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Emergenza desertificazione, la denuncia del vescovo di Nicosia

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Rischiamo una desertificazione sociale, demografica, culturale, democratica! scrive il vescovo di Nicosia, rivolgendo un appello alle maggiori autorità dello stato, e in primo luogo al Presidente della Repubblica. Chiede di invertire subito la rotta per salvare l’intera Sicilia da una drammatica prospettiva, sia dal punto di vista ambientale, che rispetto alla stessa tenuta sociale. Parole pesanti che denunciano non solo la crisi idrica drammaticamente sofferta nell’intera regione, ma anche il continuo abbandono di questo territorio da parte delle giovani generazioni e l’incapacità dello stato italiano di offrire all’intera popolazione adeguate opportunità. Non una polemica sterile, ma l’elaborazione di proposte che potrebbero rappresentare un’alternativa a questa crisi epocale.

Stimatissimo Sig. Presidente Sergio Mattarella, uomo di questa nostra amata Sicilia, illustrissime Autorità in indirizzo, mi permetto di scriverVi nella speranza di una vostra risposta concreta alle varie domande, che mi preme porre alla vostra premura e alla vostra attenzione e che sono scaturite dall’ascolto e dal confronto di diverse componenti della nostra realtà ecclesiale e sociale. Se tutto è connesso e in relazione, nessuno di noi pensi di farcela da solo!

La Chiesa di Nicosia ha a cuore “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi” (Gaudium et spes). In questo tempo particolare, con grande preoccupazione e attenzione, ho seguito e seguiamo insieme ai miei collaboratori e agli Uffici della nostra Curia, l’evolversi dei cambiamenti climatici, che Papa Francesco ha messo in luce con l’Enciclica Laudato Sì e che nella nostra Regione si sono manifestati in varie forme: dai devastanti incendi, ai fenomeni estremi delle alluvioni e trombe d’aria sulle zone costiere, fino alla recente crisi idrica che, nell’ultimo anno, ha colpito in modo particolare le nostre terre con sempre maggiore intensità.

Ho voluto, però, intitolare questa mia lettera aperta non a caso “emergenza desertificazione”; sì, perché secondo autorevoli scienziati, se non invertiamo subito la rotta, fra vent’anni oltre il 50% della Sicilia, in particolare nelle aree interne, sarà un vero e proprio deserto, con temperature africane e fenomeni climatici sempre più devastanti.

Vorrei dare, inoltre, con questo termine, un respiro più ampio: il territorio che sono chiamato a servire come Vescovo, coincide con il nord della Provincia di Enna (12 comuni: Agira, Assoro, Catenanuova, Centuripe, Cerami, Gagliano Castelferrato, Leonforte, Nicosia, Nissoria, Regalbuto, Sperlinga e Troina), fra i territori più poveri d’Italia, zona interna e montana della Sicilia, con strade più simili a mulattiere di campagna che a vie di comunicazione, privo di collegamenti ferroviari, di università, di ospedali moderni in quanto i due esistenti subiscono continui ridimensionamenti. Abbiamo subìto, pur manifestando il nostro dissenso con varie forme di protesta, la chiusura del Tribunale e della Casa circondariale di Nicosia. Altri servizi essenziali vengono meno o diventano sempre più carenti.

Rischiamo una desertificazione sociale, demografica, culturale, democratica!

Troppo a lungo questo territorio è stato abbandonato dalle più alte Istituzioni, dalla Politica, dalla programmazione relativa ad infrastrutture e servizi. Eppure, abitano questa terra meravigliosa che sento mia, come Pastore di questo popolo, che Dio non abbandonerà mai, circa 70.000 donne, uomini, anziani e bambini.

Si tratta di persone di grande bontà ed umanità, oneste, accoglienti, laboriose, che hanno combattuto la guerra al pari degli altri italiani per regalarci un’Italia libera, democratica, antifascista, che pagano le tasse come tutti gli altri, che però fanno sacrifici enormi per continuare a vivere in questa terra che amano!

