La scommessa non è solo offrire ai ragazzi del carcere minorile esperienze interessanti e formative che siano una sorta di risarcimento per quello che molti di loro non hanno mai avuto. Questo all’IPM di Catania già si fa e Argo ne ha parlato più volte. Il passo ulteriore è accompagnarli nell’impatto con il mondo esterno, nell’ingresso nel mondo del lavoro, nel reinserimento nella società.
Raccontiamo oggi l’esperienza di due giovani detenuti, Andrea e Cristian, che hanno avuto accesso alla misura del lavoro esterno e, da qualche mese, escono ogni mattina dal carcere per recarsi uno a scuola e l’altro al lavoro. Li abbiamo incontrati e ognuno di essi, a suo modo, ci ha conquistati.
“Nella vita bisogna riconoscere quello che c’è di buono nelle situazioni. Io ho sbagliato e sto pagando il mio debito con la giustizia, ma in carcere ho trovato la mia strada.” Così dice Andrea, che ha avuto interesse per la cucina sin da piccolo. Quando è arrivato all’IPM, ha saputo che si poteva fare un corso di ristorazione e si è subito proposto. E aveva i requisiti necessari: essere ancora minorenne e avere già il diploma di terza media.
Ha frequentato in carcere per due anni, ma il terzo anno di corso non è stato avviato per inadeguato numero di alunni. Come fare allora? Andrea ha avuto la possibilità di usufruire di un beneficio, disposto dalla direzione e ratificato dal magistrato di sorveglianza, quello di frequentarlo all’esterno del carcere.
Esce da Bicocca ogni mattina alle 7,30, prende un autobus, poi la metropolitana, fa un tratto a piedi ed è a scuola. Con i compagni dice di trovarsi bene, evidentemente ha saputo farsi accettare, e anche stimare, tanto da essere stato eletto rappresentante di classe.
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E’ bravo Andrea in cucina, ci sa fare. E ormai sa ciò che vuole. Finito il terzo anno, vuole frequentare anche il quarto e poi seguire un corso di perfezionamento, a Parma. Sa che i cuochi italiani sono ricercati all’estero e progetta di andare fuori dall’Italia, possibilmente in America.
Per conseguire il suo obiettivo è disposto anche a pagare il relativo prezzo. E non solo quello di alzarsi presto al mattino. Andrea, come chiunque esca dal carcere per attività di studio e di lavoro, ha dovuto allontanarsi dagli altri ragazzi reclusi. Vive adesso in un reparto speciale dell’IPM ed ha contatti solo con un altro ragazzo, Cristian, che esce ogni giorno anche lui, per andare a lavorare. Quando torna dalla scuola, sta in camera, legge, guarda la TV, chiacchiera con Cristian e condivide con lui l’ora d’aria. Con gli altri nulla, neanche una partita di pallone. Ma non si nota rammarico nelle sue parole. “Avevo qualche amico a cui ero più legato, è normale”, ma l’importante adesso è camminare verso la meta. La sfida è aperta, per lui e per l’IPM, che gli ha dato credito e lo sta aiutando a realizzare il suo scopo.
Anche Cristian vede aspetti positivi nella esperienza di detenzione, “sono cresciuto” dice “e ho avuto nuove opportunità”. Da quando è arrivato all’IPM di Catania, si è buttato a capofitto nelle varie attività che gli venivano proposte: il corso di ristorazione e quello di grafico multimediale, oltre ad una sorta di patente europea del computer e a un corso di esperto mosaicista, “piastrellista”, dice lui. Ha anche lavorato per il carcere, nella distribuzione del sopravvitto (prodotti voluttuari che i ragazzi possono acquistare da una lista proposta), che prevede l’uscita controllata dall’istituto.
“Avevo voglia di riscatto, volevo dimostrare quello che potevo fare, …non solo danno”. Ha quindi accolto anche la proposta di questa borsa lavoro che prevede un impegno di mezza giornata, retribuito con fondi del Pon Sicurezza 2007-2013.
Il datore di lavoro, un parrucchiere, è soddisfatto di lui. “Se non avesse dimostrato voglia di lavorare, non lo avrei più voluto. Ma oggi posso testimoniare, anche davanti al giudice, se fosse necessario, che Cristian si impegna, ha imparato molte cose e sa anche trattare con i clienti.”
Essere separato dagli altri ragazzi dell’Istituto a Cristian pesa molto, con alcuni di loro aveva stabilito rapporti fraterni. I pomeriggi sono lunghi, non ci sono più i pasti comuni, rumorosi e allegri, né le partite a pallone.
Il lavoro esterno, aggiunto ai permessi premio, di cui già da tempo usufruisce, gli consente maggiori occasioni di incontro con la famiglia. La mamma, la sorella lo vanno spesso a prendere e lo portano al lavoro. Mangiano qualcosa e soprattutto trascorrono insieme un po’ di tempo. Orfano di padre, Cristian è molto legato alla madre e presso di lei oggi vive anche la giovane moglie, che ha sposato un anno fa.
Ma Cristian non è sereno. Non solo la sua borsa lavoro sta per scadere, ma per lui si avvicina il momento di passare ad una struttura detentiva per adulti, dove sconterà altri anni di pena.
Quale sarà la sua nuova sede? Non Catania, dove non c’è una sezione da destinare al lavoro esterno. Una città, spera, non troppo lontana. Pur di continuare questo lavoro, Cristian si accollerebbe infatti i sacrifici della vita da pendolare. Ma la decisione non tocca a lui.
Le incognite del passaggio alla nuova struttura non riguardano solo il lavoro. Il Minorile gli ha offerto un ambito protetto e stimolante, un rapporto stretto con gli educatori, attenti al fattore educativo e all’obiettivo del reinserimento.
Cristian sa che lo aspetta un periodo non facile, in cui dovrà essere forte e coerente con la sua scelta di cambiamento. Forse anche per questo si aggrappa alla speranza che almeno non gli venga tolta la possibilità di continuare questa esperienza di lavoro.
Trovo giustissimo che l’esperienza del carcere venga sfruttata come occasione di arricchimento,come un esperienza costruttiva che orienta i giovani verso i loro obiettivi una volta usciti dal carcere..Spero che il cambio di sede di Cristian non comprometta il suo lavoro da parrucchiere.. E spero che molti altri seguano il loro esempio e trovino ciò che fa per loro.
E’ proprio questo ciò che il carcere deve offrire a questi ragazzi. Auguro loro tutto il bene possibile. E non si scoraggino mai davanti alle difficoltà!
questo è un ottimo esempio di come recuperare i ragazzi che hanno commesso degli sbagli, certo però sono casi isolati, il governo dovrebbe predisporre tutta una rete di assistenti e altri aiuti per tutta l’Italia, nonchè dare lavoro a tanti psicologi e assistenti sociali per aiutare le famiglie in difficoltà…ma questo non si vede da nessuna parte , le famiglie sono abbandonate a se stesse specie quando hanno grosse difficoltà economiche e figli da crescere.