Sul romanzo di Maria Attanasio, “Il condominio di via della Notte“, sono stati in genere espressi giudizi lusinghieri, facilmente rintracciabili sul web. Noi vi proponiamo oggi un resoconto, a tratti spiritoso ma non banale, della presentazione del libro avvenuta lo scorso 22 novembre alla libreria Cavallotto, inviatoci da una nostra lettrice. Una finestra sulle inquietudini e sulle paure del nostro tempo che lascia, tuttavia, aperto uno spiraglio di speranza, una possibilità di ‘resistenza’.
Qualche giorno fa alla libreria Cavallotto tre vivaci signore si sono confidate timori ed incertezze sui tempi che ci tocca vivere. L’occasione l’ha offerta la presentazione del libro di una di loro, Maria Attanasio, ma il libro “Il condominio di Via della Notte” edito da Sellerio, è servito da spunto per un confronto tra amiche, condotto con quella sintonia leggera che solo tra donne, solidali ed accumunate da una simile visione delle cose, può essere raggiunta e che non esclude d’altronde la spietatezza di un’analisi attenta e puntuale della realtà.
Per onorare la par condicio era presente, oltre alla già citata autrice del libro, a Graziella Priulla, docente universitaria e autrice di diversi libri sul tema della differenza di genere, ed a Pina Mandolfo, eclettica giornalista scrittrice di romanzi e sceneggiature cinematografiche, anche un uomo nella persona di Dario Stazzone, ricercatore presso la facoltà di Lettere della nostra città.
A lui è spettato il compito d’introdurre l’opera di Attanasio, di fornirci un breve excursus degli scritti precedenti, di esplicitare gli strumenti linguistici e letterari che la caratterizzano. A Stazzone è toccato quindi fare “gli onori di casa”, ha dato seguito alle formali presentazioni e si è premurato di procurare a noi ospiti una comoda poltrona; le tre signore presenti hanno potuto poi versarci una tazza di tè mentre veniva acceso lo scoppiettante caminetto!
La prima a prendere la parola è stata Priulla, ma le donne, si sa, sono curiose e quindi la parola è toccata presto alle altre, in un susseguirsi di domande, risposte, piccole scoperte da condividere, ricordi di un’epoca diversa, trasalimenti sul presente.
È venuto fuori che a volte, forse, il tema politologico coincide con quello fantascientifico, che la paura del futuro, di questo futuro che ci appare così disumanizzante, è la paura più vecchia del mondo e con la quale l’uomo fa i conti da millenni.
Che l’angoscia ancestrale che assilla l’uomo da sempre è quella del diverso, ciò che non conosci ti fa paura, è allora che ci si chiude all’altro, che s’innalzano i muri.
E che questi muri non siano per niente metaforici lo spiegano, le signore, quando ci informano che di gated communities, così si chiamano, il mondo brulica e che anche in Italia abbiamo le nostre. L’antesignana è stata la famosa Milano 2, con la quale ebbe inizio l’era berlusconiana, munita di tutto quel che serve: prati verdi e poi cancelli, muri, guardie e telecamere, nel sogno-incubo di attuare una feroce selezione di classe.
Poi il discorso si sposta sul ruolo che i mass media hanno nell’alimentare la paura del diverso, creando un clima perennemente “emergenziale” che disorienta e crea insicurezza.
L’analisi a questo punto non poteva non lambire il tema del ruolo che gli intellettuali nostrani giocano in questo campo, visto che da noi mass media ed intellettualità sono realtà molto vicine, a volte sovrapposte.
Attanasio, risvegliando il suo spirito di ex sessantottina ed ex militante del PCI, denuncia la gestione autoritaria dei giornali e delle reti televisive, dove un potere economico troppo forte non trova bilanciamento in una democrazia fragile e svuotata di valori.
Chi resiste a questa deriva odierna che fa piazza pulita delle conquiste democratiche del recente passato e anzi le denigra e stravolge? I ‘resistenti‘ ci sono anche adesso, è la speranza di Attanasio, che cita la Storia di Elsa Morante, ma Priulla ribatte che ogni conquista si perde se non viene continuamente riscoperta e riconquistata.
Come pensare allora ad una proposta di valori che abbia di nuovo l’uomo come suo centro e non l’onnipresente denaro? Come ridare alle energie dei giovani, questa generazione dell’“ormai”, disincantata e spaventata, una dimensione sociale e collettiva? Come riuscire oggi a pensare di nuovo politicamente?
Sono alcuni degli interrogativi di Attanasio, che all’unisono con Priulla denuncia il fallimento totale dell’istituzione scolastica nello svolgere – nonostante l’impegno di molti insegnati- un ruolo significativo nell’educazione dei giovani. Mandolfo esprime il suo pensiero dicendo come questo libro l’abbia portata a fare dei bilanci, poiché, capace di raccontare la vita con un linguaggio poetico ed evocativo, concentra in poco più di un centinaio di pagine gran parte delle iniquità del nostro tempo.
Ma come finisce questa storia? Il finale naturalmente rimane aperto, esattamente come il nostro futuro rimane aperto ad ogni sviluppo, ad ogni sollecitazione, ad ogni svolta che sapremo e vorremo imprimergli.
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