Incrementare la fruizione dell’Etna (e quindi i benefici economici per chi vive sul suo territorio) senza perdere l’integrità delle sue bellezze naturali che vanno anzi sempre più protette, soprattutto da quando il nostro vulcano è stato riconosciuto patrimonio dell’umanità.
Questi i due obiettivi fatti propri dal Forum Catanese della Cultura e dell’Ambiente (FAI, Etna Garden Club Catania, Istituto Italiano dei Castelli, Inner Wheel International, Italia Nostra) che ha organizzato un incontro pubblico sabato mattina nell’aula Santo Mazzarino del Monastero dei Benedettini.
Sei i punti in discussione presentati in apertura da Giovanni Condorelli del FAI:
- discariche di rifiuti sulle strade pedemontane che costituiscono l’accesso all’Etna
- mancanza di guardaparco
- invasione di moto da cross e quad dove vige il divieto di utilizzo di mezzi a motore
- mancanza di punti di informazioni adeguati
- mancanza di segnatura dei sentieri
- divieti che sussistono per poter raggiungere le aree sommitali
Dialogico il metodo, aperto ai contributi di singoli e associazioni, ai quali è stato chiesto di intervenire
con domande, proposte e indicazioni concrete. Nessuna relazione iniziale, quindi, ma un entrare subito nel vivo delle questioni attraverso interventi dei presenti ai quali i rappresentanti delle istituzioni, chiamati in causa dal moderatore Giuseppe Riggio, hanno cercato di dare -per quanto possibile- risposte.
Lo scopo del Forum, ha sottolineato Condorelli, non è infatti quello di contrapporsi alle istituzioni ma di collaborare con esse. Non tutti i punti all’ordine del giorno sono stati trattati, alcuni sono stati di fatto accorpati, altri discussi in modo più approfondito.
La questione dei rifiuti
Ha occupato uno spazio importante innanzitutto la questione dei rifiuti abbandonati nei boschi e lungo le strade comunali e provinciali, un segno di inciviltà che non accenna a scomparire e che denota una totale assenza di cura per un bene prezioso come l’Etna.
L’Ente Parco, lo ha ribadito la presidente Marisa Mazzaglia, non ne ha competenza diretta né è pensabile, in tempo di tagli alle risorse, l’assunzione di guardaparco. Occorre allora individuare le responsabilità e le competenze relative alla pulizia e alla raccolta dei rifiuti.
L’Azienda Forestale attua la pulizia solo in territorio demaniale, dove, come ha dichiarato Ettore Foti, già commissario all’Ente Parco e attuale dirigente dell’Ufficio Provinciale del Dipartimento Regionale Azienda Foreste Demaniali, non ci sono le mini-discariche (più propriamente ‘scarico incontrollato di rifiuti’), che deturpano invece le zone di proprietà privata.
I privati, come ha sottolineato Fichera, proprietario di un terreno in zona Salto del Cane, che procedono alla pulizia dei loro boschi (ma lo fanno tutti?) presi talora letteralmente d’assalto dai gitanti, attendono però dalle istituzioni soluzioni chiare al problema, siano esse la creazione di punti di raccolta o altre modalità che devono comunque essere individuate.
Per i Comuni effettuare la raccolta giornaliera lontano dal centro urbano sarebbe troppo costoso, anche solo in luoghi di importanza strategica come il rifugio Sapienza, come ha detto il sindaco di Nicolosi, Antonino Borzì.
E allora, con quali risorse e con quale personale si può affrontare il problema?
Molti interventi hanno insistito sulla opportunità di utilizzare i 25.000 operai dell’Azienda Foreste (da non confondere con le Guardie del Corpo Forestale), che attualmente però, come ha detto Mario Vaccarella del CAI Sicilia, “non ritengono che raccogliere i rifiuti rientri nei loro compiti”. Basterebbe aggiungere una voce al loro contratto per risolvere la questione?
