Riprendiamo oggi il discorso iniziato ieri sulla La.Ra srl di MottaSant’Anastasia e lo ampliamo cercando di capire cosa non funzioni nella gestione delle aziende confiscate alla mafia che, sotto il controllo del proprietario ‘mafioso’, funzionavano e, passate nelle mani dello Stato, diventano perdenti e muoiono.
La loro restituzione alla collettività dovrebbe rappresentare una sorta di risarcimento di quanto la criminalià organizzata ha sottratto ai cittadini, ma gli strumenti e gli enti individuati per la loro gestione non si sono rivelati all’altezza del compito.
Ma i problemi sono di varia natura. Proviamo a metterne alcuni sul tappeto.
Non è solo un sospetto che, nelle aziende gestite da ‘prevenuti’, si utilizzino spesso metodi di intimidazione, prevaricazione, corruzione che permettono all’azienda di crescere e diventare vincente -in modo illegale- sul mercato. Uno dei reati per cui Carmelo La Mastra, ex proprietario della La.Ra, è stato condannato, “illecita concorrenza con minacce o violenza”, ne è una conferma.
Un’azienda confiscata non potrà certo giovarsi di questi sistemi illeciti e, dal momento in cui diventa dello Stato, avrà spese maggiori, che potremmo definire ‘costi della legalità‘, ad esempio retribuzioni rispettose dei contratti collettivi, osservanza delle norme di sicurezza sul lavoro etc, che venivano ignorati dal precedente proprietario.
Sul bilancio dell’azienda ricade anche il costo degli amministratori (giudiziari e finanziari) che possono essere più di uno. Nel caso della La.Ra, nella fase iniziale del sequestro preventivo, troviamo ben 5 amministratori giudiziari, ridotti poi a due e attualmente ad uno.
Sulle competenze di questi amministratori le valutazioni non sono unanimi. Si tratta, secondo alcuni, di commercialisti o avvocati che non hanno le necessarie capacità manageriali e rischiano solo di svolgere una funzione burocratica senza intraprendere le iniziative di rilancio che sarebbero necessarie.
Non è di questa idea Innocenzo Mascali, responsabile dal 2008 della contabilità e fiscalità dell’azienda La.Ra. di Motta Sant’Anastasia, secondo cui il problema non sta negli amministratori. “Alcuni di questi possono non avere la necessaria competenza -ci dice- altri possono anche essere disonesti, e questi devono andare in galera. Anche i più capaci, però, non ricevono adeguato sostegno o vengono addirittura ostacolati”.
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E fa un esempio, quello della proposta di fusione tra la La.Ra. e Impredil Costruzione Srl, altra azienda del gruppo La Mastra, che possedeva un cospicuo patrimonio di attrezzature e ‘preziose’ attestazioni SOA, che certificano il possesso dei requisiti per concorrere a bandi di opere pubbliche. “Messe insieme con quelle della La.Ra. avrebbero decuplicato il valore delle due aziende e la loro potenzialità sul mercato”.
Trattandosi di due proprietà dello Stato, l’operazione sarebbe stata a costo zero, ma l’autorizzazione è stata negata. Risultato: l’Impredil Costruzione Srl è stata liquidata e chiusa, l’attrezzatura in disuso ha perso ogni valore, le attestazioni sono scadute o andate perdute, La.Ra. ha visto sfumare l’occasione di recuperare, almeno in parte, le risorse sinergiche venute a mancare dopo il sequestro giudiziario.
“Smembriamo la Fiat -prosegue Mascali-, assegniamo i capannoni alle cooperative agricole, gestiamo tutti gli stabilimenti di produzione come se fossero a sé stanti, isoliamo gli azionisti di maggioranza annullando il loro potere decisionale ……… e poi vediamo quale Marchionne riuscirà a tenere in vita l’azienda!”
