Prima della sospensione natalizia delle lezioni, il CESP (Centro Studi per la Scuola Pubblica) e i Cobas scuola hanno organizzato, presso l’Istituto Marconi di Catania, un corso di aggiornamento per il personale scolastico per ragionare sul futuro dell’istruzione. Un utile momento di analisi e confronto per riflettere, a mente fredda, sulle lotte che hanno attraversato, nel periodo autunnale, la scuola pubblica statale italiana.
Contestando le scelte del cosiddetto “governo dei professori”, il personale scolastico e gli studenti, insieme o separatamente, hanno protestato con una compattezza e una capacità di mobilitazione da tempo dimenticate.
In particolare, con gli scioperi del 14 e del 24 novembre (quest’ultimo inizialmente proclamato da tutti i sindacati del settore, ma mantenuto in vita solo da Cobas scuola e FLC Cgil) sono stati raggiunti importanti, anche se parziali, risultati:
- ritiro della proposta di 24 ore di insegnamento frontale nella scuola secondaria,
- blocco della legge 953 (Ghizzoni-Aprea) sul riordino delle istituzioni scolastiche.
E’ stato ottenuto anche lo sblocco degli scatti stipendiali maturati al 2011, non, però, attraverso l’individuazione di nuovi stanziamenti, ma utilizzando fondi già destinati ai lavoratori della scuola (quelli del fondo di istituto). Il che, a ragione, ha fatto parlare molti di ‘accordo bidone’ tra governo e i sindacati che avevano revocato lo sciopero.
Il convegno ha messo al centro l’analisi della 953 e il tema della democrazia sindacale, in particolare rispetto alla contrattazione di istituto.
Nino De Cristofaro (RSU del Boggio Lera di Catania) ha preliminarmente contestato l’idea che la politica di ‘tagli’ degli ultimi anni (relativi al personale e alle risorse) sia servita a riformare la scuola, al contrario si è assistito a un ulteriore abbassamento della qualità del lavoro e a un allontanamento dal modello di scuola definito nella Costituzione. Un arretramento che sarebbe definitivo qualora, nella prossima legislatura, venisse approvata la 953.
Ogni scuola, infatti, avrebbe il potere di deliberare il proprio statuto e i relativi regolamenti, ponendo così fine a qualsiasi prospettiva unitaria e nazionale e contribuendo ad acuire le distanze fra le diverse aree del Paese.
All’interno delle scuole, nella cui gestione concreta interverrebbero le forze economiche locali (senza diritto di voto negli organismi, ma con un’ evidente e innegabile ricaduta didattico-educativa, visto che contribuirebbero con risorse proprie ai progetti scolastici), i temi della didattica e della formazione culturale non sarebbero più compito specifico del Collegio dei Docenti (ridenominato Consiglio).
L’attività di questo organo sarebbe limitata alla fase della progettazione, lasciando la programmazione concreta del lavoro nella mani del dirigente scolastico (oggi dirige nel rispetto delle competenze degli organi collegiali, anche se molti fanno finta di non saperlo), coadiuvato da un nucleo di autovalutazione, costituito su impulso dello stesso dirigente, in raccordo con l’Invalsi (l’istituto nazionale adibito ai quiz).
In sostanza, in nome di una falsa efficienza, verrebbe fuori una struttura sempre più piramidale e meno democratica. Peccato che la scuola che funziona meglio in Europa sia quella finlandese, dove non esistono ispettori e la valutazione e la programmazione del lavoro sono frutto di un confronto collegiale, a conferma che il lavoro scolastico, se si vogliono ottenere risultati positivi e duraturi, deve essere sviluppato in forma cooperativa.
Il prof. Ferdinando Alliata, del Cesp di Palermo, si è soffermato sulla contrattazione di istituto. Ha, in primo luogo, denunciato l’atteggiamento di molti dirigenti scolastici che hanno unilateralmente ridimensionato le materie della contrattazione, avocando a sé la gestione del personale (collocazione nei plessi, formazione delle cattedre, incarichi per il personale ATA).
Contro tale logica ha ricordato che fin quando non sarà siglato il nuovo contratto tutto ciò che è previsto nel CCNL in vigore ha piena validità. Ha invitato i presenti a pretendere il corretto funzionamento di tutti gli organi collegiali (dei quali ha ricordato le specifiche competenze) evitando sovrapposizioni di ruoli e funzioni.
Ha invitato i componenti delle RSU a convocare le assemblee dei lavoratori prima di firmare ogni accordo di istituto e a pretendere dai dirigenti, come previsto dal contratto, le informazioni preventive e successive per garantire a tutti accesso alle notizie e massima trasparenza.
Ha, infine, ricordato come la creazione e la distribuzione del fondo di istituto (così come l’individuazione delle funzioni strumentali), sia servita solo per dividere i lavoratori delle singole scuole, innescando una perversa logica competitiva che ha prodotto tanti danni.
I lavori sono stati moderati da Teresa Modafferi, portavoce Cobas Catania. Tra gli interventi segnaliamo quello di uno studente (Alessio Grancagnolo, componente del Consiglio di istituto del LSS Umberto di Catania), a conferma di un interesse comune nella difesa della scuola della Costituzione e di Carmen Barbagallo, docente idonea ad altri compiti, che ha rivendicato il diritto di questi docenti di rimanere tali, contribuendo –compatibilmente con le loro condizioni di salute – all’articolazione delle proposte formative.