E’ una vitttoria di “Antigone”, di “A buon ditritto” , del volontariato, delle associazioni che si occupano dei diritti dei carcerati e di tutta la società civile. Il caso di Carmelo Castro, morto in cella, in circostanze poco chiare, sarà riaperto dalla Procura di Catania. Lo aveva richiesto a gran voce la madre, Grazia La Venia, che non ha mai creduto all’ipotesi del suicidio. Troppe le contraddizioni della versione ufficiale, a cominciare dall’altezza del letto a castello al quale, secondo l’inchiesta precedente, si sarebbe impiccato Castro. Un letto alto solo 170 centimetri, cinque in meno dell’altezza del ragazzo.
“Perché – si chiede Antigone nell’esposto presentato alla Procura – non venne sequestrata la cella e il lenzuolo al quale si sarebbe impiccato Castro, né interrogato il personale del carcere e i detenuti delle celle vicine?”.
Anche il garante siciliano per il diritti dei detenuti Salvo Fleres, ha annunciato una nuova interrogazione al ministro della giustizia sostenendo che “la magistratura ha il dovere di chiarire i troppi punti oscuri di questa vicenda”. Così la Procura riapre le indagini. prendendo anche in considerazione la richiesta dell’associazione Antigone di riesumare il cadavere per verificare se sono ancora riscontrabili segni di violenza.
Carmelo Castro, 19 anni, incensurato, venne trovato cadavere alle 12,20 del 28 marzo 2009 nella cella numero 9 della sezione “Nicito” (quella dove vanno a finire i detenuti in isolamento) del carcere catanese di Piazza Lanza dove era entrato quattro giorni prima, accusato di aver fatto il palo in una rapina. A lungo interrogato dai carabinieri, aveva raccontato di vessazioni e pestaggi ad opera di esponenti della stessa banda con la quale aveva fatto la rapina che non lo volevano far uscire dal giro.
Per ulteriori dettagli, leggi su Argo, Antigone: “Riaprite il caso Castro!”
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