Approvato con deliberazione del Consiglio Comunale del 10 maggio 1995, lo Statuto del Comune di Catania era rimasto inutilizzabile, soprattutto per quanto riguarda gli Istituti di partecipazione popolare, per la banale, ma non casuale, mancata approvazione del Regolamento attuativo.
Finalmente nella seduta dello scorso 25 ottobre, il Consiglio Comunale ha accolto e approvato la proposta di Regolamento che renderà finalmente operative diverse forme di partecipazione diretta dei cittadini alla vita amministrativa della città.
E’ l’esito, una volta tanto vittorioso, di una lunga battaglia iniziata nel 2007 dal Comitato “Noi Decidiamo”, costituito da cittadini catanesi che si sono organizzati, al di fuori dei partiti, in gruppi spontanei, associazioni, comitati di quartiere per promuovere questa iniziativa.
L’iniziativa è consistita nella elaborazione di una proposta di regolamento attuativo “chiavi in mano”, pronta per essere esaminata, discussa e approvata dal Consiglio comunale. A sostegno di questa proposta, il 10 marzo 2009 il Comitato, a norma dell’art. 44 dello stesso Statuto, aveva depositato presso il Comune una petizione firmata da più di 800 cittadini catanesi.
Essa è stata successivamente recepita e fatta propria da alcuni Consiglieri comunali e quindi, come è stato documentato da CittàInsieme, esaminata ed emendata dalle commissioni consiliari permanenti, prima di essere presentata per la definitiva approvazione del Consiglio.
La sua entrata in vigore permetterà a tutti i catanesi di far pesare la propria opinione nella risoluzione dei problemi della città e di contribuire alle decisioni che li riguardano.
Tra le altre cose renderà praticabile, per i singoli cittadini e per i gruppi organizzati, il diritto di petizione, di istanza, di udienza, la possibilità di avviare iniziative di consultazione popolare e di promuovere referendum consultivi, propositivi e abrogativi.
Tuttavia, se è stata vinta una battaglia certamente decisiva, ancora la guerra non è finita. L’effettiva praticabilità di questi strumenti ha infatti dei costi che certamente non potranno essere coperti dall’esigua cifra di 10.000 euro messi dall’Amministrazione in bilancio alla voce “strumenti di partecipazione popolare”.
Occorrerà quindi continuare mantenere alta la guardia per non rischiare di dover aspettare altri 15 anni per potere indire un referendum.
Nonostante la singolare coincidenza, non si è trattato di una nuova rivoluzione d’ottobre, né della presa del Palazzo degli elefanti, ma, in questi tristissimi tempi di vacche smunte per la democrazia partecipata, è comunque un piccolo segno di speranza.
Leggi il testo del Regolamento sugli istituti di partecipazione e consultazione dei cittadini