Un regista del nord-est per raccontare le tragedie dei sud del mondo. In “A sud di Lampedusa” aveva dato voce ai migranti dell’Africa sud sahariana. Adesso a Catania, Andrea Segre, veneto, solo 34 anni, ha presentato al cinema King il suo ultimo film-documentario, “Il sangue verde” e ha incontrato lì e al caffè-libreria Tertulia, il pubblico.
Il film (premiato alle 67esima mostra del cinema di Venezia, al XXX festival del cinema africano di Verona e al festival del cinema e lavoro di Terni) prende le mosse dalla fuga da Rosarno, in Calabria, verso paesi meno crudeli, nel Lazio, nel Casertano, nel Napoletano. Sono gli stessi protagonisti, Amadou Bodian più altri sette braccianti africani, a dare voce a tutti i loro compagni. E a ritroso ricostruiscono i momenti della rivolta contro lo sfruttamento e la discriminazione.
Ricordate? Nel gennaio 2010 a Rosarno gli immigrati scesero in piazza, stanchi delle condizioni di degrado in cui vivevano, delle ingiustizie subite, dei salari di fame (25 euro per lavorare no stop dall’alba al tramonto) e per giunta falcidiati dalle continue richieste di pizzo dei caporali e della ‘ndrangheta. E a tutto ciò si era aggiunta addirittura la caccia all’uomo con fucili a pallini e armi da caccia. Alla giusta rabbia dei braccianti africani lo Stato italiano rispose con la repressione della polizia antisommossa, con lo sgombero forzato di mille persone, perchè, come disse la ministra alle pari opportunità Garfagna -vocina suadente e occhioni sgranati- “noi stiamo con gli italiani senza se e senza ma”.
Il titolo al film lo dà uno dei protagonisti. ” Il nostro sangue non è verde, è rosso come il vostro”, dice. “Ho cercato di raccontare -spiega Segre- cosa vuol dire lavorare in un aranceto, non potere lavarsi o cambiare, patire il freddo e la fame, venire spediti nei campi anche con la pioggia, lavorare 9 ore per 25 euro al giorno. Poi ho intrecciato quelle immagini con i documentari degli anni 40 quando erano gli italiani a lavorare con fatica quelle terre. In questo intreccio ho inserito anche la presa di potere della ndrangheta nei territori di Rosarno”.
E dalla tragedia Rosarno a un’altra tragedia, Lampedusa, con gli arrivi dei migranti e i rimpatri. “E’ una strategia precisa – dice Segre – creare emergenza, rappresentare una situazione apocalittica per proporre e fare accettare soluzioni emergenziali. E fare affari con le navi e con i villaggi dei privati amici e amici degli amici. In compenso è stato smantellato un sistema di protezione dei rifugiati-richiedenti asilo e la rete dei Comuni per l’asilo. Se i migranti fossero stati assorbiti da tutti i centri d’Italia non ci sarebbe stata emergenza. Si è abbandonato un percorso virtuoso, seguito ad esempio nella guerra del Kossovo, per seminare paura e percorrere un percorso emergenziale”.
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