Accade infatti che i sequestri operati dalla Magistratura riguardino, in genere, un complesso di beni di varia natura, aziende, attività commerciali, beni immobili, che costituiscono una realtà economica rafforzata dalla sinergia. L’ampiezza del patrimonio rappresenta anche un elemento favorevole alla concessione di crediti bancari, senza trascurare comunque che la banca è spesso consapevole della poca ‘trasparenza’ del soggetto.
Una volta confiscato, questo patrimonio viene smembrato e quindi indebolito perchè il singolo elemento non potrà più giovarsi della sinergia con gli altri. I singoli frammenti della precedente realtà economica hanno perso valore e capacità di produrre ricchezza.
Nel caso di Carmelo La Mastra, il patrimonio confiscato era costituito – oltre che dalla La.Ra – da varie aziende, Cooperativa Bosco Etneo, Impredil Costruzioni, ditta individuale La Mastra Carmelo, nonché da terreni, garage, fabbricati. Tutte le aziende, tranne la La.Ra, sono oggi chiuse, i terreni e i fabbricati assegnati al Comune sono rimasti inutilizzati.
Le decisioni sulle aziende confiscate spettano, in ultima istanza, all’Agenzia dei beni confiscati. Oltre, e ancor più, che per gli amministratori, si pone quindi un problema di competenze manageriali anche per i responsabili dell’Agenzia, definita senza mezzi termini da Nicola Gratteri, massimo esperto di ‘ndrangheta, un ‘carrozzone’ affidato a prefetti, personale qualificato sì ma forse non per svolgere queste funzioni.
Divenire proprietà dello Stato non rappresenta, quindi, per le aziende confiscate un fattore di forza. Perdono in genere i crediti concessi dalle banche, sono sottoposte ad una maggiore pressione di creditori e fornitori, che erano stati tolleranti verso i proprietari ‘sospetti’.
La La.Ra, ad esempio, nei primi anni di gestione pubblica, aveva avviato diverse pratiche per ottenere in leasing dei mezzi tecnici di produzione, contando sui propri bilanci positivi e su una documentazione in regola. Aveva anche trovato piena disponibilità da parte di un istituto di credito, ma quando è emerso che si trattava di una ‘impresa dello Stato’, la situazione è cambiata. La risposta è diventata un laconico “non facciamo leasing allo Stato”.
Lo Stato, inoltre, non interviene in modo esplicito nel sostenerle, per non correre il rischio -come viene affermato- di alterare il mercato. Ma è proprio così difficile, considerato che sono aziende pubbliche e siamo in tempi di spending review, impiegare proficuamente le potenzialità economiche e le competenze di queste aziende a favore di enti pubblici e amministrazioni locali, evitando fra l’altro di concedere appalti poco trasparenti ad amici degli amici?
Lo ritiene possibile e lo auspica Pina Palella, segretaria confederale della CGIL, che si occupa anche di beni confiscati. E qualche volta è accaduto e accade, ma quasi sempre per interventi marginali e non adeguatamente remunerativi.
Nel 2011 la La.Ra è stata incaricata, su mandato del Ministero dell’Interno di effettuare a Gela la demolizione di una costruzione abusiva. Lo aveva già fatto a Noto ed è stata recentemente coinvolta nelle demolizioni compiute nell’Oasi del Simeto, dove il suo intervento è stato limitato al trasporto in discarica, con un ritorno economico poco significativo.
Le aziende confiscate alla mafia subiscono vari tipi di ricatti e di ‘spoliazioni’. I cosiddetti ‘prevenuti’, cioè i mafiosi, attraverso familiari e complici continuano a gravitare attorno al bene, cercano di influire sulla sua gestione, sono in grado di passare informazioni delicate ai concorrenti o di creare alleanze finalizzate all’eliminazione dell’azienda dal mercato. Tutti interventi non dimostrabili ma prevedibili, realizzati a partire dall’arco di tempo molto delicato che intercorre tra il sequestro e la confisca, a volte addirittura a partire dal periodo antecedente al sequestro, se questo viene ‘subodorato’ in anticipo.
Di tutti questi aspetti bisogna tenere conto. Qui lo Stato si gioca la sua credibilità.
