“La mitezza è il contrario della protervia e della prepotenza. Il mite non entra nel rapporto con gli altri con il proposito di gareggiare, di confliggere, e alla fine di vincere.
Ma la mitezza non è remissività: mentre il remissivo rinuncia alla lotta per debolezza, per paura, per rassegnazione, il mite invece rifiuta la distruttiva gara della vita per un profondo distacco dai beni che accendono la cupidigia dei più, per mancanza di quella vanagloria che spinge gli uomini nella guerra di tutti contro tutti.
Il mite non serba rancore, non è vendicativo, non ha astio verso chicchessia. Attraversa il fuoco senza bruciarsi, le tempeste dei sentimenti senza alterarsi, mantenendo la propria misura, la propria compostezza, la propria disponibilità. Ecco il ‘potere su di sé’…
Il mite può essere l’anticipatore di un mondo migliore.
Egli non pretende alcuna reciprocità: la mitezza è una disposizione verso gli altri che non ha bisogno di essere corrisposta per rivelarsi in tutta la sua portata.
Amo le persone miti, perché sono quelle che rendono più abitabile questa “aiuola”, tanto da farmi pensare che la città ideale non sia quella fantastica e descritta sin nei più minuti particolari dagli utopisti, dove regna una giustizia tanto rigida e severa da diventare insopportabile, ma quella in cui la gentilezza dei costumi sia diventata una pratica universale”
Pronunciate nel 1993 dal filosofo e giurista Norberto Bobbio in occasione di un ciclo di conferenze a più voci sul tema già allora ‘inattuale’ delle virtù, tra cui Bobbio scelse appunto la mitezza, queste parole furono poi pubblicate da ‘Linea d’ombra’ nell’opuscolo ‘Elogio della mitezza’, del 1994.
Le abbiamo scelte per formulare il nostro augurio per il nuovo anno. Le consideriamo, infatti, un monito fondamentale, non solo per i comportamenti individuali, ma anche a livello civile e persino nei rapporti internazionali.
Già Bobbio parlava della mitezza come “virtù sociale” e come “l’altra faccia della politica”. Ma il suo discorso si rivela particolarmente attuale ai giorni nostri, caratterizzati da una crescente esplosione di aggressività e di violenza nelle relazioni interpersonali come in quelle tra soggetti politici e tra Stati, sempre più inclini a dimenticare che la guerra comporta non solo morte e distruzione per tutti, ma in particolare l’annientamento dei più fragili, di coloro che – nel secolo precedente – abbiamo cercato di proteggere con dichiarazioni universali che intendevano garantirne i diritti. Dichiarazioni che abbiamo considerato difficili conquiste nel cammino verso una convivenza più civile, ma che oggi rischiamo di perdere.
Del richiamo alle parole, così significative, di Bobbio, ringraziamo l’alieno che ce le ha recentemente ricordate, insieme ad altre non meno autorevoli di altri pensatori, antichi e contemporanei.
Grazieeeee di questa speciale riflessione
Auguri a tutta la redazione!!!
Eleonora
N.Bobbio, nel suo libro sulla vecchiaia- lo leggo a puntate- raacconta della propria giovinezza: lo accusavano di essere iracondo, collerico e lui ammette di esserlo stato. Deve aver pagato tanto da aver conquistato la via della mano-molle. Si sarebbe spezzato. Comunque condivido appieno l’anelito. Mi auguro che provenga da un animo autentico, che corrisponda ad un sincero progetto di linea-guida. Avendo il temperamento di una gazzosa (o gassosa), anch’io ogni notte mi ripasso tutta la mia giornata e calcolo la percentuale di resistenza alle provocazioni. Da una natura idialliaca nel profondo, questo mio difetto non è mai primario: è sempre un’occasione mancata di far fronte a sequele di provocazioni reiterate ed incalzanti. Per parte mia- di me posso trattare- è doveroso metterci di più. Chissà se Bobbio poi ce l’ha fatta; lo renderò noto quando avrò finito di leggere il suo libro.