“L’inizio dei lavori avverrà al più presto, entro la fine di aprile”. Parliamo del Ponte sullo Stretto e delle dichiarazioni di Pietro Salini, amministratore delegato della Webuild, la società che guida il consorzio Eurolink incaricato della costruzione dell’opera. Noi siamo pronti, prosegue Salini, manca solo l’approvazione del CIPESS (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile). Un’approvazione che però non è così semplice e scontata come si vorrebbe far apparire.
In ballo c’è lo scoglio della Commissione Europea che dovrebbe dare una autorizzazione in deroga, visto che la Valutazione di Incidenza Ambientale, redatta – si badi! – dal Ministero dell’Ambiente, ribadisce la necessità di tutelare una serie di siti protetti, ZPS ITA030042 (Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare e Area Marina Stretto), ZPS IT9350300 (Costa Viola) e ZSC IT9350172 (Fondali da Punta Pezzo a Capo dell’Armi).
Si tratta di Zone di Protezione Speciale individuate dall’Unione Europea o di Zone Speciali di Conservazione, siti di importanza comunitaria (SIC) che fanno parte della rete Natura 2000, il principale strumento della politica dell’Unione Europea per la conservazione della biodiversità. Non zone rigidamente protette dove le attività umane sono escluse, ma aree in cui un corretto equilibrio tra attività antropiche e natura deve garantire la protezione di quest’ultima. Ecco perché, in queste aree, prima di realizzare qualunque progetto, è necessario che ne vengano valutati i possibili effetti negativi sulla protezione e la conservazione degli habitat e delle specie, animali e vegetali.
Come leggiamo nella pagina dedicata del Ministero dell’Ambiente sono consentite deroghe solo: in assenza di soluzioni alternative, se esistono “motivi imperativi di rilevante interesse pubblico prevalente”, si individuano idonee misure compensative da adottare. Condizioni che la realizzazione del Ponte sullo Stretto non soddisfa.
Lo dice, sinteticamente, il ‘Coordinamento No Ponte di Sicilia e Calabria’ nel Comunicato che di seguito pubblichiamo. Vi si ribadiscono anche le criticità irrisolte del progetto dal punto di vista tecnico e l’enorme spreco di risorse economiche, risorse che potrebbero essere investite nella soluzione di annosi e gravi problemi del territorio. Senza dimenticare che è stata, consapevolmente e colpevolmente, ritirato l’ordine di acquisto di nuovi traghetti Ro-Ro che, potendo imbarcare i treni di sette vagoni senza la necessità di scomporli, dimezzerebbero il tempo di percorrenza dello stretto, già da ora e con una spesa mille volte inferiore.
Da mesi il Progetto Definitivo del ponte sullo Stretto di Messina è incagliato nell’impossibilità per il CIPESS di procedere alla sua approvazione. Il Governo vorrebbe procedere senza chiedere il necessario “previo parere” alla Commissione Europea, ma non riesce a superare lo scoglio di una Valutazione di Incidenza Ambientale negativa.
Il suo impatto su zone di interesse comunitario e su habitat e specie naturali prioritari non è compensabile, e le misure previste nel progetto sono giudicate da ISPRA del tutto inadeguate. Il Governo sostiene di poter superare questa criticità, ma mancano le premesse per l’approvazione “in deroga” del progetto, visto che non sono state valutate ipotesi alternative e che non possono essere dimostrati gli “imperativi motivi di rilevante interesse pubblico”: non ci sono motivi relativi a salute umana, sicurezza pubblica, ambiente. In queste condizioni il progetto è inapprovabile, e la sua eventuale autorizzazione sarebbe illegittima.
Il ponte sullo Stretto è un azzardo tecnico, viste le criticità non risolte (presenza di una faglia sotto il pilone calabrese e della faglia di Ganzirri sul versante siciliano, assenza di prove sui cavi, contraddizione delle prove per il vento, …).
Inoltre, drenando risorse preziose e già assegnate, danneggia lo sviluppo della rete di trasporti interna alle regioni meridionali, alla Sicilia e alla Calabria, con autostrade e strade in pessimo stato, con carenze storiche nelle infrastrutture ferroviarie (in Sicilia quasi l’80% della rete è a binario unico e oltre il 40% non è elettrificata) e inadeguatezza di porti e aeroporti.
Per dimezzare i tempi di attraversamento dei treni nello Stretto di Messina basterebbe utilizzare Frecciarossa da 4 vagoni (che possono essere traghettati senza multipla scomposizione) e/o acquistare traghetti Ro-Ro più lunghi, in grado di imbarcare treni con sette vagoni. Infine, per scellerata scelta del Governo il ponte assorbe fondi dagli FCS
(Fondi per Crescita Sostenibile), che avrebbero potuto essere destinati a priorità assolute per il Sud, quali le infrastrutture idriche, il contrasto al dissesto idrogeologico e la transizione energetica.
Il ponte sullo Stretto rappresenta più una minaccia che una opportunità per lo sviluppo sostenibile della Sicilia, della Calabria e del Meridione.
È necessario pertanto continuare la mobilitazione per opporsi alla sua costruzione e lottare affinché le risorse pubbliche vengano utilizzate nei territori del Sud per migliorarne le infrastrutture esistenti, per la messa in sicurezza dei territori, per la valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale, per la realizzazione di opere tecnicamente fattibili ed economicamente sostenibili, per il sostegno al reddito di quanti sono ai margini del mondo del lavoro e della società, per il rilancio di servizi essenziali come gli interventi sociali, la sanità, la scuola, la gestione dell’acqua, minacciati dall’incombente autonomia differenziata che allargherebbe il divario tra Nord e Sud.
Per questi motivi continueremo a opporci a questo progetto con ogni forma di lotta pacifica e nonviolenta, a tutela dell’ambiente e per uno sviluppo sostenibile dell’area dello Stretto di Messina.
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Cominciamo a vedersi le vere ragioni per cui non è possibile costruire il ponte sullo stretto! Adesso bisogna capire se il governo ha già stipulato un contratto con la ditta appaltatrice, perché se è così è chiaro lo scopo di chi ha forzato la mano per questo progetto che è quello di spartirsi l' eventuale penale che lo stato dovrà pagare alla ditta appaltatrice, come è già successo in passato!
Mi auguro ché non sia stato firmato nulla ancora e che non ci siano cavilli legali che consentano una penale!