docenti sfila in via Etnea, dalla villa Bellini alla Chiesa dei Minoriti.
Ogni compleanno che si rispetti, però, non è solo l’occasione giusta per festeggiare, ma anche per tirare le somme di quanto è stato fatto e riconoscere i propri punti deboli. Allora quale migliore occasione di questo 25° anniversario per fare il punto della situazione sulla ICRC?
Questa convenzione è il trattato sui diritti umani più ratificato al mondo.
Solo due, infatti, le “note stonate”: Somalia e…USA! La ICRC, tuttavia, non è il solo tallone d’Achille della grande pioniera della libertà e della democrazia nel mondo.
A completare la lunga lista delle imbarazzanti mancanze statunitensi in materia di diritti umani, la convenzione contro ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, quella che tutela i diritti dei lavoratori migranti, delle persone con disabilità, la convenzione che protegge le persone dalle sparizioni forzate, il patto sui diritti economici, sociali e culturali. Ancora, la mancata ratifica dello statuto della Corte Penale Internazionale e dei trattati che bandiscono le mine antiuomo e le bombe a grappolo.
Nel caso della ICRC, a far storcere il naso all’amministrazione americana sono alcune disposizioni inerenti l’educazione familiare, sessuale e religiosa dei bambini, considerate come una minaccia alla sovranità statunitense perché potrebbero interferire eccessivamente con la giurisdizione interna su temi cruciali quali l’educazione, la salute e la religione.
Per fare un esempio, il diritto dei bambini di esprimere la propria opinione su ogni questione che li interessa e di essere ascoltati in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che li concerne (art. 12), è interpretato come uno strumento che potrebbe mettere in opposizione genitori e figli, minacciando l’equilibrio e l’integrità della famiglia americana.
Stati Uniti e Somalia a parte, l’alto numero di ratifiche alla ICRC è dovuto anche al fatto che questo trattato è uno dei meno impegnativi per gli Stati che vi aderiscono. Il testo, infatti, non è molto stringente e lascia all’interpretazione degli Stati alcune tra le disposizioni più importanti.
A questa eccessiva genericità, si aggiunge il fatto che, al momento dell’adozione, la ICRC non prevedeva la possibilità per i singoli, vittime di eventuali violazioni della convenzione, di fare ricorso. In questo modo il rispetto della convenzione si basava esclusivamente sulla buona volontà degli Stati che, anche se avessero violato una disposizione del testo, non avrebbero subito alcuna conseguenza per il comportamento illecito.
Per rimediare a questa debolezza, ad aprile è stato adottato il Terzo protocollo addizionale alla ICRC che disciplina la possibilità di indirizzare ricorsi individuali al Comitato per i diritti dei bambini, organo responsabile di monitorare che la ICRC venga rispettata dagli stati firmatari. Nel caso in cui il comitato accolga il ricorso, imporrà allo Stato responsabile l’obbligo di riparazione nei confronti del bambino leso. Dei 193 Stati parte alla convenzione, però, solo 14 hanno deciso di vincolarsi a questo protocollo, Italia esclusa. Insomma, quando il gioco si fa duro in pochi iniziano a giocare.
Viene spontaneo, allora, augurarsi che oggi il nostro sindaco, oltre a bere un po’ di spumante, indirizzi una lettera al Ministro degli affari esteri Paolo Gentiloni, chiedendogli che l’Italia ratifichi il terzo protocollo addizionale alla ICRC.
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