Che Bianco avesse buone probabilità di vincere era nell’aria, che ci sarebbe riuscito al primo turno molto meno. Nessuno, però, aveva ipotizzato che Stancanelli, rispetto al 2008, a fronte di una leggera diminuzione dei votanti, avrebbe perso circa l’80% dei suffragi.
Una vera e propria disfatta che, probabilmente, mette la parola fine a un lungo periodo di pessima amministrazione, aperto dalle ‘spumeggianti’ giunte Scapagnini. Sapranno la nuova amministrazione e il nuovo consiglio farsi carico della necessaria discontinuità?
Analizziamo innanzitutto la composizione dell’assemblea cittadina. Un quinto dei consiglieri (nove) ha semplicemente cambiato casacca, ieri votava con Stancanelli, domani voterà con Bianco. Siamo sicuri che la nuova collocazione sia dovuta a un profondo ripensamento e/o alla convinta adesione a un progetto alternativo?
Percentuali dei voti ottenuti dalle liste a sostegno della candidatura Bianco
- Patto per Catania 14,54 %
- Il Megafono Lista Crocetta 10,47 %
- Articolo 4 (Leanza) 10,21 %
- PD 9,97 %
- Primavera per Catania 7,65 %
- Sinistra per Catania (Sel, Pdci) 0,82 %
- Democrazia federale 0,31 %
Ancora, tra gli eletti nelle file di quello che, impropriamente, a Catania continua a chiamarsi centro-sinistra, almeno dieci (comprendendo i cinque consiglieri della lista di Leanza -Articolo 4-, che, per storia e percorsi personali, appartengono evidentemente alla schieramento di centro destra) fanno riferimento a Raffaele Lombardo e/o all’UDC.
Di fatto, quindi, solo una minoranza (come è confermato dai voti ottenuti dalle liste che appoggiavano Bianco) può essere collocata a pieno titolo nello schieramento di centrosinistra. E non si può non notare che il PD non riesca a raggiungere neanche il 10% dei voti.
In queste condizioni, è pensabile che la giunta riesca sulle ‘grandi questioni’ ad avere quella autonomia dai poteri forti della Città e quella autorevolezza che non ebbe la seconda amministrazione Bianco, pur avendo in consiglio una maggioranza decisamente più omogenea? Chi fino a ieri ha votato, o ha condiviso, progetti come il PUA, la disastrosa gestione del trasporto pubblico, dei servizi sociali, perché dovrebbe cambiare idea?
E non è da escludere, infine, che, la situazione non venga ulteriormente complicata dalla formazione di una Giunta in cui gli incarichi assessoriali saranno attribuiti proporzionalmente alla consistenza dei gruppi consiliari.
Oppure, ancora peggio, che avvenga la continua rotazione degli assessori, come durante le amministrazioni Scapagnini… Ognuno di essi, infatti, assumeva l’incarico con il solo progetto di impegnare quanta più spesa possibile, con iniziative scoordinate, inutili o messe in atto solo per favorire amici e parenti, sapendo che comunque avrebbe dovuto lasciare dopo pochi mesi
Il risultato di questa disamministrazione è sotto gli occhi e lo stiamo ancora pagando.
Inoltre, il fatto che in consiglio non sia entrata nessuna delle formazioni collocate al di fuori dei ‘due blocchi’ e portatrici, per la loro composizione, di altre istanze, rischia di rendere l’assemblea priva di una vera opposizione e quindi meno permeabile.
Tra ‘gli sconfitti’ la migliore performance è stata certamente quella di Maurizio Caserta, supportato, alla fine, anche da candidati espressione di quel movimento che aveva proposto alla carica di sindaco Marisa Acagnino.
Si fossero conteggiati, per entrare in consiglio, i voti ottenuti come candidato sindaco (7,36%), Caserta avrebbe con facilità superato lo sbarramento del 5%, a conferma di una credibilità personale che non si è però trasformata, soprattutto nei quartieri periferici, in un altrettanto credibile progetto collettivo. La lista per il consiglio, infatti, ha preso solo il 4%.
