Palude Iacp, tra denunce e scandali tutto come prima

3 mins read

E si torna a parlare dell’Iacp di Catania. Stavolta per un’ispezione regionale, un’indagine della Guardia di Finanza e un rapporto inviato dalla Procura della Repubblica alla Corte dei Conti di Palermo.
Una cattiva gestione perpetuata negli anni avrebbe prodotto danni per oltre 30 milioni di euro. I canoni non sarebbero stati riscossi, le morosità non recuperate. Le lettere di sollecito non erano seguite da sfratti né da esecuzioni forzate. Le assegnazioni, infine, sarebbero avvenute con i criteri del più bieco favoritismo: case e botteghe dell’ente venivano graziosamente donate a parenti e amici, anche se privi di requisiti e diritti e già in possesso di immobili.
Truffa, falso, abuso d’ufficio i reati contestati dalla Procura al direttore generale Santo Schilirò Rubino che è ancora lì al suo posto di “manovratore”, nonostante le accuse, le ispezioni e le inchieste. Tra i beneficiari delle assegnazioni anche il figlio di Schilirò, Ettore, 28 anni, indagato anch’esso per truffa. Con loro sotto indagine quattro dipendenti e sei assegnatari “fuori legge”. Il giovane rampollo del direttore ha avuto come cadeau una bottega che ha ristrutturato, per giunta, a spese dell’Iacp per l’80 per cento. Scippati gli aventi diritto, derelitti e disabili, le case di Librino venivano assegnate agli stessi impiegati dell’istituto già proprietari o a parenti di questi, talora indicati dai sindacalisti del Sicet, il sindacato degli inquilini.

IACP

    In Sicilia ogni Istituto autonomo per le case popolari ha ben dieci Consiglieri di amministrazione, tutti con status giuridico, indennità, diritto all’aspettativa, e spese di missione. Gli Iacp nell’Isola sono dieci, uno per ogni provincia, eccezion fatta per Catania dove, oltre quello con sede nel capoluogo etneo, ce n’è un altro ad Acireale. In tutto quindi cento nuovi Consiglieri di amministrazione regolarmente retribuiti e spesati, designati dalla giunta regionale siciliana. Rispetto al resto d’Italia la situazione siciliana è anomala. Merito dello Statuto speciale che permette di legiferare in autonomia. Nelle altre regioni da tempo gli IACP sono state trasformati in agenzie, con strutture più snelle ed efficaci, amministratori unici o Cda ridotti (massimo cinque componenti)

Non sono queste le prime illegittimità dell’Iacp di Catania. In passato qualche cronista ha denunciato gravissime irregolarità, bilanci consuntivi non presentati, revisori dei conti mai nominati, ispettori ministeriali messi in fuga con il divieto di accedere ad atti e informazioni. In quegli anni del Consiglio di amministrazione dell’Ente faceva parte una avvocata coraggiosa, Lina Arena,  che  alla fine, isolata e stanca, lasciò. Aveva accettato la nomina perchè sperava di risanare l’ente.
“Mi trovai, invece, a fare i conti – dice – con verbali redatti in tempi successivi alle sedute di consiglio, con la mancanza di bilanci, con l’assenza di revisori dei conti, col disordine nel recupero dei crediti, con progetti difformi dagli immobili edificati”. Ostili a Lina Arena non solo funzionari e dipendenti, tutti inquadrati e coperti, ma gli stessi suoi colleghi componenti del Consiglio.
“C’era nei miei confronti una netta chiusura, anche da parte degli altri consiglieri, uno spirito soffocante di cordata. Erano tutti ostili alle mie proposte di innovare, regolarizzare ed eliminare le magagne amministrative che emergevano giorno dopo giorno. Mi ritenevano una nemica e comunque una che voleva seminare discordia anziché piegarsi all’unanime consenso. Insomma, una sfasciacarrozze incurante del benessere degli assistiti e dei dipendenti dell’ente. Tutto era concentrato nelle mani del direttore Schilirò che conosceva carte e fatti e gestiva tutto”.
E’ stata dura per Lina Arena. Al suo passaggio bisbigli. Al suo arrivo silenzi improvvisi. Aggressioni verbali di ogni tipo. Persino qualche usciere si permetteva di commentare:”Ma che vuole ‘sta b.?”
Altra vittima della premiata ditta Schilirò e soci, un geometra dell’ufficio tecnico dell’Iacp, Carmelo Percolla che per aver protestato e denunciato nell’interesse dell’Ente per il quale lavorava si buscò un provvedimento disciplinare e una sospensione. Aveva reso pubblica la seguente storia. L’istituto era proprietario di un terreno tra corso Indipendenza e piazza Eroi d’Ungheria. Su impulso del sindacato fu redatto un progetto per 30 alloggi e 120 vani che fu approvato dal Comune. La licenza edilizia però non venne  ritirata.
Il progetto, poi rielaborato in base ai dettami delle legge per l’abbattimento delle barriere architettoniche, non è stato mai attuato, nonostante ci fosse bell’e pronto un finanziamento a fondo perduto per il 75 per cento dell’importo dell’opera. Il terreno, invece, è stato venduto.
Anche l’avvocato Francesco Messineo, dirigente dell’Ente per vent’anni, combattè battaglie civili e giudiziarie contro i poteri forti della città, dando vita così a quello che poi fu definito Caso Catania. Presentò in Procura e al Csm vari esposti, tutti coraggiosamente firmati in calce, sulle gestioni dei commissari regionali Tusa e Infantino. Il tribunale penale ha quindi accertato che le denunce di Messineo erano fondate. Infantino, poi, fu addirittura  arrestato per mafia.
Si tratta di storie vecchie, certo, ma a quanto pare, sempre attuali.
 

1 Comments

  1. ho maturato il convincimento che stiamo male al sud perchè il sole ci ha bruciato le cervella. Mi chiedo come mai sia possibile che dopo anni e anni di proteste nulla cambia ed il sole continua a splendere su tante rovine?I politici rimangono appollaiati sulle loro seggiole; i giudici rimangono chiusi nei loro pensatoi mentre la gente vaga nelle strade e nei vicoli cercando l’eterno responsabile. Brava Ada, ma quanto tempo hai perduto della tua vita per cercare nella monnezza i nostri eroi? Ci voleva un referendum per dimostrare attraverso un procedimento contorto che non era solo l’acqua pubblica ad interessare i cittadini bensì la classe al potere? Purtroppo la sordità permane .Non sento più le voci dissenzienti ed avverto che le conferenze dei servizi ,agghindate o ben servite dalle nuove nomine di consulenti e commissari, ci copriranno ancora di monnezza. E poi….grideremo allo scandalo. Per intervenire subito bisogna far cadere il velo delle nomine e della legge elettorale. Forse è tardi per protestare.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Gli ultimi articoli - Giustizia