L’emergenza migranti diventa sempre di più business. A fare affari con soldi pubblici, cioè con i nostri soldi, sono privati ed enti. E non sappiamo bene quante e dove siano esattamente le strutture, anche piccole e private, nate per accogliere poveretti in fuga, da guerre o da povertà poco importa. Sappiamo solo che si moltiplicano come le sigle. Ci sono i Centri di accoglienza (CDA), i Centri di accoglienza richiedenti asilo (CARA) e i Centri di identificazione ed espulsione (CIE), già CPT (Centri di permanenza temporanea) e CPA ( Centro di prima accoglienza).
Già nel settembre del 2008 Fabrizio Gatti su L’Espresso scriveva così: “Raddoppiano gli sbarchi. Aumentano le richieste di asilo. E per ospitare gli immigrati, il governo improvvisa nuovi centri. Gestiti da privati. Spesso all’insaputa di sindaci e cittadini”. Ed oggi Antonio Mazzeo scrive su Left-Avvenimenti che “per l’accoglienza nell’ex base militare di Mineo, la Croce Rossa incasserà tre milioni di euro al mese. La proprietaria dell’area 360.000. Più di 20 milioni solo per il 2011. Tutto a carico del contribuente”. In tutta Italia gli enti che gestiscono i CARA ricevono per ogni richiedente asilo un contributo che varia dai 40 ai 52 euro al giorno.
Per Mineo, sorta di connubio tra CIE e Cara, la spesa mensile, sempre che gli ospiti si fermassero agli attuali 2000, si aggirerebbe, dunque, intorno ai 3 milioni di euro. Per la gestione è stata individuata la Croce Rossa Italiana, direttamente dal Commissario straordinario per l’emergenza immigrati, il prefetto di Palermo Giuseppe Caruso, senza l’indizione di un bando ad evidenza pubblica e la presentazione di un piano dei servizi da gestire. Ma non basta: ci sono poi i canoni d’affitto pagati per le 404 villette di Mineo di proprietà della Pizzarotti S.p.A. di Parma, una delle principali società di costruzioni italiane, appaltatore di fiducia delle forze armate USA. Secondo un calcolo di massima, per i 10 mesi coperti dal decreto di emergenza, Mineo non costerà meno di una ventina di milioni di euro, con l’esclusione degli stipendi e delle indennità di missione di oltre un centinaio tra poliziotti, carabinieri e militari dell’Esercito.
Il centro di Lampedusa, invece, è gestito dalla Lampedusa Accoglienza srl. Amministratore delegato della società è Cono Galipò, incontrato e intervistato su un piccolo Atr da Corona Perer. In Italia sarebbero solo cinque o sei le ditte incaricate dal Ministero dell’ Interno di provvedere alle necessità e ai bisogni del migrante, vitto, alloggio, cure mediche e, nel caso di morte, servizio sepoltura. La gestione a Lampedusa costa 33 euro al giorno per migrante. Nel centro di Messina , gestito sempre da Galipò, il costo sale a 40 euro.
L’ accoglienza dei rifugiati, distribuita fino al ora in vari Comuni e gestita dalle reti solidali di enti e associazioni (il cosiddetto sistema Sprar), ha pesato invece “per non più di 20-22 euro al giorno per rifugiato” (Mazzeo). Ha anche avuto il vantaggio di positive ricadute sull’economia e sull’occupazione locale, come ad esempio nell’ esperienze pilota di Riace. Per Mineo se ne gioverà forse il potente consorzio Sol.Co di Catania, per intercessione del presidente della Provincia di Catania e coordinatore regionale del Pdl, Giuseppe Castiglione. Non solo soldi, quindi, ma anche consenso, in vista di vantaggi elettorali.
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