E’ possibile fare politica anche andando a fare la spesa?
La prima edizione della guida al consumo critico e agli stili di vita sostenibili in Sicilia “Fa’ la cosa giusta!”, da poco pubblicata, vuole essere una risposta positiva e concreta a questa domanda apparentemente paradossale.
Si tratta infatti di un primo, ampio, censimento di tante realtà che, anche nelle nostra isola, si industriano a praticare una ‘economia diversa’, secondo criteri di sostenibilità ambientale e responsabilità sociale.
Contro il dilagare di stili di vita condizionati dagli interessi delle multinazionali, la sfida su cui si vuole scommettere è offrire la possibilità di trasformare tanti piccoli comportamenti quotidiani in azioni di resistenza. Le azioni individuali, divenendo collettive e organizzate, possono produrre progressivamente modificazioni culturali, trasformando il cittadino-consumatore in un soggetto politico capace di scegliere secondo i propri, effettivi bisogni.
Questa iniziativa, nata a Milano nel 2004, è diffusa soprattutto al nord ed ha il suo momento centrale nella Fiera che si tiene ogni anno in primavera, con un numero di visitatori sempre crescente.
Arriva adesso in Sicilia, prima regione meridionale ad entrare nel circuito, con una specifica attenzione agli aspetti della legalità, della trasparenza nei rapporti di lavoro, del rispetto e della valorizzazione del territorio. A Catania è stata presentata il 20 giugno alla libreria Tertulia da Giovanni Abbagnato, che fa parte del Comitato promotore, su iniziativa del Co.PE
Il Comitato promotore è infatti composto, fra l’altro, da Arci Sicilia, Addio Pizzo, Lega Coop, Consorzio Ulisse, Biosicily, Ass. Siqillyah, Co.PE, Centro di Documentazione Giuseppe Impastato, Ass. per la pace e lo sviluppo nel Mediterraneo, Coonfcooperative, Coop. Lavoro, Coop. Solidaria, Coop Solidarietà, Lega Ambiente, Banca Etica, Fisac CGIL.
Questa prima guida, divisa in undici capitoli, censisce aziende operanti nei settori più diversi, dai beni di consumo e strumentali al risparmio all’informazione. “Puoi affidare i tuoi risparmi alla finanza etica, andare in vacanza con il turismo responsabile, scegliere solo realtà “pizzo free”, scaldare e illuminare la tua casa con energie alternative, vestirti con abiti naturali e scoprire come ridurre i consumi”, come leggiamo sul sito di Terre di Mezzo, l’editore che l’ha stampata.
Comuni quindi le parole d’ordine: economia solidale, responsabilità e consapevolezza sia nel produrre sia nel consumare sia nell’utilizzare servizi.
Ogni sezione è corredata da una esemplificazione delle ‘buone pratiche’ che ciascuno può mettere in atto e fornisce una ricca serie di schede delle imprese e delle iniziative censite.
A proposito di queste ultime, si nota qua e là qualche carenza, del tutto comprensibile trattandosi di un primo elenco che avrà bisogno di essere integrato e aggiornato con successive segnalazioni, magari affidando la selezione a persone capaci di avere una visione più oggettiva delle diverse situazioni.
In premessa si precisa che, soprattutto riguardo le aziende agricole biologiche, sono state privilegiate quelle che forniscono i GAS (gruppi di acquisto solidale), per evidenziare “una diversa categoria di valori rispetto al mercato”.
Un’altra limitazione può essere stata provocata dal fatto che, per venir inseriti nella guida, è stata chiesta una piccola quota come contributo alle spese di stampa. Ciò può aver generato qualche equivoco che andrebbe chiarito con una più puntuale informazione.
L’iniziativa non ha fruito di alcun finanziamento ma solo di contributi di sponsor ed è venduta senza prezzo di copertina ma a prezzo libero stabilito da chi l’acquista.
Resta, in ogni caso, un’esperienza fortemente innovativa e del tutto meritevole di essere sostenuta, anche perché contribuisce a costruire l’immagine di una Sicilia ‘altra’, che sa autopromuoversi, valorizzando quanto di meglio possiede nel suo straordinario patrimonio di cultura materiale.
Due sono le condizioni perché il progetto possa crescere: far uscire tante piccole imprese e associazioni dalla loro dimensione di ‘nicchia’, con un giro di interlocutori ristretto ed élitario, situazione forse gratificante, ma alla fine sterile. Per questo serve un lavoro di documentazione e informazione puntuale, mettendo a disposizione di un pubblico più vasto notizie e indirizzi precisi.
In secondo luogo occorre perseguire la prospettiva di fare evolvere a ‘sistema’ tutte queste realtà, costruendo con pazienza una rete di relazioni e di attività capace di creare sostegno reciproco non solo sul piano economico e organizzativo ma anche per il solo fatto di sapere di non essere soli ed isolati.
L’organizzazione di una fiera sul modello di quella milanese, programmata nella primavera del 2012, sarà sicuramente l’occasione per dare maggiore visibilità e consistenza ad un’iniziativa che speriamo possa mettere radici e crescere.
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