I primi sono i buoni-libro che ogni comune d’Italia assegna agli studenti che frequentano le scuole dell’obbligo, i secondi sono gli amministratori del Comune di Catania che da diversi anni non distribuiscono i buoni libro.
Scrive infatti l’A.S.A.SI (Associazione delle scuole autonome della Sicilia) nella sua letterina del 26/3/2009 che “Catania è l’unico comune d’Italia che
non ha pagato il buono libri agli studenti, i quali da tre anni non ricevono i buoni libro, anche se la Regione Siciliana ha assegnato le somme, che, entrate nel bilancio comunale, sono state destinate ad altri scopi. Non si potrà mai sapere quale filone hanno seguito quei soldi regionali assegnati per i buoni libro. E’ altresì noto che i buoni non sono stati stampati perché nessuna tipografia ha aderito alla gara del Comune e che, questo, comunque, ne ha decurtato la somma riducendola a € 27,00 per gli alunni delle classi prime ed € 17,00 per gli studenti delle classi seconde e terze medie, mentre l’importo dovuto per legge è di € 61,97 per le classi prime ed € 41,32 per gli alunni delle classi seconde e terze”. Anche una nota libreria del centro, sentita telefonicamente, ha riferito che addirittura è dal 2005 non vengono assegnati i buoni libro comunali.
E’ chiaro che l’argomento rappresenta soltanto una gocciolina nel grande mare dello sfascio economico e del degrado del Comune di Catania ma è pur sempre indicativo del modo di (non) reagire di questa città: non una protesta, non una associazione di genitori che chieda, pretenda ciò che le tocca di diritto, non una inchiesta seria sul protrarsi di questa anomalia, ma il subire inerti tutto ciò che ci viene scaricato addosso.
Può darsi che le famiglie interessate non reagiscano perchè l’incentivo economico è scarso (ma sì per pochi euro) o per sfiducia (bisogna dire ben riposta) nelle istituzioni (ma sì mi metto a fare la fila e perdere tempo uffici uffici).
Eppure esercitare i propri diritti, segnalare gli abusi, denunciare i reati, anche per fatti apparentemente marginali, sono anch’essi modi per riappropriarci della nostra città, evitando di divenire involontariamente complici di coloro che se ne sono impadroniti e la gestiscono ad uso e consumo proprio e di qualche amico.
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