Dopo i disastri della Gelmini, sarebbe stato lecito aspettarsi da un governo di tecnici-professori una rinnovata attenzione nei confronti della scuola e della ricerca. Sia dal punto di vista degli investimenti, ma anche, e forse soprattutto, rispetto alla qualità delle proposte educative. Purtroppo, quando si è passati dalle dichiarazioni di intenti (decisamente generiche) alle decisioni concrete si è immediatamente capito che non sarebbe cambiato nulla.
Conseguentemente, sono riprese le mobilitazioni di chi non si rassegna al progressivo ridimensionamento della scuola pubblica. Di chi non vuole assistere inerte alla fine della ‘scuola della Costituzione’.
Il 22 settembre a Roma migliaia di docenti e ATA hanno manifestato contro i ‘concorsi truffa’. Una presa in giro sia per i precari inseriti da anni nelle Graduatorie ad Esaurimento, che per i neolaureati. Un concorso che, come scrivono i Cobas Scuola, “prevede solo 11.800 immissioni (mantenendo così in vita l’esercito del precariato: un precario costa 9.000 euro in meno all’anno rispetto a un docente di ruolo); che prevede una ridicola simulazione di lezione; che costringe i precari della scuola a cimentarsi in un quizzone, come se non avessero mai superato diversi concorsi dimostrando di padroneggiare contenuti disciplinari e competenze didattiche; che costerà milioni di euro”.
Prima dei concorsi la politica dei ‘tagli’, peraltro mai applicata alle spese militari, aveva colpito i docenti di sostegno, in gran parte precari assunti ogni anno a tempo determinato. Invece di garantire agli allievi diversamente abili migliori possibilità di integrazione e docenti qualificati, il governo ha imposto, di fatto, ai docenti a tempo indeterminato in esubero (a causa della riduzione di ore e discipline voluta dalla Gelmini, che in tre anni ha determinato 150.000 posti di lavoro in meno) di prenderne il posto, dopo aver frequentato, anche on line, ridicoli corsi di riconversione. In sostanza, meno ore per i diversamente abili tenute da docenti poco preparati, evidentemente non per colpa loro.
Altrettanto grave ciò che sta accadendo ai ‘docenti idonei ad altri compiti’.
Scrivono sempre i Cobas “nella scuola pubblica italiana ci sono circa 3500 docenti che, non insegnando più per gravi motivi di salute, svolgono quotidianamente compiti di supporto all’attività didattico-amministrativa. Il governo Monti-Profumo vuole sopprimere questi posti di lavoro imponendo a tutti i lavoratori il passaggio da docenti ad ATA. Ovviamente, questa dequalificazione professionale comporterebbe anche una riduzione degli stipendi”.
Se ciò avvenisse, inoltre, subirebbero gravi conseguenze anche i Precari ATA che vedrebbero sfumare l’immissione in ruolo perché i posti disponibili sarebbero, appunto, assorbiti dagli inidonei.
Ad agosto, le proteste di Cobas e ‘inidonei’ hanno bloccato questo vergognoso provvedimento per il quale la malattia, certificata e riconosciuta, diventa una colpa, la regressione di carriera la punizione. Il provvedimento è attualmente bloccato, ma non ritirato. Si tratta di storie e situazioni diverse che derivano, tutte, dalla scelta, ovviamente politica, di risparmiare sul diritto allo studio.
L’assemblea promossa dai Cobas Scuola di Catania (oggi Marted’ 25 settembre alle ore 16 al L.S.S. E. Boggio Lera) vuole rilanciare il tentativo di creare un fronte comune fra tutti i lavoratori dell’istruzione; nella convinzione che solo difendendo la funzione della scuola pubblica si potranno dare risposte positive non solo ai problemi precedentemente indicati, ma anche ai problemi più generali del Paese.
Solo investendo nell’istruzione e nella ricerca (anche rispetto alle strutture, un esempio per tutti: l’eliminazione delle ‘classi pollaio’) l’Italia potrà uscire dalla crisi.
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