Quando una persona, come nel caso di Don Gallo, diventa un punto di riferimento sicuro e costante anche per chi non lo ha conosciuto direttamente, ci sono ragioni tanto profonde quanto difficili da riassumere. Non sorprende, perciò, il cordoglio sincero e diffuso di fronte alla sua morte. Come se ognuno e tutti avessero/imo perso non solo un intransigente difensore della dignità e dei diritti ma, soprattutto, il compagno di strada.
“Nella vita mi hanno apostrofato in ogni modo: chierico rosso, prete comunista, protettore dei tossici. Ma si sono dimenticati che sono anche amico delle prostitute, dei devianti, dei balordi, dei border line, dei migranti, di tutti coloro che viaggiano ai margini della società. Un prete da marciapiede, insomma. E’ lì che vivo, ogni giorno ed ogni notte, cercando la speranza insieme alle persone che incontro. E’ lì che mi è stata insegnata la vita. Il posto di un prete è fra la gente: in chiesa, per strada, in fabbrica, a scuola, ovunque ci sia bisogno di lui, ovunque la gente soffra, lavori, si organizzi, lotti per i propri diritti e la propria dignità”, scriveva Don Andrea.
Ed è così che l’abbiamo incontrato. Nelle riunioni dove si parlava di droghe e dipendenze. All’interno delle quali, però, era bandita ogni retorica, ogni ideologia salvifica; riunioni che non erano funzionali alla ricerca dei riflettori, né all’accaparramento di finanziamenti. In quelle riunioni dove non si invocava lo ‘stato etico’, che decide ciò che è bene e ciò che non lo è, che ti condanna per la tua condizione (tossico) a prescindere se hai commesso o meno un reato; dove si ragionava sulla ‘riduzione del danno’ e si denunciavano le fallimentari politiche repressive, ‘buone’ per punire le persone tossicodipendenti, ma del tutto incapaci di reprimere il narco traffico gestito dalle mafie internazionali.
Ma lo abbiamo incontrato anche quando ha accettato di confrontarsi, a Genova, con un nutrito gruppo di studenti catanesi (che ripercorrevano da Marsala a Quarto il cammino dei Mille) per provare a raccontare, in poche ore, il suo senso della vita. Cosa volete da un vecchio, ci aveva chiesto poco prima di presentarsi ai ragazzi.
Poi, li aveva tenuti inchiodati, seduti nelle panche della Chiesa, silenziosi e attenti come ogni professore vorrebbe trovarli in classe, mentre, tra un ricordo di Faber e il racconto del difficile rapporto con i suoi superiori, spiegava le difficoltà e le contraddizioni del lavoro di strada, ma, con altrettanta chiarezza e convinzione, indicava una concreta speranza, e un’assoluta fiducia, in quel particolare ‘libro di preghiere’ che è la nostra Costituzione. Per salutarci, infine, con in bocca il più che gradito sigaro cubano che gli avevamo appena regalato.
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Molto bello il pezzo, molto bello il video. Vi ringrazio. Non ho conosciuto don Gallo di presenza ma mi mancherà immensamente. Ciao. Marcello