La Regione ha approvato una legge -lo ha ricordato Foti- che consente di stipulare convenzioni con enti locali per la pulizia del verde pubblico in aree non demaniali utilizzando operai forestali, ma non ha ancora approntato la convenzione-tipo. Si tratta comunque di convenzioni non a titolo gratuito, ma onerose per gli enti.
Salvatore Scalia, avvocato dello Stato, ha suggerito di utilizzare la possibilità, prevista dalla legge, di far compiere lavori di pubblica utilità in forma gratuita a detenuti che hanno commesso reati di minore entità. La spesa, in questo caso, sarebbe solo quella delle assicurazioni contro gli infortuni.
Ci sono altre forze da utilizzare per combattere questa battaglia contro il degrado e l’incuria in cui è lasciato il nostro territorio, i volontari. Dell’utilizzo di volontari, singoli o in associazione, a difesa dell’ambiente ha parlato soprattutto Sergio Mangiameli, animatore dell’associazione ambientalistica Piuma Bianca, che ha proposto l’istituzione, mediante una legge regionale, delle Guardie Ecologiche Volontarie (GEV), formate e riconosciute, coordinate dagli Enti istituzionali, che operino soprattutto nei luoghi e nelle date critiche in cui si registra la maggiore presenza di gitanti.
La proposta è stata appoggiata anche da Foti, trattandosi di una norma che non prevede costi che possano gravare sul bilancio della Regione, mentre Andrea Cattaneo ha ricordato che si potrebbe utilizzare come modello la normativa già in vigore nella Regione Lombardia.
Senza andare lontano, a Nicolosi il Consiglio comunale ha approvato il regolamento per l’istituzione del volontariato ambientale. Lo ha annunciato il sindaco Borzì, unico sindaco della zona etnea presente al convegno, che ha avanzato anche la proposta di istituire un libero consorzio dei Comuni dell’Etna, a cui dovrebbero essere attribuite competenze relative a rifiuti, acque, turismo.
La valorizzazione del Parco
Per quanto riguarda l’attività di valorizzazione del territorio del Parco, non ci sembra che siano emerse notizie positive.
La presidente dell’Ente Parco se, da una lato, ha dato notizia della prossima apertura di 4 punti informativi, dall’altro ha dovuto riconoscere che tutti progetti riguardanti la sentieristica e la relativa cartellonistica non possono andare avanti per mancanza di finanziamenti.
In cambio il sindaco Bianco ha sostenuto che per raggiungere l’Etna si pone il problema della viabilità, che è oggi ancora quella degli anni 50, con la conseguente necessità di progettare nuove vie di accesso.
A noi sembra che questo sia invece l’ultimo tra i problemi che ostacolano un’ottimale fruizione della montagna, dato che sia il versante sud che quello nord sono serviti da strade che rispondono adeguatamente al bisogno. Non vorremmo che con questa scusa si dia la stura a interventi urbanistici inutilmente costosi e certamente dannosi per l’ambiente.
Un pericolo reale, segnalato da Emilia Poli Marchese, docente di Botanica del nostro Ateneo, è rappresentato invece da un disegno di legge presentato alla Regione che prevede l’abolizione della fascia di rispetto dei boschi minacciandone la stessa sopravvivenza. Si tratta di un progetto che va bloccato e contro il quale le associazioni dovrebbero concordare delle azioni di contrasto.
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Altra ferita aperta all’interno del territorio del Parco è quella delle costruzioni abusive rispetto alle quali Scalia ha sottolineato l’importanza di dare segnali di discontinuità procedendo alla loro demolizione o acquisizione.
A questo proposito, Lara Riguccio, vicepresidente della sezione Sicilia dell’Associazione Italiana Architettura del paesaggio, ha giustamente sostenuto che non è possibile gestire il territorio del Parco solo con il regime dei vincoli; occorre invece riconoscere l’importanza della pianificazione territoriale.
