280 milioni di euro sono stati finora spesi dai contribuenti italiani (il 3% del costo complessivo, pari a 8,5 miliardi) per “un’opera che assume – si legge nell’articolo di Antonella Lombardi, La chimera del Ponte sullo stretto su A Sud’Europa, anno 5 n. 40 p. 3 – i contorni di un miraggio, specie dopo una mozione dell’IDV, approvata alla Camera, che impegna l’esecutivo alla soppressione dei finanziamenti che il governo ha previsto per la realizzazione del ponte”. Ma “una mozione – dice Mattioli – non è una legge, e la legge dice che il ponte si deve realizzare”. A carico dello Stato oltre 2,5 miliardi, gestiti dalla società Stretto di Messina, di cui 470 milioni nel 2012.
Come sono stati spesi i soldi pubblici? Un milione e480 mila euro nel 2004 per sola pubblicità; 900.000 euro l’anno per l’affitto di una sede a Roma (ora appena 600.000 euro); oltre 5 milioni le spese stanziate per i consulenti solo nel 2005.
Da più di trent’anni – scrive Antonio Mazzeo su A Sud’Europa, anno5 n. 40 p. 5 – il Ponte fa gola alle più efferate cosche criminali, non solo per l’attività di estorsione-protezione, ma anche per l’attività imprenditoriale dei mafiosi che- secondo lo studio Nomos del Gruppo Abele – si concretizza in lavori di movimenti terra, trasporti e forniture. Senza considerare la possibilità di riciclare gli ingenti guadagni determinati dal traffico di droga (vedi anche relazione DIA del 2005). A fronte di tanti allarmi cosa hanno fatto i governi precedenti?
Con il varo della Legge obiettivo (2001), riconoscendo all’opera valore strategico per il Governo, si disapplicano tutte le altre norme che tendono a prevenire il rischio di infiltrazione mafiosa: “il general contractor può scegliere liberamente i sub-appaltatori, senza alcun vincolo normativo del genere di quelli posti a presidio dell’imparzialità e della correttezza”. Una norma non abolita dal governo di centro-sinistra e ulteriormente resa più pericolosa dalla riduzione da 90 a 60 giorni dei termini per l’approvazione del progetto preliminare e definitivo delle opere concorrenti le infrastrutture strategiche.
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Ai mille dubbi espressi già in precedenti articoli si aggiunge – vedi su Repubblica: Ponte stretto. Gli sbancamenti riversati sui pendii peloritani di Paolo Casicci – ora un’ulteriore preoccupazione: si prevede lo scarico di circa 3 milioni di metri cubi di terra sopra le “fiumare” già insediate dalle colate di cemento e la cui morfologia così modificata sarebbe responsabile di alluvioni imprevedibili. La denuncia è stata prodotta dal capo del Genio civile locale, Ing. Gaetano Sciacca, con una nota inviata dapprima all’Assessorato regionale alle infrastrutture e dopo al Ministero delle Infrastrutture.