Il Movimento5Stelle è riuscito a fare addirittura peggio rispetto al sindaco uscente. A pochi mesi dalle politiche è ‘sparito’ quasi il 90% dei voti. Alle difficoltà nazionali si è aggiunta una forte incapacità locale, la scelta di un candidato sindaco praticamente invisibile e un’inadeguata presenza nel territorio, impietosamente fotografata dai risultati.
Se è vero che non è corretto paragonare dati non omogenei (politiche e amministrative), in questo caso ci troviamo in presenza di un vero e proprio tracollo, sul quale i cittadini- attivisti non potranno non interrogarsi.
Un analogo passo indietro è stato compiuto dalla sinistra catanese.
Chi, Sinistra per Catania (Sinistra Ecologia e Libertà e Comunisti italiani), si è coalizzato con Bianco, non ha sostanzialmente dato alcun contributo alla vittoria, avendo ottenuto soltanto 1194 voti, corrispondenti allo 0,82%.
Chi si è presentato autonomamente, Catania Bene Comune (appoggiata da Rifondazione Comunista), ha raccolto, come lista, 1418 voti, lo 0,98%, mentre è andata relativamente meglio al candidato sindaco Matteo Iannitti (1,58%).
Si tratta di un ulteriore passo indietro perché alle ultime elezioni politiche, dove avevano votato meno elettori che alle comunali, la lista Ingroia aveva ottenuto quasi 5.000 voti e SEL oltre 3.000. Anche in questo caso corre l’obbligo di una profonda riflessione, in grado di rimotivare all’impegno.
Nella consapevolezza che anche il miglior uso dei mezzi di comunicazione e propaganda non è in grado di incidere se non c’è, soprattutto nei quartieri popolari, un lavoro coerente e continuo.
In sostanza, entrambi gli schieramenti di sinistra, pur collocati su posizioni diverse, hanno evidenziato una parziale capacità di ‘leggere’ la Città, i suoi bisogni e una insufficiente credibilità.
Rimane la domanda centrale: “Ci sarà la necessaria discontinuità”? Molto dipenderà dalla capacità, che sinora obiettivamente è mancata, di un reale protagonismo della società civile e dei movimenti, altrimenti magari l’Enel non lascerà al buio Catania, ma le periferie continueranno ad essere periferie e il declino della Città proseguirà inesorabilmente.
Vai alla scheda in PDF relativa alla provenienza politica dei consiglieri eletti nelle liste sostenitrici di Bianco o alla tabella seguente
Provenienza | Nome | Partito 2013 |
MPA | Giuseppe Musumeci | ARTICOLO 4 |
MPA | Ludovico Balsamo | ARTICOLO 4 |
MPA | Rosario Gelsomino | IL MEGAFONO |
MPA | Agatino Lanzafame | PATTO PER CATANIA |
MPA | Alessandro Porto | PATTO PER CATANIA |
MPA | Maria Ausilia Mastrandrea | PATTO PER CATANIA |
MPA-vice capogruppo | Erika Marco | IL MEGAFONO |
MPA (Autonomia Sud) | Michele Failla | PRIMAVERA PER CATANIA |
MPA (ex DS) | Rosario Laudani | PATTO PER CATANIA |
MPA (ex PD) | Carmelo Nicotra | ARTICOLO 4 |
MPA (ex PDL) | Francesco Salvatore Trichini | IL MEGAFONO |
MPA (ex PDL, già assessore di Stancanelli) | Agatino Lombardo | PRIMAVERA PER CATANIA |
MPA (ex PDS) | Ersilia Saverino | IL MEGAFONO |
MPA (già assessore di Stancanelli) | Sebastiano Arcidiacono | ARTICOLO 4 |
PDL | Beatrice Viscuso | ARTICOLO 4 |
PDL | Francesco Petrina | PRIMAVERA PER CATANIA |
PDL | Salvatore Spataro | PRIMAVERA PER CATANIA |
UDC | Elisa Vanin | PATTO PER CATANIA |
UDC vicepresidente | Daniele Bottino | IL MEGAFONO |
– | Elene Adriana Ragusa | PATTO PER CATANIA |
La Margherita | Carmelo Sofia | PATTO PER CATANIA |
La Margherita | Mario Crocitti | PATTO PER CATANIA |
PD | Niccolò Notarbartolo | PD |
PD | Francesca Raciti | PD |
PD (ex Forza Italia) | Lanfranco Zappalà | PD |
PD (ex La Margherita) | Giovanni D’Avola | PD |
PD (Renzi) | Nino Vullo | PD |
Cari amici di Argo,
non si tratta tanto, come scritto alla fine dell’articolo, “ di fare, soprattutto nei quartieri popolari, un lavoro coerente e continuo”, – ormai antico ed intraducibile motto, buono per tutte le stagioni.