Da quando sono Vescovo di questa Diocesi, ogni anno è come se vedessi scomparire un intero Comune: oltre 1.500 miei concittadini sono costretti ad emigrare, spesso per mancanza di lavoro, per motivi di studio, per cure e per dare un avvenire migliore ai propri figli. Sono soprattutto giovani, diplomati, laureati, con competenze, intelligenza e propensione al sacrificio, a lasciare questa terra per fare la fortuna delle scuole e delle aziende del nord Italia.

Pertanto, mi sono chiesto, insieme alle persone che collaborano con me, Clero, Responsabili degli Uffici di curia e singoli cittadini, unitamente alle persone che non hanno voce e che nessuno ascolta perché fragili, vulnerabili, sole: cosa hanno in meno questi mie i fratelli e sorelle rispetto agli altri italiani? Quale colpa ancora devono pagare nel 2025? Perché si continua ad abbandonarli e a non metterli al centro delle priorità politiche?

Mi rifiuto di essere costretto a pensare che questo sia il frutto di una scelta consapevole o di una considerazione marginale e non egualitaria dei bisogni delle popolazioni!

Signor Presidente, illustri Autorità, se a tutti i servizi di base che negli anni ci sono stati tolti adesso aggiungiamo anche il sacrosanto diritto all’acqua che ci viene negato, qual è il messaggio che dobbiamo leggere tra le righe?

Che sia il messaggio che non contiamo nulla, che siamo solo una manciata di voti, che dobbiamo andare via tutti? Non ci si può troppo meravigliare se la nostra gente ha perso fiducia nelle Istituzioni e in tanti, troppi non vanno più a votare! Questi gli aspetti che mi preoccupano: l’emigrazione delle famiglie e dei giovani, la fuga dei cervelli, l’inverno demografico e l’astensionismo!

Il 21 dicembre u.s., ho invitato e incontrato i giovani, le donne, le famiglie, i sindaci, i parlamentari eletti nel nostro territorio, le associazioni, i comitati e i forum che hanno combattuto la battaglia nella fase più acuta dell’emergenza idrica; ho voluto innanzitutto ascoltarli e rendermi conto di persona della situazione, della sofferenza che hanno e abbiamo patito; sì, perché qui abbiamo avuto per mesi l’acqua razionata una volta a settimana, gli invasi ridotti a pozzanghere e siamo arrivati quasi con i bidoni in mano in fila verso le autobotti. Nel 2025, in un Paese, come l’Italia, che è fra le cosiddette potenze mondiali!

Questa situazione ha messo in ginocchio per mesi e mesi famiglie, imprese, agricoltura, allevamenti, commercio, edilizia, ristorazione, turismo e potrei continuare ancora a lungo il triste elenco. Ho visto i nostri sindaci esasperati!

Siamo stanchi e arrabbiati, illustri Autorità, perché ciò che è successo non è solo ascrivibile ai cambiamenti climatici. La gestione dell’acqua, in Sicilia, è una vergogna che ha origini e responsabilità precise: dal 2003 in poi, sappiamo benissimo cosa è accaduto, a chi è stata svenduta l’acqua pubblica (nonostante un successivo Referendum di segno opposto) per farne un business.

Ma, ci siamo chiesti: è degno di un Paese “normale” che in Sicilia la società Siciliacque, a cui sono stati dati in concessione per 40 anni, dighe, acquedotti, potabilizzatori e che gestisce captazione, accumulo, potabilizzazione e adduzione dell’acqua potabile a livello di sovrambito, abbia ottenuto l’acqua pubblica ad un prezzo esiguo, per rivenderla (nel nostro caso) alla società di ambito Acquaenna a 69 centesimi al metro cubo e che i cittadini la paghino in bolletta a circa 4,50 euro al metro cubo?

