Riceviamo da Massimiano Aureli, coordinatore regionale dell’UAAR (Unione Atei e Agnostici Razionalisti), un contributo che, a partire dalla concomitanza tra il lutto per la morte di papa Francesco e la festività del 25 aprile, sollecita alcuni interrogativi sulla laicità dello Stato e sulle decisioni delle istituzioni pubbliche non coerenti con questo principio.
I recenti eventi in occasione del 25 aprile e del concomitante lutto imposto al paese per il decesso del papa, hanno profondamente segnato una parte della collettività. La presente nota mi auguro sia utile a far comprendere ad una porzione della comunità italiana, apparentemente prevalente (e le apparenze hanno un ruolo specifico ma fuorviante), i sentimenti di un’altra porzione della comunità, normalmente silente e spesso rassegnatamente indignata.
Inizio da un esempio: la disposizione di polizia municipale del Comune di Francofonte, con cui è stato inibito il corteo per la festa della liberazione (evento civile per eccellenza della nostra Repubblica), sostituito con la semplice deposizione di corona d’alloro al monumento ai Caduti e con “momenti di preghiera e raccoglimento in memoria del defunto papa”, sotto la guida di prelati locali (un arcidiacono, che non sappiamo bene cosa sia, e un parroco).
A noi appare incomprensibile come persone pur intelligenti e stimabili non siano insorte contro questa inqualificabile intromissione di credenze e sentimenti privati nell’ambito dell’ordinamento democratico e della convivenza civile.
Siamo ormai abituati a capire che molte persone non sono i grado di rispettare i punti di vista di tutti; perfino chi riveste ruoli istituzionali, o rappresenta lo Stato, cade frequentemente (senza adeguata riflessione) nell’errore di confondere il proprio personale abito mentale con la funzione che riveste. Vogliamo perfino ipotizzare che sia fatto in buona fede, che si sia convinti (ancora una volta senza adeguata riflessione) di rappresentare il pensiero comune. Ma non è così: ogni volta che si dà spazio ad atteggiamenti fideistici e di culto, c’è una parte della collettività che rimane offesa. E’ ora che il tradizionalismo religioso pubblico, specificatamente italiano, lasci spazio alla libertà di tutti gli individui e alla libertà del loro sentire.
Chiariamo che, dal punto di vista delle regole che sovraintendono alla nostra convivenza civile, è ormai da un trentennio acclarato come sia “inaccettabile ogni tipo di discriminazione che si basasse soltanto sul maggiore o minore numero degli appartenenti alle varie confessioni religiose” (Corte Costituzionale 925, 1998).
Pertanto, anche ammettendo che i “credenti cattolici” fossero il 99% della popolazione italiana, essi non avrebbero nulla a pretendere come trattamento preferenziale da parte dello Stato. I fatti vogliono che, però, questa presunta stracciante maggiorità, che ci viene spesso sbattuta in faccia (ci scrivono: “se non vi piace l’Italia cattolica, rassegnatevi e andate via”), sia del tutto fasulla: i dati IPSOS 2023 rivelano che i cattolici sono solo il 61% del totale, ma coloro che osservano i precetti del culto sono meno di un terzo di questa quantità e in continua diminuzione. La lontananza dalla dottrina conservatrice del clero cattolico è ancora più accentuata se si considera che (dati Censis 2023) gli italiani sono favorevoli all’eutanasia in misura del 74,0% e al matrimonio egualitario tra persone dello stesso sesso in misura del 65,6%.
Noi non siamo quindi una sparuta combriccola di rivoluzionari. È quasi vero il contrario: l’accentramento del potere nelle mani “vicine” ad alcune gerarchie implica la visibilità di una specifica abitudine religiosa che non corrisponde alla realtà d’oggi.
Noi desideriamo rendere più moderno e indipendente il nostro paese, avvicinandolo ad altri paesi europei e occidentali, che storicamente hanno fatto del principio costituzionale di laicità il centro fondante della loro esistenza. Paesi dove è vietato ogni simbolo religioso nelle strutture pubbliche, e dove la professione di fede è libera e protetta, ma è culturalmente contenuta nell’ambito della vita privata degli individui, senza che alcuna chiesa o setta religiosa possa interferire, anche solo formalmente, con le scelte dello Stato in ambito sociale, economico, civile e giuridico.
Ci rivolgiamo quindi alle persone intelligenti: ogni qual volta sentite prevalere il vostro legittimo (e certamente da tutelare) credo personale, ricordatevi di fare in modo che, nei fatti, non confligga con i sentimenti e le libertà degli individui che hanno un diverso modo di interpretare il valore della vita. Soprattutto i rappresentanti delle istituzioni si liberino da pastoie fideiste, che discreditano il loro ruolo, e si astengano dall’operare scelte improprie o inopportune, avviando procedure non lecite, oppure praticando omissioni che minano l’uguaglianza sociale, privilegiando, favorendo o anche solo propagandando i precetti di alcuni particolari gruppi religiosi.
Alcuni eventi (come quello portato ad esempio in precedenza), in ambito europeo possono aver luogo solo in Italia. Vediamo di essere più umili: abbiamo poco da insegnare ad altri paesi laici e civili; proprio poco. Vediamo di crescere, in rispetto, visione del futuro e civiltà.
Laicamente sacrosanto.