La questione ha radici molto più profonde. Il dato, drammatico, è che a Catania la sinistra tutta, quella pallida ( Pd) e quella nominalmente “estrema”, è ormai elettoralmente del tutto marginale.
Incredibile! Rispetto all’esito di febbraio ( politiche), pur di fronte ad un gigantesco sommovimento che ha riguardato i grandi serbatoi di voto ( dal Pdl al Mov 5 Stelle,) i partiti della sinistra arretrano ancora! E non di poco: sinistra “estrema” 2612 voti rispetto a 7983; Pd 14.435 rispetto a 22.659.
Anche nel “profondo Nord”, a Treviso – dove dopo quasi 20 anni ritorna a vincere il centro-sinistra -, pluridecennale terra della Lega e destre varie, il Pd va oltre il 23%, e la sinistra, con “ Sel + altri” arriva al 4,59%.
L’astensionismo non c’entra proprio nulla. A febbraio hanno votato 148.791 cittadini, adesso 144.762. La differenza è del : – 2,7%.
Certo, a Catania, poi, tutto è sempre fantasmagorico, molto di più rispetto alle altre realtà ( capoluogo di provincia) ove si sono svolte le elezioni comunali.
Tutto si plasma, si modifica e si adatta all’uopo. In un gigantesco gioco del “tre oro” tutto viene mischiato, miscelato, e tirato fuori dal “cilindro magico”, da destra, sinistra e centro – giusto per usare ancora i pesi tradizionali della dialettica politica -.
Tant’è, le liste cosiddette civiche si collocano ai primi posti nella raccolta del consenso. Solo tre strutture politiche nazionali “c’hanno messo la faccia”: Pd, Pdl, 5 Stelle ( il Megafono è solo un esperimento siciliano, sulla scia dei miti “pirandelliani”.
Una gigantesca operazione di trasformismo, di ripudio dei loghi di partito di appartenenza, che non ha eguali a livello nazionale. Anche i piccoli della sinistra si sono “auto modellati” all’uso……altro giro, altri nomi, ognuno alla ricerca del proprio “vello d’oro”. Come se un nuovo simbolo portasse automaticamente nuovi voti. Proprio una imponente operazione di frazionamento e di impazzimento politico. Dove non contano più i “parametri differenziali più o meno storici”, bensì il peso dei candidati e le loro ramificazioni nel corpo dei cittadini elettori.
In questo enorme gioco localistico, non solo i candidati sindaci diventano secondari – tant’è che solo a Catania prendono il 60% delle liste che li appoggiano: 87.991 su 144.792 voti espressi sulle liste – ma si mette a nudo la “fotografia” della città. E, poi, alla fine, vince solo il maschilismo di bottega, solo sette donne in consiglio comunale, pur con un’apposita legge.
Un agglomerato di 285.000 residenti che non ha più una soggettività ed una oggettività comune, coabitata da tante micro entità, sociali, corporative e geografiche, strutturalmente separate tra di loro sull’interpretazione delle cose e sugli interessi reali e quotidiani. Al tempo delle elezioni comunali, le tempistiche, i modi e le quantità, sono scanditi dai candidati, specie quelli più in auge, e dai specifici raccordi che si sono venuti a creare, che “rastrellano” voti in virtù a paradigmi che sfuggono alle pratiche della politica che ufficialmente tiene banco nei canali ufficiali.