Le aziende sono, per loro natura, realtà dinamiche. Sono come i ‘talenti’ della parabola evangelica.Non si può sotterrare il ‘talento’ e aspettare di restituirlo così come è. Bisogna farlo fruttare. Forse manca anche la mentalità giusta.
Complimenti alla redazione. Davvero un eccellente lavoro giornalistico.
Comprendiamo lo sforzo di sintesi. Regola d’oro: “gli articoli lunghi non li legge nessuno”. Talora, purtroppo, la sintesi non si sposa con dei fatti che hanno alle spalle 16 anni di storia. Di fatti e di misfatti.
Quest’ultimi nell’articolo, qualcuno compare di sfuggita, altri rimangono nascosti, a tutto beneficio di chi li ha commessi. A totale danno di chi li ha subiti. C’è poi l’esigenza di non sembrare “guerrafondai”, un dovuto rispetto alle istituzioni anche quando palesemente sbagliano. Lasciamo stare poi, stabilire la buona o la cattiva fede.
Noi, siamo però dell’idea che, l’unico modo per rispettare lo Stato e le sue Istituzioni è denunciarne la parte “marcia”. Non tutto è sbagliato. Non tutti operano in consapevole disonestà. Per i pochi o tanti onesti bisogna avere il coraggio di attaccare i disonesti. Su quest’ultimi occorrerebbe, in questi tempi, applicare le sanzioni inasprite tipo “codice di guerra”: perché la perdita di tanti posti di lavoro è sempre un delitto grave, anche di uno solo; oggi è da ergastolo, visto che in Italia non c’è la pena di morte!
….. abbiamo sforato….. anche questo commento è troppo lungo.
Ma tanto, lungo o corto, a chi interessa la storia della LA.RA. Srl?
L’articolo 1 della costituzione cita che l’Italia e’ una repubblica fondata sul lavoro .Invece non è’ vero perché anziché il sostegno alle imprese in momenti delicati come questo si preferisce far chiudere aziende, licenziamenti, disoccupazione,invece di creare delle reti aziendali per la manutenzione di scuole, uffici pubblici,tribunali, questure, caserme ecc ecc
Il problema é grave perché siamo soli ad affrontare il problema.
Lo stato dovrebbe fare fronte non con sussidi, perché non vogliamo regalato niente ma esclusivamente dandoci un aiuto, un sostegno a continuare il nostro lavoro. Viva la legalità !
Chi e perché ha negato l’autorizzazione alla fusione di impredil e la.ra. ?
Chi ha negato l’autorizzazione alla fusione di impredil e la.ra.? Perché l’ha negata?
Su questa vicenda di carattere economico è molto difficile intervenire e farsi capire perchè i risvolti politici sono notevoli e comportano valutazioni di ordine politico in ordine ai provvedimenti amministrativi e legislativi che hanno originato il blocco di questa branca dell’economia. L’incidenza della politica economica del vecchio PCI è stata notevole e l’intervento mirato di Violante e soci è stato determinante. Il vecchio Macaluso e lo stesso Napolitano potrebbero intervenire per spiegare la ferocia con cui le sinistre hanno infierito su questo settore dell’economia nella speranza di mutare i rapporti di produzione. Ci hanno solamente impoveriti ed hanno provocato una recredescenza delle illegalità connesse alla distribuzione del denaro ed alla regolamentazione del credito. Le leggi sull’usura e quelle sul raket hanno creato situazioni di grave crisi nel settore della giustizia e dato ai magistrati, sovente incapaci a gestire situazioni di pura economia capitalistica, poteri enormi ed anche ingiusti. Sarebbe bastato che le Banche avessero accordato aperture nel settore del credito per evitare accumulazioni di capitali e violenze nei rapporti umani. Sarebbe molto lungo discettare su quersto argomento ma credo che una certa sinistra molto acculturata sul piano economico avrebbe molte cose da dire e molte responsabilità sulla situazione attuale di crisi economica.