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Disabilità e violenza di genere, ancora tanta strada da percorrere

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locandina "non sei sola"

La giornata internazionale delle persone con disabilità è appena trascorsa, così come quella per l’eliminazione della violenza di genere. Due date ravvicinate, 3 dicembre e 25 novembre, legate da un filo non immediatamente visibile che proviamo ad evidenziare.

Le donne con disabilità, che sono molto più fragili, hanno non solo una maggiore esposizione alla violenza, ma anche minori possibilità di difesa rispetto alle altre donne. La complessità della situazione che vivono rende tutto più difficile, dall’accesso alle informazioni ai contatti con gli operatori che non sempre sono preparati a fronteggiare la doppia discriminazone di cui le donne con disabilità sono oggetto.

Per prevenire le tragedie determinate dalla violenza di genere sono oggi disponibili diversi spot realizzati e diffusi da soggetti pubblici, il Dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del Consiglio, il Dipartimento dell’informazione, la Polizia di Stato, alcuni Comuni.

In alcuni di questi spot sono apparse come protagoniste donne con disabilità e questo ha fatto sperare chi vive la disabilità, o chi se ne occupa, che si stesse accendendo un faro sulla situazione delle donne disabili e sulla loro maggiore fragilità, che va affrontata con misure che riconoscano a queste donne la possibilità di esercitare tutti i diritti ed essere cittadine a pieno titolo. Una speranza che purtroppo rischia di spegnersi.

Lo possiamo vedere dall’analisi su tre messaggi pubblicitari (una volta si chiamava pubblicità progresso) che abbiamo trovato sul sito Informareunh e che è stata poi ripresa anche da Superando.it. Di questi tre spot viene esaminato non solo il contenuto ma anche l’accessibilità. Il fatto che il messaggio possa raggiungere tutti, anche le persone con disabilità, è infatti essenziale, a maggior ragione quando si tratta di messaggi creati da un ente pubblico e/o finanziati con soldi pubblici.

Il primo dei tre spot analizzati da Informareunh.it è il breve video “Non sei sola”, pensato per far conoscere il servizio 1522, numero antiviolenza e antistalking. I protagonisti del video sono testimonial famosi del mondo dello sport, e tra questi – per la prima volta – anche una campionessa disabile, Bebe Vio.

Lo spot è sottotitolato, ed è quindi fruibile dai non udenti anche se manca la traduzione nella lingua dei segni italiana (LIS) ed è assente l’audiodescrizione che lo renderebbe fruibile in modo autonomo dalle persone non vedenti o ipovedenti.

Nel video viene segnalato il fatto che il servizio 1522 sia disponibile non solo per telefono ma anche chattando e via app, una modalità di accesso studiata per le donne che hanno disabilità sensoriali, problemi di linguaggio verbale oppure difficoltà di vario genere ad usare il telefono. L’utilizzo della chat ha anche il vantaggio di garantire una maggiore discrezione e risulta utile non solo per le donne disabili ma per tutte le donne che possano trovarsi in situazioni critiche.

La possibilità di contattare il servizio anche via chat non viene citata, invece, nella locandina che si limita a segnalare soltanto il numero telefonico, facendo suppore che la telefonata sia l’unico modo di contattare il servizio.

Una donna in sedia a rotelle, divenuta disabile in seguito a violenza da parte del partner, è la protagonista di una campagna di comunicazione permanente della polizia di Stato, dal titolo “…questo non è amore”. All’interno di questa campagna sono stati realizzati due filmati, di lunghezza diversa, trasmessi in Rai, postati sui social e su YouTube, entrambi sottotitolati ma senza LIS e senza audiodescrizione, quindi non fruibili dai non vedenti.

Non solo qui abbiamo una donna con disabilità come protagonista, ma il motivo per cui essa è disabile fa ben comprendere come la violenza possa causare disabilità. Eppure nulla emerge dai due filmati sulle maggiori difficoltà incontrate dalle donne con disabilità che subiscono violenza.

Sarebbe stato – leggiamo su Informareunh – “fondamentale far emergere che le donne con disabilità, oltre ad essere più esposte alla violenza di genere, sono anche soggette a forme peculiari di violenza, hanno solitamente minori possibilità di difesa rispetto alle altre donne, minore accesso alle informazioni sui temi della violenza e sui servizi antiviolenza, minore possibilità di essere credute, e dunque minore accesso alla giustizia, minore accesso ai diversi snodi della Rete antiviolenza per la presenza di barriere fisiche e percettive, ma anche per l’impreparazione del personale, ecc”.

Il terzo spot, della durata di 0.39 minuti, è incentrato sulla violenza come conseguenza dei pregiudizi sui ruoli di genere stereotipati. Un’adolescente gioca con due pupazzi, simulando un dialogo tra loro, mentre il padre è seduto sul divano e la madre pulisce i vetri. Il “pupazzo maschio” invita il “pupazzo femmina” a fare le pulizie ribadendo che è un compito che tocca a lei, mentre a lui, che è maschio, tocca portare i soldi a casa. Lo scambio di battute si trasforma in litigio e il “pupazzo maschio” tramortisce il “pupazzo femmina”.

Il filmato, realizzato da alunne e alunni del Liceo Cottini di Torino, una delle scuole partecipanti ad un contest promosso dal Dipartimento per le Pari Opportunità e dal Ministero per l’Istruzione, si conclude con lo slogan “Cambiamo copione” e con il messaggio: “Sei una vittima di violenza o stalking? Non sei sola. Chiama il 1522. Numero antiviolenza e stalking“.

Rispetto ai precedenti due spot, abbiamo un passo indietro relativamente alle donne con disabilità. Nessuna donna con disabilità compare nello spot, e il messaggio “Chiama il 1522” ignora le donne che non possono utilizzare il telefono perché sorde, perché afasiche, per motivi di privacy, o per diverse altre ragioni.

Senza nulla togliere alla validità del messaggio che i giovani studenti hanno voluto veicolare, resta il fatto che c’è un arretramento di attenzione sulle donne con disabilità e sui molteplici ostacoli addizionali che esse devono affrontare per contrastare la violenza di genere. E più in generale per affermare i propri diritti.

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