Non c’è nulla di scontato nel “Pinocchio” rappresentato venerdì 18 dicembre all’Istituto Penale per i Minorenni di Bicocca per la regia di Ivana Parisi e Luana Lombardo dell’associazione La Poltrona Rossa.
Non solo perché i Pinocchio sono quattro invece di uno e sono tre le Fate Turchine, in competizione per il ruolo ‘salvifico’, a somiglianza delle dee dell’Olimpo per la mela di Paride. Non solo perché gli attori sono sei ragazzi ristretti, cinque italiani e uno marocchino, e le Fate tre educatrici dello stesso istituto.
In questa edizione speciale di una delle fiabe più famose dell’immaginario letterario, i giovani protagonisti rappresentano se stessi, i loro desideri, le loro preoccupazioni, e quelle di tutti i loro compagni di detenzione. E per rappresentarsi hanno dovuto cercare di capire meglio se stessi e la loro vita, breve ma complicata.
Insofferenti della scuola, dediti al commercio ‘al dettaglio’ di sostanze non meglio identificate (come dichiarano nella scena davanti al giudice), con la pretesa di essere furbi senza esserlo davvero, come dimostra la loro disponibilità alle lusinghe del Gatto e della Volpe. E, ancora, desiderosi di essere liberi e felici ma consapevoli che, almeno per adesso, si può esserlo solo in sogno. Un sogno individuale perchè quello collettivo, civile, di Martin Luther King, è ancora poco comprensibile, estraneo.
Questi ragazzi non hanno soltanto recitato, sono co-autori del copione, a cui hanno contribuito con le loro battute, osservazioni, domande, che Ivana appuntava e organizzava poi su carta, via via che emergevano in quel ‘gioco di ruolo’ che sono stati gli incontri del laboratorio preparatorio. Dalla reazione ad una scena che veniva proposta, nasceva – infatti – un’altra scena, dalle perplessità davanti ad una battuta, veniva fuori la battuta successiva.
E dalle battute emergeva il loro vissuto, i desideri, le fragilità, lo spaesamento, nascosti talora sotto una coltre di apparente sicurezza. Ma anche la disponibilità ad essere solidali, non solo in scena, con Geppetto e contro il terribile (solo in apparenza…) Mangiafuoco, ma anche nella vita reale, con il loro compagno Mahmood che non ha una famiglia che lo vada a trovare per Natale e per il quale si sono impegnati ad essere essi stessi famiglia.
E così sarà. Dario, Giovanni, Matteo, Mirko, Rosario, lavorando a fianco di Mahmood, che è uno dei ragazzi stranieri che oggi costituisco più della metà degli ospiti della struttura, hanno sperimentato e fatto sperimentare cosa sia l’inclusione. Eppure la convivenza in Istituto tra locali e stranieri non è facile, le tensioni non mancano. In questo caso sono state d’aiuto non solo l’intelligenza e la versatilità del giovane marocchino, ma anche l’esperienza del ‘fare insieme’, in particolare del ‘fare insieme teatro’.
Il teatro “guarisce l’anima e permettere di rinnovare il patto con se stessi”, come ha detto, nel suo breve e intenso discorso, Graziano Piazza, direttore del Teatro Stabile. Parole difficili da capire per i ragazzi ristretti che assistevano allo spettacolo, ma che ben colgono quello che le esperienze di teatro in carcere rappresentano per i detenuti, le opportunità di ripensamento che offrono a persone che, in genere, di opportunità nella vita ne hanno avute ben poche.
Piazza ha parlato a nome personale ma anche a nome dell’Ente, che ha avviato una collaborazione con l’associazione La Poltrona Rossa, di cui Ivana Parisi è presidente, ed ha messo a disposizione dei suoi spettacoli in carcere i costumi e l’attrezzeria. Altra collaborazione è quella nata con l’Istituto Onnicomprensivo Musco, i cui alunni del liceo artistico hanno dipinto i pannelli decorativi della scenografia.
L’Istituto Penale per i Minorenni di Catania, che ha oggi una nuova direttrice, Maria Covato, già educatrice all’interno dell’istituto, e un nuovo Comandante, Silvio Pompilo, si conferma all’avanguardia nella sfida agli enormi problemi della devianza giovanile, e prosegue nella strada intrapresa da anni sotto la guida di Maria Randazzo e poi di Letizia Bellelli: offrire ai suoi ospiti, ragazzi spesso provenienti da contesti deprivati e difficili, la possibilità di fare esperienze formative che nessuno aveva loro mai offerto.
Suonare un pianoforte, ad esempio, come ha fatto Cristian in un breve saggio, sotto la guida del suo ‘maestro’, il volontario Danilo Spanò. O partecipare alle tante attività praticate in istituto: musica, ristorazione, restauro, sartoria…, presentate in un breve video a conclusione della mattinata. Occasioni offerte a tutti i giovani ristretti e che hanno richiesto, vista la presenza di molti ragazzi stranieri, la presenza di altri due mediatori che si sono aggiunti all’ormai storico Abdul. Con la novità di una mediatrice donna, energica ed autorevole nonostante la giovane età.
L’associazione La Poltrona Rossa ha presentato di recente un altro spettacolo molto originale di teatro in carcere con attori detenuti nella Casa Circondariale di Bicocca, carcere di massima sicurezza, “La vera storia di Cappuccetto Rosso-Pinuccia”.
Anche in questo caso una fiaba notissima, Cappuccetto Rosso, rivista in modo del tutto originale, con una nonna, un lupo e un cacciatore che entrano l’uno nel ruolo dell’altro, e si intrecciano con i protagonisti di altre fiabe come Cenerentola, sorellastre comprese.
Una contaminazione stupefacente e divertente, anche se con rimandi a temi sociali, perfetta per un pubblico speciale, il pubblico dei figli e delle famiglie dei detenuti, che hanno avuto un momento di incontro festoso e rilassato, tutto per loro.
Ancora una volta i costumi sono stati messi a disposizione dal Teatro Stabile e la decorazione degli elementi scenici è stata realizzata da alunni del Liceo artistico Musco. Non è mancato il patrocinio del Coordinamento Nazionale Teatro in Carcere, del Comune, dell’Università, del Ministero della Giustizia, che hanno riconosciuto il valore altamente formativo dei laboratori da cui questi spettacoli sono nati.
E’ gia in cantiere il prossimo lavoro, La furia di Orlando, ispirato al capolavoro di Ludovico Ariosto, di cui – a Bicocca adulti – è stato proiettato un promo. Una promessa di continuità per questa bellissima esperienza.
Bellissima iniziativa. Le istituzioni hanno dato il patrocinio e così facendo spero non si siano lavate la coscienza. In verità, hanno fatto assai meno del loro dovere nei confronti di una parte della società che una politica – TUTTA – incapace di guardare lontano perché concentrata sul desiderio piccino ed egoistico di raccogliere personalmente i frutti delle proprie iniziative continua a lasciare indietro e anzi a negligere del tutto.