Fumata nera anche ieri al Consiglio Comunale sulla questione della vendita di quote minoritarie, ma non simboliche, delle società partecipate. Una questione delicata sulla quale la giunta vorrebbe accelerare per dare ossigeno alle casse vuote dell’amministrazione, scontrandosi non solo con le resistenze dell’opposizione ma anche di parte della maggioranza e dei cittadini, Forum dell’acqua pubblica in primis.
Sull’argomento proponiamo alcune riflessioni.
Il Piano di riordino del sistema delle partecipazioni societarie del Comune di Catania, proposto dalla Giunta Stancanelli, prevede la cessione totale o parziale di talune società partecipate (vedi elenco), alcune delle quali relative a servizi essenziali erogati in favore dei cittadini (acqua, gas, trasporti, parcheggi).
Il Sindaco Stancanelli e il vicesindaco Bonaccorsi riconducono la scelta all’obbligo normativo della spending review (Decreto Legge 6 luglio 2012, n. 95) e alle prescrittive deliberazioni della Corte dei Conti. In una sua nota, pubblicata sul sito del Comune, il vicesindaco sottolinea la necessità di un “riordino complessivo delle società partecipate, che negli anni si erano distinte più come soggetti di moltiplicazione di luoghi di potere e di rappresentanza con un differenziale spesso negativo tra costi e benefici sociali”.
Ma a leggere il Decreto n.95/2012 non abbiamo trovato alcun articolo che imponesse la cessione delle società interessate al Piano di riordino. Anzi l’art. 4, che ha per titolo “Riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche”, al punto 3 prevede espressamente che le disposizioni di quell’articolo “non si applicano alle società che erogano servizi in favore dei cittadini”.
E ciò viene confermato dall’autorevole opinione del Prof. Roberto Cellini, docente di economia politica dell’ateneo catanese che dichiara: “la legge al momento non impone nessuna vendita delle società partecipate”.
A prevedere la dismissione di almeno il 40%delle quote pubbliche nelle società comunali partecipate era il Decreto Fitto del 2009 (Governo Berlusconi), abrogato nella parte relativa alle società che gestiscono l’acqua dal Referendum del 2011, riproposto da Berlusconi eliminando la parte referendata e definitivamente dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale (vedi Ctzen). “È sbagliato – continua Cellini – richiamare un obbligo di legge. Tuttavia l’amministrazione ha la facoltà per agire”.
Ma cosa prevede il piano di dismissioni varato dalla giunta Stancanelli?
La proposta include la cessione del 40% dell’Amt (trasporti) e di Sostare (parcheggio a pagamento). Verrà messo in vendita il 49% del pacchetto azionario di Asec Spa (distribuzione del gas) e della Sidra (risorse idriche).
Verrebbero cedute integralmente l’Asec Trade (vendita del gas), Catania Multiservizi (manutenzione), Espropri Territoriali, Sicilia al passo, Servizi Idrici Etnei, Mercati Agroalimentari di Sicilia e Società degli interporti siciliani.
Ben vengano le dismissioni da società i cui servizi non sono essenziali per i cittadini. Ma sono tanti i dubbi e le perplessità che riguardano le dismissioni, anche se parziali, di quelle società che gestiscono servizi essenziali:
- Perché inserire nel Piano di dismissione anche le società che si occupano di acqua, gas e trasporti, considerati dal Decreto “servizi pubblici essenziali”?
- Che interesse avrebbe un privato ad entrare come socio di minoranza in una società già in perdita senza alcuna possibilità di gestione diretta?
- Se il Comune continuerà ad essere comunque l’azionista di maggioranza, non si tratta forse di privatizzazioni solo apparenti? Soprattutto nel caso delle società che forniscono servizi essenziali, chi dovrà farsi carico di eventuali (e molto probabili) dissesti economici se non il Comune stesso, e con i soldi dei cittadini?
- Che fiducia possiamo avere sulla capacità di esercitare la funzione di controllo, che spetterebbe all’ente pubblico, sulla gestione operativa di una società affidata a un privato il cui interesse è il profitto? La cosa più probabile è che, in quanto società di diritto privato, finiscano per sottrarsi definitivamente al controllo pubblico.
- La logica sottesa a questa scelta sembra essere solo quella di ricavare fondi dalla vendita. Ma a cosa sarebbero destinati questi eventuali fondi? A ridurre il debito o, come è più probabile, a pagare gli stipendi e le spese correnti? Si tornerebbe, quindi, in breve al punto di partenza…
- Riconoscendo che queste società hanno rappresentato una “moltiplicazione di potere”, il vicesindaco conferma il fallimento della gestione ad opera dei vertici nominati dalla stessa Amministrazione comunale. Perchè l’ingresso di un privato in una società il cui controllo rimane pubblico dovrebbe comportare un cambiamento di regime? Se questo governo comunale – così come quelli precedenti – non è stato capace di nominare dirigenti competenti e capaci di gestione virtuosa, dovrebbe forse pensar a dimettersi piuttosto che svendere il patrimonio della città.
Non possiamo esimerci dall’esprimere amarezza per come si stia snaturando la funzione pubblica dei servizi.
Abbiamo ceduto a società nate dal nulla, i cui dipendenti sono stati scelti non per concorso, ma per “chiamata diretta”, servizi che prima venivano svolti da personale pubblico; così come abbiamo ceduto spazi comunali (parcheggi e aree demaniali), in cambio di esigui corrispettivi economici.
In tutte le città europee gli introiti degli stalli vanno a migliorare la viabilità cittadina, a Catania gli introiti servono a pagare personale che a vario titolo è riuscito a farsi assumere, spesso grazie al politico di turno. Perché non si è proceduto all’assunzione di vigili urbani e ausiliari con concorso pubblico? Avremmo avuto finalmente il vigile per strada, con la possibilità di svolgere la funzione pubblica che è preclusa agli operatori di Sostare.
L’esternalizzazione dei servizi purtroppo è diventata la regola per gestire in maniera clientelare manodopera sempre sotto scacco, con contratti a tempo determinato e con il rischio di non essere riconfermati. Ci riferiamo anche a quelle società che forniscono servizi di manutenzione e pulizia nei locali delle amministrazioni comunali e delle aziende sanitarie.
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