“Care compagne, forse voi non sapete ancora quale potenza sia la donna per mobilitare tutto il popolo e spingerlo, con ogni mezzo, all’insurrezione armata”. Con queste parole si apre la mostra “Le volontarie della libertà dalla Resistenza alla nascita dell’Udi”, organizzata dall’Udi Catania in collaborazione con l’Anpi e l’Archivio di Stato per mettere in luce il ruolo delle donne durante la Resistenza italiana.
La mostra ripercorre la storia dei Gruppi di difesa della donna (GDD), organizzazione di donne partigiane nata a Milano nel novembre del 1943 con lo scopo di assistere i partigiani nella lotta contro il nazifascismo. Da Roma in giù operava, invece, l’Unione donne italiane (UDI), nata nel settembre del 1944 con lo stesso scopo del GDD; le due associazioni si fusero nel 1945 mantenendo il nome UDI, associazione tutta al femminile che dalla fine della guerra continua la sua lotta per la difesa dei diritti civili delle donne.
E’ la prima volta che l’archivio storico dei GDD apre le porte al pubblico, mostrando una selezione dei documenti che raccontano la storia delle partigiane, il cui ruolo è stato fondamentale per la buona riuscita della Resistenza. Le donne fornivano ai partigiani viveri o medicinali, vestiti, denaro e anche armi. Assicuravano i collegamenti tra le unità combattenti portando loro ordini, messaggi segreti o informazioni sugli spostamenti dei nazifascisti in sella a ordinarie biciclette.
Con le buste della spesa appese al manubrio come innocue casalinghe, le partigiane pedalavano lungo sentieri di montagna percorrendo chilometri. Il regime aveva imposto il divieto di andare in bicicletta…ma solo agli uomini!
Tra le tante storie raccontate, ci sono anche quelle di partigiane operanti in Sicilia.
Vittoria Giunti, fiorentina di nascita ma siciliana d’adozione, è stata la prima sindaco donna in Sicilia dopo il fascismo. Iolanda Crimi era un’insegnante di Francofonte che si trasferì a Roma per dare assistenza ai profughi provenienti dal meridione e aiutare i “militari sbandati” a scappare da retate e deportazioni arbitrarie.
Dai documenti di archivio dell’UDI di Catania si scoprono i nomi e le storie di 15 partigiane catanesi: Beatrice Benincasa, Giuseppa Castorina, Nunzia Ciraldo, Eugenia Corsaro, Graziella D’Amico, Francesca Gazzo, Maria Giudice, Graziella Giuffrida, Maria Grillo, Frida Malan, Agata Malerba, Francesca Mancuso, Carmela Mangiù, Giuseppa Marchesa, Elvira Miano, Milizza Monastra, Rosa Mollica, Franca Pennisi, Grazia Privitera, Grazia Risiglione, Rosa Vanni.
Il ruolo delle donne non era solo quello di mere combattenti o staffette: tenevano sempre alto il morale degli uomini con iniziative marcate da una sensibilità propria delle donne. Così descrive le partigiane la curatrice e organizzatrice della mostra Maria Nunzia Villarosa, funzionaria archivista dell’Archivio di Stato. Nei pacchi da inviare alle brigate, continua Maria Nunzia, le donne mettevano sempre dei libri di lettura e nell’inverno del ’44 organizzarono il Natale partigiano, aggiungendo nelle “buste della spesa” dei pacchetti regalo.
Accomunate dalla speranza di non dover mai uccidere un nazifascista, da tutte le testimonianze delle partigiane emerge un approccio alla resistenza volto ad una lotta non violenta, senza armi nè scontri fisici, ma con una sviluppata capacità di dissimulare, nascondere e confondere.
La mostra è corredata dal racconto a fumetti “GDD. Questa storia è la nostra. L’UDI racconta la sua nascita nella Resistenza” allestito al museo Emilio Greco.
I disegni del fumettista calabrese Reno Ammendolea ripercorrono la storia dell’UDI attraverso gli occhi di due diciassettenni che, incuriosite dai racconti della nonna sulla guerra, scoprono la storia delle partigiane e restano colpite dalla diversità di vita di quelle ragazze, adolescenti proprio come loro, ma che hanno avuto il coraggio di sacrificare la propria vita per contribuire alla liberazione dell’Italia dal nazifascismo.
Usciamo dalla mostra contenti, ma con un po’ di amaro in bocca…perché nessun libro di storia racconta la storia delle donne partigiane? I manuali parlano di guerra, elencano battaglie e trattati, manovre di governi e schieramenti di eserciti. Tuttavia le guerre descritte sono quasi sempre quelle combattute da uomini e raccontate da uomini, che nulla dicono delle donne.
La mostra, allestita in occasione del settantesimo anniversario dell’Udi, resterà aperta fino al 27 novembre nei locali dell’Archivio di Stato, in Via Vittorio Emanuele 156.
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