Comprendere il conflitto che si è aperto fra Facoltà di Lingue e Ateneo, con la paventata chiusura della Facoltà, non è semplice. Non sempre, tra l’altro, è agevole o possibile separare i fatti dalle opinioni. L’intrigo sta proprio fra questi due piani.
Qualche fatto sicuro intanto:
1) la Facoltà di Lingue è la più giovane fra quelle istituite preso l’Università di Catania; essa ha due sedi fisiche di pari dignità, a Catania e a Ragusa; in atto essa vede fra i suoi iscritti circa 6.000 studenti, dei quali 4.300 circa a Catania, 1.700 circa a Ragusa;
2) la Facoltà nasce dalle fusioni fra i Corsi di laurea in lingue della Facoltà di Lettere e della Facoltà di Magistero (nel frattempo divenuto Scienze della Formazione); circola ad arte da tempo la voce che la sede giuridica sia Ragusa, ed è voce alimentata anche dal Rettore; in questa prospettiva, dunque, la sede di Catania sarebbe una sorta di duplicato-succursale di quella di Ragusa;
3) questa voce non ha alcun fondamento: la Facoltà nasce dopo lungo dibattito entro l’Ateneo di Catania, con distinti corsi presso le due sedi. Ci sono i documenti. Nessuno fra quanti sostiene la tesi di cui al punto precedente potrà invece indicare un solo documento in cui sia dichiarata la sede giuridica a Ragusa; è vero invece che nella convenzione con il Consorzio di Ragusa che accompagnava l’istituzione della Facoltà, nulla è specificato in merito alla “sede”: da questo silenzio (a mio avviso dovuto ad automatismo e ad una disattenzione, perché era chiaro che la presenza dell’Ateneo a Catania induceva a non percepire certi particolari) alcune posizioni ambigue e strumentalizzazioni; ma si sa, anche le menzogne, ripetute tante volte, sembrano diventare verità;
4) dopo alcuni anni di discreto funzionamento, la situazione gestionale a Ragusa è progressivamente peggiorata, a causa delle risorse insufficienti poste a fronte di esigenze crescenti (una per tutte: la maturazione delle lauree specialistiche); cresceva anche la esposizione debitoria della Facoltà nel suo complesso;
5) con un documento di qualche mese fa (forse ottobre o novembre 2009) la convenzione veniva denunciata, con delibera del Senato Accademico, non senza strascichi polemici, e le attività didattiche venivano concentrate, a partire dal 2010-11, a Catania.
Queste le necessarie premesse burocratiche, al netto, dunque, della valutazione sulla didattica e ricerca della Sede di Ragusa, per comprendere come sia sembrato a tutti un fulmine a ciel sereno la notizia, dapprima confusa, piombata sulle teste di tutti gli interessati fra la fine di aprile e i primi di maggio, che la Facoltà di Lingue avrebbe dovuto chiudere a Catania per riversarsi interamente su Ragusa, fatti salvi i corsi a esaurimento per gli studenti già iscritti; ma a Ragusa, si badi, non all’interno dell’Ateneo di Catania, ma in un ipotetico Quarto Polo pubblico, ancora da costituire (e da finanziare), che dovrebbe comprendere spezzoni di Facoltà ora collocate fra Siracusa Ragusa Enna e forse Caltanissetta; in questo ridisegno (chiamato, naturalmente “potenziamento”, com’è caratteristica di tutte le forme di tagli e restrizioni) ricadrebbe anche la Facoltà di Lingue. Il presidente e gli esponenti del Consorzio di Ragusa ne rivendicano addirittura la esclusività.
Il Rettore dell’Università di Catania conduce per i fatti suoi le trattative fra Consorzio ragusano e Ministero. Egli ha sempre ufficialmente combattuto il principio del decentramento, per il dispendio che comporta, fino ad avere un atteggiamento che è sembrato preconcetto; e su questo progetto ha ricevuto voti, in occasione del suo secondo mandato, anche all’interno della Facoltà di Lingue. Ora, chissà perché, lavora per un decentramento così radicale da comportare la rottamazione di intere Facoltà (anche Architettura dovrebbe entrare in questo disegno; ma essa nasce fin dall’inizio a Siracusa, e solo lì).
Non solo la Facoltà, ma neanche il Preside era a conoscenza di questo disegno, fino al 1° maggio. Chissà perché avremmo dovuto fare salti di gioia. L’insediamento della Facoltà di Lingue è infatti recente, ma ben consolidato da decenni di Corsi di Laurea in Lingue entro la Facoltà di Lettere. Esiste una biblioteca, una tradizione didattica e scientifica, una specializzazione ormai ben definita e potenziata, e anche una vivacità culturale frutto dei rapporti dinamici con le istituzioni e con i soggetti sociali più attivi nel territorio. Molti docenti che lavorano a Ragusa hanno stabilito là loro sede; qualcuno ha messo su casa, e ha dato un contributo notevole alla crescita di questa sede.
Alla notizia improvvisa della “rottamazione” annunciata, il Preside e i docenti si allarmano; gli studenti, a loro volta allarmati, si mobilitano con veemenza. Pian piano si tirano indietro alcuni fra gli sponsor, veri o presunti, dell’iniziativa. Essa sembra sempre più irragionevole, e frutto dell’accordo di vertice fra alcuni signori, fra i quali, ahinoi!, il Rettore dell’Università di Catania, più interessato, a quanto sembra, a promuovere il quarto polo che a difendere l’insediamento dell’Ateneo che rappresenta e che governa.
I responsabili del Consorzio ragusano, che hanno mal amministrato questa preziosa risorsa allocata a Ragusa Ibla, debbono ora dar conto all’indotto che si è creato sulla Facoltà, e alla cittadinanza in genere. In atto la situazione è fluida, e la soluzione da trovare dovrebbe essere quella di una fusione fra Facoltà (secondo un disegno generale voluto dal Ministero), cui accompagnare parallelamente l’istituzione di un polo sud-orientale. Ma i passaggi intermedi sono i più delicati. S’impone la vigilanza. I passaggi intermedi a qualcosa che non si sa bene sono i più pericolosi. Il destino di varie generazioni di studenti (per non parlare dei docenti, del personale T.A., dei molti precari) è a rischio, e così pure un presidio culturale della città e dell’area orientale della Sicilia.
Sulle motivazioni di questa dismissione le nebbie sono fitte. Sui progetti del quarto polo, sulle risorse, sull’organizzazione, nessuno sa dire ancora nulla. Se non fossimo un po’ tutti pesantemente coinvolti, potremmo dire, con Totò, «voglio vedere come va a finire»! Alla prossima puntata.
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perche non chiudere a catania e lasciare aperta la sede di ragusa finalmente si ha una comodità di essere più vicini a una sede universitaria e come al solito le cose prima si fanno con sacrificio e poi si si distuggono con facilità.