In alcune zone le condotte colabrodo disperdono oltre il 50% dell’acqua. Paghiamo, inoltre, l’acqua come potabile ma, arriva spesso sporca e imbevibile e siamo, quindi, costretti ad acquistare quella in bottiglia, alimentando un altro business e producendo infinita plastica che si trasforma in altro inquinamento.

Chiedo se sia normale che un pensionato della provincia di Enna, che percepisce una pensione di poco più di 500 euro al mese, sia costretto a pagare l’acqua più di un calciatore milionario di Milano?

Lo stesso schema si verifica in altre provincie, specialmente Caltanissetta, Agrigento, e Trapani (nonché in alcune zone del palermitano, del catanese, del ragusano e del messinese dove si manifestano problemi simili, se non peggiori).

In Sicilia erano stati installati tre dissalatori, oggi chiusi e vandalizzati. Ci si può confrontare, certamente, sul fatto che fossero insufficienti ed “energivori”, forse costruiti con tecnologie già all’epoca obsolete, ma costati decine di milioni di euro di denaro pubblico, a questo punto andati sprecati.

Ci siamo, altresì, domandati allora: perché la Spagna ne ha costruiti negli ultimi cinque anni circa 750 con tecnologie moderne e a basso consumo di energia? Questa sì, ci sembra programmazione e non emergenza continua!

In Sicilia l’acqua, bene primario, pubblico e indisponibile, con discutibili scelte politiche e programmatiche è stata svenduta due volte; si disperde per buona parte, si compra per potabile ma di fatto non lo è! La pazienza ha sempre un limite!

In conclusione, Vi chiedo, unitamente a tutto il Clero, ai Direttori degli Uffici diocesani, ma anche ai tanti fedeli laici che hanno seguito insieme a me questa triste vicenda, di accendere i riflettori su questo tema, come avete ben fatto in altre circostanze, per avere risposte concrete e immediate.

Invito ciascuno di Voi a venirci a trovare, per rendervi conto della situazione in cui viviamo. Vi daremo numeri, statistiche, foto, video, bollette, che comprovano quanto scritto. Saremo ben lieti di mostrarvi quelle che chiamare strade è un eufemismo, di farvi vedere le nostre condotte colabrodo, il colore dell’acqua che fuoriesce dai nostri rubinetti, i nostri ospedali perennemente sottorganico.

Mi fermo qui. Parafrasando le parole di Don Peppe Diana: l’amore per il mio popolo mi induce a non tacere oltre!

Allego alla presente, per coerenza con il nostro stile, che vuole essere sia di denuncia che di proposta, un documento contenente 10 proposte concrete e realizzabili, elaborate dal Laboratorio sociopolitico della Conferenza Episcopale Siciliana.

Oggi per noi cristiani è la festa della Presentazione di Gesù al Tempio. Colgo l’occasione per augurare a Lei Sig. Presidente della nostra amata Italia, a Lei Sig. Presidente del Consiglio e alle illustri Autorità, di venire incontro ai bisogni e alle esigenze della nostra gente per offrire a tutti luce e speranza; proviamo a dare nuove prospettive e un rinnovato slancio e vigore a questa porzione di territorio che ha in sé un profondo desiderio di vita.

Questo senza mai dimenticare gli altri, nella consapevolezza che ciascuno di Voi è posto al servizio del bene di ciascuno e di tutti, del bene a tutti comune. Si chiede non per togliere o deprivare mai gli altri, semmai per crescere tutti insieme.

Con grande fiducia auspico che questo invito, che è il grido mio e di tante persone che faticano, si impegnano e che non hanno ancora ceduto alla rassegnazione, venga seriamente ascoltato e preso in considerazione.

Giunga a Lei Sig. Presidente e alle illustri Autorità in indirizzo il mio più vivo e cordiale saluto.

Nicosia, 2 febbraio 2025

Giuseppe Schillaci, vescovo di Nicosia

Leggi e scarica la lettera completa a questo link

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