Sublimi nella loro ingenuità. Così sono stati definiti i pupi siciliani dalla grande Marguerite Yourcenar. Apprezzata in tutto il mondo, l’Opera dei Pupi siciliani è stata dichiarata dall’Unesco, nel 2001, patrimonio dell’Umanità. Le storie dei paladini di Francia non sono infatti che un mezzo per rappresentare in maniera efficace e metaforica la società popolare, con tutte le sue difficoltà, illusioni e speranze.
Quella dei pupari è un’arte molto complessa in cui bisogna possedere sia abilità manuali per la costruzione di raffinate marionette e scenografie teatrali, sia abilità intellettuali per la riscrittura delle storie dei paladini, sia abilità drammatiche per la loro rappresentazione in pubblico.
In Sicilia sono ancora molti i pupari che, nonostante non godano della stessa fama delle “famiglie” più rinomate e famose, esercitano quest’arte con passione, competenza e abilità. Uno di questi è sicuramente Salvo Mangano di San Pietro Clarenza, puparo da più di quarant’anni, direttore e capocomico dell’associazione “Il Paladino. Opera dei pupi”.
Nella sua bottega, tra gli strumenti di lavoro, le scenografie teatrali smontate e i pupi appesi, luccicanti nelle loro armature cesellate di ottone, bronzo e rame, si avverte tutto il fascino di quest’arte antica. «La prima volta che vidi un’opera dei pupi fu a tre anni – spiega Mangano – Accanto alla mia casa di Giardini Naxos, negli anni ’50, era attivo un teatro dell’Opera dei Pupi.
Negli anni ’70 e ’80 mi sono formato poi alla scuola di grandi pupari catanesi come Salvatore Faro che aveva la sua bottega in via Acquicella e da cui ho anche ereditato alcuni pupi, Salvatore Laudani di via Mirabella, Nino Insaguine in via Ventimiglia e Natale Napoli padre degli attuali fratelli Napoli a cui feci da “parlatore” di pupi nei suoi spettacoli. Ma il mio maestro ispiratore è stato sicuramente Biagio Sgroi che mi ha spinto ad aprire un’associazione culturale e a creare degli spettacoli per conto mio».
L’Opera dei Pupi però, nonostante i riconoscimenti internazionali, non sembra godere di adeguate attenzioni da parte delle Istituzioni che «non forniscono di adeguati supporti le piccole associazioni culturali – lamenta Mangano – perché preferiscono concentrarsi soltanto sulle poche cosiddette “rappresentative”. Inoltre bisognerebbe fare qualcosa di più per sensibilizzare il mondo dei giovani, per assicurare un cambio generazionale all’arte dei pupi ».
Perché il vero posto del pupo siciliano non è appeso a un gancio oppure dentro una bacheca di vetro, è sul palco in legno di un teatro.
Chi volesse contattare Salvo Mangano e la sua associazione può trovarlo ai numeri telefonici 095520717 – 3409853266
Puoi leggere in pdf una parte del testo “I pupi siciliani” della Yourcenar. E’ tratto da Pellegrina e Straniera, raccolta di esperienze di viaggio, edita in Italia da Einaudi. Vi si fa riferimento ad una permanenza a Palermo, probabilmente del 1938.
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