Opportunamente è stata proposta la creazione di un numero verde a cui si possano segnalare abusi e illeciti, da istituire in sinergia tra le tre istituzioni (Parco, Azienda Foreste, Corpo Forestale).
L’accesso alle quote sommitali
Resta, per ultima, la questione dell’accesso alle quote sommitali. Particolarmente incisive le parole di Carmelo Ferlito, docente di vulcanologia presso il dipartimento di Geologia, il quale, da scienziato, ha ricordato che pretendere di regolamentare un vulcano con provvedimenti burocratici appare, allo stesso tempo, ridicolo e dannoso.
Ridicolo perché, per quanto l’Etna sia il vulcano più monitorato al mondo, non è possibile prevedere le eruzioni e quindi evitare del tutto il rischio connesso, che invece deve essere accettato come comunità scientifica e come cittadini.
Dannoso perché, ragionando solo con la logica dei divieti, non solo se ne ostacola la fruizione da parte dei turisti ma si accentua la mancanza di cultura della montagna e del relativo rischio e si crea, in particolare, un distacco tra i giovani e il territorio: andare fino al cratere, per i giovani catanesi, costituiva una sorta di rito di iniziazione. Ora i giovani non possono più fare questa esperienza.
Il monitoraggio dell’Etna deve invece servire ad una maggiore fruizione. Se aumentano le informazioni per tutti, e non solo per gli addetti ai lavori o presunti tali, la questione dei divieti dovrebbe cadere.
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Fa piacere che associazioni ambientaliste cone Italia Nostra con il Sindaco in testa, difendano oggi il patrimonio etneo. Non comprendiamo però perchè non facciano altrettanto con il patrimonio costiero posto in serio pericolo da 1.509.500. metri cubi di edifici “portuali” e da altrettanti o poco meno, di quelli “attuativi” sulla Plaia. Milionate di metri cubi di cui si sconosce perfino la origine finanziaria da ultimo richiesta dal Sindaco relativamente al solo PUA. Si continua a non capire, in fatto di tutela ambientale, perchè il responsabile di Italia Nostra su Catania, abbia dato parere favorevole al “porto turistico” di Caltagirone Bellavista che di “portuale ” aveva ben poco sulla sabbia della Plaia ed assai meno di “ambientale” in piena foce del torrente Acquicella ed in assenza di VIA-VAS permissive.
Il parco del monte Etna e’ parte del nostro patrimonio ambientale e abbiamo il dovere di rispettarlo e tenerlo pulito.
Il fatto e’ che alcuni Siciliani hanno un totale disinteresse per il loro ambiente appena escono di casa, e lasciano una scia di rifiuti che’ assolutamente vergognosa e imbarazzante. Ci vorrebbero 30 sociologi per spiegare il perche’ di questo fenomeno. Forse hanno sfiducia delle autorita’ (e hanno ragione) e’ questo e’ un modo per rivendicarsi.
Anche con i volontari che raccolgono la spazzatura non si conclude tanto perche’ e’ possibile che l’indomani un orda di gitanti lasci un’altra scia di rifiuti ( per esempio a Pasquetta).
Un modo per inculcare il rispetto della’ambiente e’ spendere soldi con delle pubblicita’ sociali intelligenti e spiritose che scuotono gli animi di questi duri Siciliani. Una campagna educativa ha molto piu’ impatto nella lunga durata del raccoglimenti di spazzatura.
I poliziotti e i vigili dovrebbero fare delle multe (vedi quanti soldi si raccoglierebbero). E queste multe dovrebbero andare nei fondi che proteggono l’ambiente sia la montagna che il mare.
Questo, scusate la mancanza di umilta’, e’ il modo migliore per iniziare a mantenere un’ambiente di cui siamo orgogliosi.
Comitato Cittadino Porto Del Sole e’ veramente scoraggiante vedere come manteniamo le spiaggie a Catania! Si riempirebbero pagine dei problemi che affligomo la costa.
Che cosa possono fare almeno nel loro piccolo i cittadini per aiutare?