Le grandi tematiche: Piano Regolatore, Pua, affare del Porto, “risanamento del Corso Sicilia”, prevenzione sismica, dissesto economico del Comune, disoccupazione, sacche di povertà, qualità e quantità dei servizi, inquinamenti, verde, parametri della vivibilità, etc., etc., etc., alla fine contano veramente poco, hanno senso vero solo in alcuni segmenti che dal punto di visto numero sono poi ininfluenti.
Nel corso dello sviluppo degli anni si è consumato un gigantesco processo di frantumazione sociale, di vero impazzimento collettivo, che non ha eguali in tutta la Sicilia.
La sinistra, più o meno pallida, anche se connessa, sul piano culturale e valoriale, con strutture sociali rilevanti ( si pensi alla Cgil e ad una vasta rete associativa) viene schiacciata e dileggiata.
Eppure, nel corso degli ultimi anni, pur nel quadro di frammentazione e concorrenzialità – dovuta per lo più a sciocchi edonismi settari – c’è stato un fervore di operatività sul molte delle questioni prima citate.
Però, l’ “inquinamento”, il disincantamento, prodotto nelle coscienze e nelle reti sociali, è ormai così grande da non determinare nessuna operazione di omogeneizzazione sui nominali interessi comuni, anche prevalenti.
Conta più il pathos del “contiguo” che riesce ad entrare. E’ la vittoria dell’ “amico buono”, che al di là del logo di appartenenza, porta parole di “vicinanza” che poco hanno a che fare con la polis, la “città comune”.
E’ il fulmine dell’ “ispirazione”, che dura solo un attimo, come accaduto anche a Catania con il Movimento 5 Stelle, e, poi, immediatamente dopo ritorna nel nido.
Che fare? Ma, chi lo sa! E’ troppo tardi, ormai, per risocializzare la città.
Speriamo, almeno, che questo “nuovo”, aggregato dal sindaco Bianco, tenti di gestire gli aspetti di una comune elementare civiltà di base, andata in pezzi. Sarà molto difficile con questo variegato “intreccio”. Poi, i grandi interessi sono sempre in agguato.
Certo, la vigente legge con lo sbarramento al 5% e quindi dell’esaltazione autoritaria del voto utile, ha contribuito a sabotare la sinistra meno pallida e gli altri ( Caserta, 5*). Il Pd siciliano, visto anche la nuova concorrenza del Megafono, pensava di prendere a pieni mani, invece non ha preso neanche i resti.
Faccio mia l’analisi lucida e sentita di Micio Stimolo… A partire dal luogo comune, ormai quasi stucchevole, dei cosiddetti quartieri popolari e della incapacità di comunicare con supposti strati popolari detentori di un’altrettanto supposta “cultura” antagonista. La frantumazione sociale che ha disaggregato il territorio urbano negli ultimi 15 anni ha svuotato di senso qualsiasi lettura della realtà basata su vecchie etichette ecc. Quanto al risultato elettorale, Bianco è stato “eletto” ancor prima delle elezioni. Gli elettori (?) hanno semplicemente sottoscritto quanto già stabilito in altra sede, con la partecipazione determinante dei poteri forti tutt’altro che disgregati, per i quali è tempo di ripulire e modernizzare la città. O si riesce a ricostituire e mettere insieme un forte movimento dal basso che riesca a mettere insieme le storie di ciascuno nella difesa del territorio e delle politiche sociali, partendo da una elaborazione in grado di connettere i diversi ambiti di lotta, o Catania, fra qualche anno, sarà propriamente una città senza più identità alcuna, con ferrovie sotterranee, grandi alberghi e giganteschi acquari protesi su un mare sempre più proprietà privata dei vari “modernizzatori” catanesi ecc. Dopo il brutto sogno scapagniniano e l’insignificante dormiveglia stancanelliana, ci ritroveremo a doverci svegliare in una realtà più alienante di qualsiasi brutto sogno.